Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19114 del 28/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 28/09/2016, (ud. 18/07/2016, dep. 28/09/2016), n.19114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30388-2011 proposto da:

L.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUCREZIO

CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI PARMA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 76/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

PARMA, depositata il 04/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/07/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CICCOTTI che si riporta al

ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta al

controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate ha notificato alla parte contribuente L.V. avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004, rideterminando le maggiori imposte dovute a titolo di i.r.pe.f., i.v.a. e i.r.a.p.; tanto a seguito dell’applicazione degli studi di settore.

Con sentenza della commissione tributaria provinciale di Parma è stato rigettato il ricorso del contribuente; essa, appellata dal medesimo, è stata confermata dalla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna – sez. Staccata di Parma, che ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento, ritenendo – a conferma della presunzione dei maggiori ricavi determinati dallo studio di settore – che gli argomenti addotti dal contribuente (disponibilità di mezzi vetusti per l’attività di autotrasporto, effettuata con il proprio lavoro e soli due autisti; esistenza di un unico committente con contratto a margini ristretti) cedessero di fronte a elementi di segno contrario quali i consumi di carburante.

Avverso questa sentenza la parte contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, rispetto al quale l’agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (pp. 3 – 38 del ricorso), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo. In particolare, dopo avere riportato la motivazione della sentenza impugnata (p. 4) e le proprie contestazioni in fatto in ordine all’accertamento (pp. 5 – 8, nonchè p. 10), la parte ricorrente lamenta, nel residuo testo del motivo di censura, che “l’ufficio” e “i giudici di merito” avrebbero incentrato le loro valutazioni sui dati statistici (passim), obliando le norme costituzionali che coniugano la solidarietà con la garanzia della persona (p. 35-37); in conclusione del motivo si chiede alla corte, “sulla base argomenlativa sopra esplicitata se la CTR di Bologna è incorsa nell’omessa o comunque insufficiente motivazione in ordine a fatti decisivi del giudizio non avendo causalmente giustificato l’irrilevanza delle doglianze sollevate dal ricorrente sia in ordine alle questioni di diritto connesse all’inidoneità della statistica a scrutinare il contribuente in questione e sia in ordine alle circostanze fattuali che hanno generato l’estraneità del medesimo dal modello di normalità individuato dalla statistica” (p. 37-38).

2. – Il motivo è inammissibile da più punti di vista.

2.1. – Anzitutto, non è dato, in base alla formulazione del motivo, comprendere in quali parti si imputi alla motivazione l’essere omessa, in quali insufficiente e in quali contraddittoria, posto che il vizio di omessa od insufficiente motivazione sussiste soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda è da non consentire l’individuazione della “rado decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione adottata. Orbene, dalla lettura del motivo non emerge quale sia la censura mossa specificamente all’iter motivazionale della sentenza impugnata.

2.2. – Da un secondo punto dl vista, non risultano trascritti, nè indicati in altro modo, i brani della motivazione impugnati sotto i diversi profili. Invero, la motivazione, nella sua parte rilevante, è globalmente trascritta in esordio (p. 4), senza che sia dato poi comprendere i passaggi da correlarsi ai diversi profili di critica.

2.3. – Da un terzo punto di vista, nessuna indicazione è data, in relazione alle critiche mosse, circa l’identificazione del fatto o dei fatti controversi circa il quale o i quali la motivazione sarebbe viziata, ciò che pure sfocia in inammissibilità. Invero, mentre in più luoghi il motivo si traduce in critiche sull’apprezzamento probatorio svolto dal giudice di merito (e le critiche sono svolte sempre genericamente e inammissibilmente mosse all’operato dell’ufficio, confermato dalle valutazioni dei giudici di merito, conglobando gli apprezzamenti della sentenza di primo grado con quelli sulla seconda, unica oggetto di impugnazione in questa sede), in altri luoghi le critiche sono, spesso, di diritto. Deve allora richiamarsi, da un lato, che il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può concernere soltanto una questione di fatto e mai diritto; e, dall’altro, che nelle parti in cui il ricorrente ha dedotto l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie lo stesso avrebbe dovuto ottemperare all’onere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (art. 366 cod. proc. civ.), di specificare, mediante richiami e trascrizioni, le prove non valutate o mal valutate, nonchè di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse atteso che il mancato esame di una (o più) risultanze processuali può dar luogo al vizio di omessa o insufficiente motivazione unicamente se quelle risultanze processuali non valutate o mal valutate siano tali da invalidare l’efficacia probatoria delle altre sulle quali il convincimento si è formato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base. A ciò non essendosi ottemperato, anche da tale punto di vista si perviene a inammissibilità del motivo.

2.4. – Infine, in numerosi luoghi nell’ambito del motivo, attraverso la deduzione dei presunti vizi motivazionali la parte ritorcente tenta, anche in questo caso inammissibilmente, di dare ingresso a un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice del merito, a fronte di valutazioni espresse da detto giudice in maniera adeguata, logica e coerente, e in quanto tale insindacabile per vizio di motivazione.

3. – Con un secondo motivo di ricorso, il contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta violazione dell’art. 2697 cod. civ., deducendo che la commissione di merito avrebbe attribuito erroneamente alle segnalazioni statistiche, invece che un valore meramente indiziario non autosufficiente, il rango di prova presuntiva grave, precisa e concordante (p. 39).

4. – Il motivo è inammissibile, in quanto privo di pertinenza rispetto alla sentenza impugnata. Invero, dalla lettura della sentenza impugnata – come si evince anche da eccezione sul punto della controricorrente – emerge un tenore della decisione della commissione regionale diverso da quello percepito, evidentemente per svista, dal ricorrente. Lungi dall’aver attribuito allo studio di settore il rango di prova presuntiva grave, precisa e concordante in quanto tale autosufficiente, la sentenza impugnata ha ritenuto di dover fondare la propria decisione sul rilievo che “gli argomenti apportati… dal contribuente… non erano sufficienti a superare la presunzione, semplice ma corroborata proprio dagli elementi acquisiti nel contraddittorio, di avvenuta percezione dei ricavi contestati” (sottolineatura aggiunta; seguono, nella sentenza impugnata, due paragrafi di considerazioni, il secondo dei quali tiene conto dei consumi di carburante). Se ne desume che – quale che sia il valore probatorio dei dati statistici, ciò su cui non mette conto in questa sede che la corte pronunci la sentenza impugnata ha ritenuto di dover fondare il proprio ragionamento probatorio non sui meri dati statistici, ma sugli stessi in quanto corroborati da altri elementi (almeno uno di essi espressamente menzionato, il consumo di carburante). Ne discende la predetta inammissibilità del motivo.

5. – In definitiva, il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso per inammissibilità dei motivi e condanna la parte ricorrente alla rifusione a favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro tremilaseicentoquarantacinque per compensi, oltre spese eventualmente prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 18 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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