Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19113 del 20/09/2011

Cassazione civile sez. III, 20/09/2011, (ud. 04/07/2011, dep. 20/09/2011), n.19133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.C. (OMISSIS), T.S.

(OMISSIS), TR.SI. (OMISSIS), T.

P.L. (OMISSIS), T.E.

(OMISSIS), T.A. (OMISSIS), T.

R. (OMISSIS), T.D. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in R0MA VIA DI TRASONE 8-12, presso lo

studio dell’avvocato FORGIONE CIRIACO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROMANO PIETRO FRANCESCO MARIA giusto mandato

in atti;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS) in persona dei

procuratori speciali Ing. B.L. e Dott.sa N.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo

studio dell’avvocato CAVALIERE ALBERTO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TOVAGLIERI GIANCARLO giusto mandato in atti;

– controricorrente –

e contro

L.D. (OMISSIS), D.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1237/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/05/2008 R.G.N. 400/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato FORGIONE CIRIACO;

udito l’Avvocato CAVALIERE ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO

Il tribunale di Busto Arsizio, decidendo sulla domanda proposta dai congiunti di T.E. – deceduto a seguito di un incidente avvenuto, nel (OMISSIS), tra l’autovettura da lui condotta e quella appartenente a D.M. e guidata da L. D. – ritenne il pari concorso di colpa del conducenti, e condannò il D., la L. e la Generali Assicurazioni s.p.a. a risarcire per quanto di ragione i danni subiti agli attori.

Le impugnazioni proposte hic et inde dalle parti del giudizio di primo grado furono decise dalla corte di appello di Milano nel senso:

della conferma dell’affermazione di pari responsabilità tra i conducenti;

della conferma del riconoscimento del danno non patrimoniale seguito da morte subito dalla vittima – non costando, nella specie, alcuna alterazione dello stato di coscienza di T.E. tale da impedirgli (pur nell’assai ristretto arco temporale di accertata sopravvivenza) di avvertire la estrema gravità delle proprie condizioni e patirne la conseguente, intensa sofferenza;

della esclusione del riconosciuto risarcimento, in favore degli attori in prime cure, iure haereditario, di un preteso “danno alla vita” occorso al T. e liquidato in corrispondenza della voce massima di danno biologico in relazione alla durata media della vita stessa.

La sentenza è stata impugnata dagli eredi T. con ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

Resiste con controricorso la compagnia assicuratrice.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto:

Dica la corte di cassazione se la corte di appello di Milano abbia violato o falsamente applicato gli artt. 2043, 2059 c.c. escludendo in capo al sig. T. il diritto al risarcimento del danno biologico patito dallo stesso in conseguenza del sinistro per cui è processo, con conseguente trasmissibilità diretta, iure haereditatis, in capo ai propri congiunti, non essendo stabilito, in linea generale, la durata cronologico-temporale della sopravvivenza perchè possa essere ritenuta apprezzabile, ai fini del risarcimento del danno biologico patito, secondo l’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto in seno alla corte di cassazione (da ultimo con statuizione n. 870 del 2008).

Con il secondo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo del giudizio.

Il motivo, in ossequio al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., si conclude con una sintesi del fatto rappresentato come decisivo e controverso del seguente tenore: Dica la corte di cassazione se la corte di appello di Milano abbia errato nel ritenere insufficiente il lasso temporale tra l’evento lesivo, che ebbe a colpire T. E. in data (OMISSIS), e l’esito mortale di cui lo stesso fu vittima in data (OMISSIS), caratterizzato, oltretutto, dalla piena lucidità, dalla totale consapevolezza da parte dello stesso delle proprie condizioni cliniche, nonchè dalla prognosi di guarigione formulata dai medici curanti, dimostrato per tabulas a mezzo delle dichiarazioni dallo stesso rese ai carabinieri e da questi ultimi riportate nel rapporto di incidente stradale.

Le censure, che possono essere congiuntamente esaminate attesane la intrinseca connessione, sono entrambe prive di pregio.

Esse si infrangono, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che il danno biologico c.d. “terminale” (ovvero il danno da perdita della vita intesa come massima espressione del bene salute) non fosse in alcun modo risarcibile, in consonanza con la giurisprudenza ampiamente maggioritaria di questa corte regolatrice, che ha trovato definitiva e autorevole conferma nelle pronunce, rese a sezioni unite, dell’11 novembre 2008 nn. 26972, 26973, 26974, 26975 (e poi confermate dalla successiva giurisprudenza di questo giudice di legittimità, nell’ambito della quale, di recente, la problematica del danno da perdita della vita è nuovamente affrontata e risolta funditus, in consonanza con il dictum delle ss. uu., da Cass. n. del 2011), predicative tout court e senza eccezioni del principio della irrisarcibilità del danno de quo.

Danno, va precisato, ontologicamente diverso da quello – correttamente e condivisibilmente liquidato dal giudice territoriale (ancora in consonanza con quanto affermato dalle sezioni unite di questa corte con le sentenze poc’anzi ricordate) -, cui mostra di far cenno il ricorrente nel secondo motivo – con evidenti quanto non consentite sovrapposizioni concettuali -, conseguente al patimento d’animo provato dalla vittima dell’incidente nella lucida consapevolezza dell’estrema gravità delle sue condizioni, vicenda emotiva che questa corte ha definitivamente ricondotto nell’orbita del danno morale (risarcibile e nella specie puntualmente risarcito) inteso nella sua nuova e più ampia accezione. Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue, giusta il principio della soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per spese generali.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2011

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