Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1911 del 25/01/2017
Cassazione civile, sez. lav., 25/01/2017, (ud. 08/11/2016, dep.25/01/2017), n. 1911
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. MANNA Antonio – Consigliere –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15167-2014 proposto da:
L.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA TRIONFALE 21, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA CASAGNI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA AVOLA, giusta delega in
atti;
– ricorrente –
contro
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO SAN GIUSEPPE DI PETRALIA SOTTANA, C.F.
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO SIACCI 39, presso
lo studio dell’avvocato ANTONIO SINESIO, rappresentata e difesa
dagli avvocati SERGIO CAPASSO, LORENZO MARIA DENTICI, giusta delega
in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2601/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 26/11/2013 R.G.N. 694/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
08/11/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
udito l’Avvocato GIOVANAZZI ILARIA per delega Avvocato AVOLA ANDREA;
udito l’Avvocato DENTICI LORENZO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 26 novembre 2013, la Corte d’Appello di Palermo, riformando esclusivamente in punto spese la decisione dl Tribunale di Termini Imerese, confermata nel resto, rigettava la domanda proposta da L.S. nei confronti della Banca di Credito Cooperativo “San Giuseppe” di Petralia Sottana, avente ad oggetto, la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare da questa intimato al primo per aver occultato i documenti attestanti il recesso di un socio della Banca e partecipato quale delegato del medesimo alla successiva assemblea.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto provata nella sua consistenza e gravità la condotta ascritta.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il L. affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Banca.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c. in relazione all’art. 2119 c.c., lamenta l’erroneità del giudizio della Corte territoriale circa la proporzionalità della sanzione espulsiva irrogata al fatto contestato, con particolare riferimento alla qualificazione in termini di dolo della connotazione soggettiva della condotta.
Nel secondo motivo la censura relativa all’apoditticità dell’affermazione relativa al ritenuto carattere doloso della mancanza è ribadita con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c..
I due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si appalesano infondati.
Significativa in tal senso è la mancata impugnazione della sentenza sotto il profilo della ricostruzione dei fatti da parte del ricorrente, che conferma l’abbandono della propria versione, costruita appunto per attestare il carattere incolpevole della condotta addebitata, già mostrato nel giudizio d’appello (si vedano a riguardo i rilievi in proposito svolti in motivazione dalla Corte territoriale) e consolida la conclusione cui perviene la Corte medesima, del resto qui solo avversata e non puntualmente confutata nel suo svolgimento logico-giuridico, circa il risultare la condotta medesima nel suo complesso (l’aver tenuto celata ai vertici della Banca la prima lettera ricevuta dal socio del 3 marzo 2011 recante la sua dichiarazione di recesso dalla società e la successiva richiesta al medesimo con lettera parimenti non protocollata del 18 aprile di rilascio di una delega in bianco per la partecipazione all’assemblea dei soci) preordinata ad un fine contrario all’interesse datoriale, quello, cui lo stesso ricorrente non manca di fare riferimento nella lettera di giustificazioni, di influenzare, direttamente o indirettamente, l’andamento dell’assemblea dei soci e le decisioni degli organi sociali, conclusione che avvalora, tenuto conto, come puntualmente ha fatto la Corte territoriale, dell’elevato ruolo rivestito dal ricorrente di preposto ad una filiale della Barca, l’esito del giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata alla condotta contestata operato dalla Corte medesima, risultando quella condotta effettivamente idonea a pregiudicare l’affidamento della Banca datrice nell’esatto adempimento delle prestazioni future da parte del ricorrente.
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017