Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19108 del 28/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 28/09/2016, (ud. 14/07/2016, dep. 28/09/2016), n.19108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. De Masi Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 1274/10 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Auchan S.p.A., in persona del suo procuratore C.A.;

nonchè Gallerie Commerciali Italia S.p.A., in persona del suo

procuratore P.R.; elettivamente domiciliata in Roma,

Via Antonio Bertoloni n. 29, presso lo Studio dell’Avv. Salvo

Pettinato, che le rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con

l’Avv. Giuseppe Camosci, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 93/42/08 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 24 ottobre 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

luglio 2016 dal Consigliere Dott. Bruschetta Ernestino;

udito l’Avv. dello Stato Palasciano Roberto, per la ricorrente;

udito l’Avv. Falcitelli Francesco, per delega, per le

controricorrenti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 93/42/08 depositata il 24 ottobre 2008 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, respinto l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate, accolto l’appello incidentale di Auchan S.p.A. e le Gallerie Commerciali Italia S.p.A., in parziale riforma della decisione n. 41/15/07 della Commissione Tributarla Provinciale di Milano, “annullava” in toto l’avviso n. (OMISSIS) con il quale l’Agenzia delle Entrate rettificava ai fini dell’imposta di registro il valore di un ramo d’azienda costituito da “Gallerie presenti in due ipermercati” oltrechè da altra “porzione di un immobile” ceduto da Indis S.r.l. successivamente incorporata in Auchan S.p.A. a Gallerie Commerciali Italia S.p.A..

Per quanto rimasto d’Interesse la CTR riteneva che le passività ammontanti a Euro 9.800.000,00 dovessero essere “comprese nella cessione del ramo d’azienda”, trattandosi di un finanziamento fronte di terreni e fabbricati per pari importo. La CTR riteneva inoltre che anche il “fondo svalutazione di Euro 48.489,00” dovesse essere compreso tra le passività del ramo d’azienda ceduto, perchè “del tutto coerente” con l’ammontare dei crediti verso affittuari di Euro 434.831,00. Contro la sentenza della CTR, l’Ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Le contribuenti resistevano con controricorso, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso ex adverso ed avvalendosi altresì della facoltà di depositare memoria.

Diritto

1. Come ricordato in narrativa del presente, le contribuenti hanno eccepito l’inammissibilità dell’avversario ricorso per difetto di autosufficienza sostenendo in sintesi che l’Ufficio non aveva trascritto i richiamati documenti.

L’eccezione è però infondata atteso che il contenuto dei documenti richiamati o è stato presupposto pacificamente dalla CTR o lo stesso non è indispensabile per la decisione.

2. Con il primo motivo di ricorso rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 51 TUR e art. 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, (quanto al par. “A” della sent. CTR)”, l’Ufficio deduceva che l’onere di dimostrare l’inerenza delle passività del ramo d’azienda ceduto era stato dalla CTR erroneamente posto a suo carico. Il quesito sottoposto era il seguente: “se qualora l’Ufficio disconosca, ritenendole non inerenti, le passività cedute insieme con un ramo d’azienda, e per l’effetto rettifichi in aumento il valore della cessione ai fini dell’imposta di registro, ai sensi del combinato disposto D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 e art. 2697 c.c., sia onere delle parti dimostrare l’inerenza della passività dell’azienda ceduta, perchè si tratta fatto limitativo della pretesa tributaria, e conseguentemente erri la CTR che afferma che è onere dell’Ufficio provare l’inerenza”.

II motivo è infondato perchè la CTR non ha fatto discendere la soccombenza dell’Ufficio dalla mancata dimostrazione della inerenza delle passività in applicazione della regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., bensì ha ritenuto che la documentazione in atti provasse l’inerenza del finanziamento di Euro 9.800.000,00 in quanto quest’ultimo risultava “a fronte di terreni e fabbricati per pari importo”.

3. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi, ex art. 360 c.p.c., n. 5, (quanto al par. “A” della sent. CTR)”, l’Ufficio lamentava che sul fatto rilevante ai sensi e per i fini dell’art. 360 c.p.c., n. 5, del collegamento tra il finanziamento Erregest di Euro 9.800.000,00 e la posta attiva “terreni e fabbricati””, non poteva essere considerato “argomento sufficiente la sola corrispondenza tra l’ammontare del finanziamento e l’importo dei terreni e fabbricati dal momento che la riferibilità dei debiti all’azienda può essere fondata solo su dati funzionali e non solo quantitativi”.

Il motivo è infondato perchè nella sostanza con lo stesso si censura l’apprezzamento della concludenza probatoria dei documenti che hanno portato la CTR a ritenere che il finanziamento di Euro 9.800.000,00 era relativo all’acquisto di beni immobili del ramo d’azienda, con la conseguente dimostrazione della inerenza, un apprezzamento che come noto è in questa sede insindacabile atteso che la CTR ha congruamente spiegato che la prova della inerenza era data dalla corrispondenza tra il valore delle passività in discussione a quello dei terreni e fabbricati compresi nel ramo ceduto e cioè perchè erano tra di loro “pari” (Cass. sez. 2^ n. 23278 del 2014; Cass. sez. 2^ n. 12574 del 2014).

4. Con il terzo motivo di ricorso rubricato “nullità per violazione del D.Lgs. n. 56 del 1992, art. 53, ex art. 360 c.p.c., n. 4, (quanto al par. “B” della sent. CTR)”, l’Ufficio riteneva che la CTR avrebbe dovuto dichiarare l’appello incidentale inammissibile perchè dallo stesso “risultava impossibile enucleare le ragioni” per cui la sentenza della CTP doveva andare riformata sul punto della esclusione dalle passività del “fondo svalutazione di Euro 48.489,00”. Il quesito sottoposto era il seguente: “se, qualora il contribuente contesti la ripresa a tassazione di un fondo di svalutazione crediti relativamente ad una cessione d’azienda, assumendo che esso è relativo ad una certa proposta, e la CTP respinga il ricorso sul rilievo che detto fondo svalutazione eccede per importo tutti i crediti trasferiti con l’azienda, proponga un appello privo di motivi specifici e perciò da dichiarare inammissibile D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, la società contribuente che riproponga letteralmente le medesime argomentazioni svolte nel ricorso introduttivo, con l’unica aggiunta che tra il fondo svalutazione e la posta attiva rettificata vi è un rapporto dell’11% e senza in alcun modo criticare quanto statuito dei primi giudici. Se di conseguenza abbia violato la norma suindicata, e vada pertanto cassata, la sentenza della CTR che abbia ritenuto ammissibile e giudicato nel merito un ricorso in appello fondato sulle stesse argomentazioni del ricorso di primo grado, senza nessuna critica ai motivi che sostenevano la sentenza impugnata”.

Il motivo è infondato alla luce della consolidata prudenza di questa Corte secondo cui il principio di specificità dei motivi d’appello di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, viene anche rispettato quando si ripropongono ragioni identiche a quelle in precedenza disattese dal giudice di primo grado, perchè in effetti le identiche ragioni consentono di delimitare con sicurezza la materia del contendere e non essendo previsto che l’appello debba contenere ragioni nuove e atteso invece l’effetto devolutivo pieno dello stesso (Cass. sez. 6^, n. 1200 del 2016; Cass sez. trib. n. 4784 del 2011).

5. Con il quarto motivo di ricorso rubricato “insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi, ex art. 360 c.p.c., n. 5, (quanto al par. “B” della sent. CTR)”, l’Ufficio lamentava che la CTR fosse incorsa in un vizio motivazionale circa “il convincimento” che il “fondo svalutazione di Euro 48.489,00” fosse inerente ai crediti di locazione.

Il motivo è preliminarmente inammissibile perchè, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, in nessun luogo del ricorso viene sintetizzato il fatto decisivo e controverso, cosiddetto quesito di fatto (Cass. Sez. 3^, n. 4353 del 2013; Cass. sez. 2^, n. 8355 del 2012).

6. Nella specialità della lite debbono farsi consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese processuali.

PQM

La Corte respinge il ricorso; compensa integralmente le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio di Consiglio, il 14 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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