Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19106 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/07/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 16/07/2019), n.19106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2291-2018 proposto da:

R.P., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 399, presso lo studio dell’avvocato CARLO CECCHI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESIDIO GUALTIERI;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA, 20,

presso lo studio dell’avvocato GIULIANO AREZZINI, rappresentata e

difesa dagli avvocati LUIGIA URBANI, ANTONELLA PELLEGRINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1274/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 30/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

PREMESSO

CHE:

Con citazione 5-4-2007 R.P. propose opposizione a d.i. avente ad oggetto il pagamento di Euro 3.546,98 a titolo di pagamento di prestazioni professionali espletate in suo favore da P.M. e costituite dalla redazione del modello unico 2005, del modello ICI 2005 e del modello integrativo unico 2004.

A sostegno dell’opposizione dedusse di avere conferito alla P. due soli incarichi (redazione del modello unico 2005 e del modello ICI 2005), subito poi revocati, ed evidenziò che in precedenza la professionista aveva richiesto per le stesse prestazioni il minore importo di Euro 936,00.

L’adito Tribunale di L’Aquila dichiarò improcedibile l’opposizione per mancato rispetto del termine dimezzato di costituzione previsto dall’art. 165 c.p.c., comma 1.

Con sentenza 1274/2017 del 30-6-2017 la Corte d’Appello, ritenuta la procedibilità dell’opposizione per essere intervenuta nelle more del giudizio la L. 29 dicembre 2011, n. 218, art. 2 (di interpretazione autentica) ha deciso nel merito, ritenendo congruo, in relazione al modesto impegno professionale, l’importo di Euro 936,00, considerato peraltro adeguato anche dalla stessa professionista nella prima parcella inviata al cliente (parcella poi superata da quella successiva, recante un importo di Euro 3.546,98, corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine e allegata al ricorso per decreto ingiuntivo); per l’effetto, in parziale accoglimento dell’opposizione, disposta la revoca del d.i. opposto, ha condannato la R. al pagamento, in favore della P., della somma di Euro 936,00, oltre interessi legali e spese di lite relative al doppio grado del giudizio; a tale ultimo proposito ha evidenziato che la R. era soccombente, avendo dato causa alla controversia non pagando il detto minor importo ed anzi non pagando alcunchè per le prestazioni della P..

Avverso detta sentenza R.P. propone ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato anche da successiva memoria.

P.M. resiste con controricorso.

Diritto

RILEVATO

CHE:

Con l’unico motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 91 c.p.c., si duole che la Corte, pur in difetto del presupposto della soccombenza e senza considerare che l’opposizione costituiva l’unico mezzo per paralizzare la formazione di un titolo esecutivo definitivo relativo a somma non dovuta, l’abbia condannata al pagamento delle spese di lite relative ad entrambi i gradi del giudizio. Il motivo è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 4, avendo il provvedimento impugnato deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa S.C. e considerando che l’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa.

Va innanzitutto rilevato che, essendo stato il giudizio di primo grado introdotto in epoca compresa tra il 1-3-06 ed il 3-7-09, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, ratione temporis vigente, “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte”, mentre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, ratione temporis vigente, “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Al riguardo va chiarito che il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole” (Cass. 6369/2013).

Va poi ribadito che, come già precisato da questa S.C., la soccombenza reciproca, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi, va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorchè quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso, quale quello di specie, in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (Cass. 3438/2016; Cass. 22381/2009).

Nel caso di specie, pertanto, la Corte ha correttamente valutato l’esito finale della lite, conclusasi con l’accoglimento parziale della domanda proposta dalla P. (che, pertanto, va considerata parte vittoriosa, sia pur parzialmente, e che, come tale, non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte; Cass. 26918/2018), e, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ha (implicitamente) ritenuto la non sussistenza di motivi di compensazione, espressamente evidenziando che la R. aveva dato causa alla controversia non pagando alcunchè per le prestazioni della P..

Siffatta valutazione discrezionale non è sindacabile da questa S.C..

Come già affermato, invero, “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (Cass. 24502/2017; Cass. 8421/2017).

In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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