Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19106 del 15/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2020, (ud. 16/06/2020, dep. 15/09/2020), n.19106

TE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21830-2018 R.G. proposto da:

S.G. e C.A., rappresentati e difesi

dall’avvocato Giorgio Marino, domiciliati, ai sensi dell’art. 366

c.p.c., comma 2, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DEI COLLI ALBANI – SOC. COOP., in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via della Stazione di San Pietro 45, presso lo studio

dell’avvocato Massimo Pacetti, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Velletri, depositata il

08/03/2018; letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai

sensi degli artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e il controricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16 giugno 2020 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

 

Fatto

RITENUTO

S.G. e C.A. hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza collegiale pronunciata dal Tribunale di Velletri con la quale è stato dichiarato inammissibile il reclamo dagli stessi proposto avverso il provvedimento inaudita altera parte adottato dal giudice dell’esecuzione nell’ambito di un pignoramento immobiliare avviato contro di essi dalla Banca di Credito Cooperativo S. Barnaba di Marino s.c.ar.l. (cui è ora succeduta la Banca Credito Cooperativo Colli Albani soc. coop.).

La Banca ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Successivamente è pervenuta una dichiarazione di rinuncia al ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

I ricorrenti hanno depositato in cancelleria, prima che avesse inizio la discussione della causa in camera di consiglio, una dichiarazione di rinuncia al ricorso. Tale rinuncia non risulta accettata dalla controparte, come invece richiesto dall’art. 390 c.p.c., comma 3. Essa pertanto non determina l’estinzione del giudizio.

Piuttosto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, stante la sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti, che espressamente hanno dichiarato di non essere più interessati alla definizione del giudizio.

Considerate le ragioni della decisione, si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite.

Poichè il ricorso non viene respinto, ma definito in via preliminare per effetto della dichiarazione di rinuncia agli atti, non ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020

 

 

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