Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19103 del 19/09/2011
Cassazione civile sez. II, 19/09/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 19/09/2011), n.19103
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. Est. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Provincia di Lecce, in persona del suo Presidente pro tempore,
rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso dagli
Avvocati Bruni Alfredo e Maria Giovanna Capoccia, elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Rodolfo Franco in Roma,
via Fulcieri Paolucci n. 9;
– ricorrente –
contro
Cibra Pubblicità s.r.l.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 553 del Giudice di Pace di Campi Salentina,
depositata il 29 settembre 2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5
luglio 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;
udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato a mezzo dell’ufficiale giudiziario con consegna in data 23 gennaio 2006, la Provincia di Lecce ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 553 del Giudice di Pace di Campi Salentina, depositata il 29 settembre 2005 e notificata il 28 novembre 2005, che aveva accolto l’opposizione proposta da Cibra Pubblicità s.r.l. per l’annullamento del verbale che le contestava la violazione dell’art. 23 C.d.S., per avere affisso su una strada provinciale un cartello pubblicitario senza autorizzazione, avendo ritenuto il giudicante che, poichè la opponente aveva presentato regolare domanda di autorizzazione all’affissione pubblicitaria in data 5 dicembre 2003 e la Provincia, ente proprietario della strada, non aveva in alcun modo provveduto nei successivi 60 giorni nè oltre, su di essa si fosse formato il silenzio assenso a mente dell’art. 53 reg. C.d.S.. La società intimata non si è costituita.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 23 C.d.S., dell’art. 11 C.d.S., 53 reg. C.d.S. e L. n. 241 del 1990, art. 20 assumendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di pace, nessuna di queste norme prevede o autorizza a ritenere che nella specifica materia operi l’istituto amministrativo del silenzio assenso. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha invero già avuto modo di precisare, adottando un orientamento che il Collegio condivide e fa proprio, che l’istituto del silenzio assenso, in virtù del quale l’autorizzazione amministrativa richiesta e non emessa nei termini di legge si ritiene accordata, pur essendo previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 20 in termini generali, non è di portata illimitata, ma contiene deroghe per gli atti e i procedimenti indicati nel quarto comma dello stesso articolo, tra i quali sono specificamente elencati quelli che attengono alla pubblica sicurezza e all’incolumità pubblica; ne consegue che, per il combinato disposto della predetta norma e dell’art. 23 C.d.S., l’istituto in parola non è applicabile in quest’ultima fattispecie, ove il potere conferito agli enti proprietari della strada di disciplinare l’istallazione di impianti pubblicitari risponde alla necessità di garantire la sicurezza della circolazione stradale e quindi l’incolumità di persone e cose. I cartelli pubblicitari lungo le strade non possono essere impiantati in difetto di autorizzazione, per ragioni attinenti alla sicurezza della circolazione (Cass. n. 4045 del 2011; Cass. n. 4869 del 2007).
Il secondo motivo di ricorso, che denunzia vizio di motivazione, si dichiara assorbito.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al primo motivo;
sussistendone le condizioni, non apparendo necessari nuovi accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto dell’opposizione.
Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dell’opponente.
PQM
accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta dalla Cibra Pubblicità s.r.l. Condanna la opponente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, per il giudizio di merito ed in Euro 700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, per quello di legittimità, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2011