Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19103 del 15/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2020, (ud. 16/06/2020, dep. 15/09/2020), n.19103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20139-2018 R.G. proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe

Mauriello, domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI (OMISSIS) CENTRO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’avvocato Caterina Miranda ed elettivamente domiciliata presso

lo studio dell’avvocato Stefano Sablone in Roma, Via Antonio

Bertoloni 26/B;

– controricorrente –

contro

BANCO DI NAPOLI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5099/2018 del Tribunale di Napoli, depositata

il 23/05/2018;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e il controricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16 giugno 2020 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

 

Fatto

RITENUTO

S.A., creditore dell’ASL Napoli 1 Centro, sottoponeva a pignoramento le somme giacenti presso il Banco di Napoli s.p.a., tesoriere dell’Ente. Il terzo pignorato rendeva dichiarazione positiva fino alla concorrenza di 250.721.189,78, ma attestava che tali somme erano interamente coperte dagli effetti di una Delib. di impignorabilità adottata ai sensi del D.L. 18 gennaio 1993, n. 9, art. 1, comma 5, (conv. con L. 18 marzo 1993, n. 67).

Il creditore produceva alcuni ordinativi di pagamento emessi dall’Azienza Sanitaria per titoli diversi da quelli vincolati e in spregio dell’ordine cronologico. Eccepiva, quindi, l’inefficacia della delibera di impignorabilità.

Il giudice dell’esecuzione, richiesti chiarimenti al terzo pignorato, con ordinanza del 26 luglio 2016 dichiarava improcedibile l’azione esecutiva.

Avverso tale provvedimento lo S. proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c..

Il Tribunale di Napoli, nella contumacia sia dell’Azienda Sanitaria, sia della Banca tesoriere, riteneva non provata la circostanza dedotta dallo S. e rigettava l’opposizione.

Avverso questa sentenza S.A. ha proposto ricorso per tre motivi. L’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 Centro ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

In applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490; Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633504 – 01 e in motivazione pag. 36 ss.) – deve esaminarsi anzitutto il terzo motivo di ricorso, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio.

Infatti, il predetto principio consente l’esame delle censure verificandone l’impatto operativo, piuttosto che la coerenza logico-sistematica, sostituendo il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze costituzionalizzate di economia processuale e di celerità del giudizio, con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Sez. 6 – L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014, Rv. 631058).

Con il menzionato motivo lo S. denuncia la “nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Nonostante l’intestazione del motivo, in realtà il ricorrente deduce che egli aveva prodotto alcuni mandati di pagamento comprovanti la circostanza che l’Ente debitore non aveva rispettato l’ordine cronologico in cui erano pervenute le fatture e che aveva formulato istanza affinchè fosse ordinato al tesoriere di esibire, ex art. 210 c.p.c., la copia di tutti i mandati di pagamento emessi nel periodo rilevante ai fini della decisione, nonchè della contabilità dell’ASL. Aveva chiesto, inoltre, che fosse ammessa la prova per testi sulle circostanze relative ai pagamenti effettuati dall’Ente. Aggiunge il ricorrente che queste richieste non erano mai state rinunciate, neppure implicitamente, e che – pertanto – “la sentenza è palesemente viziata nella misura in cui ha ritenuto carente la prova del fatto, dopo aver implicitamente negato rilevanza alle richieste istruttorie a mezzo delle quali la parte onerata si proponeva di dimostrare proprio quel fatto”.

Com’è noto, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134) deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01).

Orbene, la sentenza che dapprima non esamini le prove richieste dalla parte, nè per accoglierle nè per rigettarle, e poi rigetti la domanda ritenendola indimostrata, viola il minimo costituzionale richiesto per la motivazione (Sez. 3, Sentenza n. 9952 del 20/04/2017, Rv. 643855 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26538 del 09/11/2017, Rv. 646837 – 01).

Peraltro, con la decisione impugnata in Tribunale ha gravato il creditore di un onere della prova a lui non spettante. Infatti, secondo questa Corte, il creditore procedente che intenda far valere l’inefficacia del vincolo di destinazione è onerato di allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla Delib., mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all’ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico (Sez. 3, Sentenza n. 23727 del 16/09/2008, Rv. 604977 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12259 del 27/05/2009, Rv. 608377 – 01).

Il motivo, pertanto, è fondato e il suo accoglimento comporta la cassazione della sentenza impugnata, con assorbimento delle ulteriori censure.

Il giudice del rinvio, che si dovrà conformare al principio sopra enunciato, provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020

 

 

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