Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1910 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 28/01/2021), n.1910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8317-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.A., F.G., M.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LEPORE, rappresentati e difesi dall’avvocato GABRIELE

ROMANO;

– controricorrenti –

e contro .

DE. PI RESIDENCE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO D’AMICO e con

lui domiciliata presso il suo studio in Roma, via Appia Nuova 96;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4987/2014 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 31/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa MILENA BALSAMO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. I contribuenti indicati in epigrafe impugnavano l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro – che aveva elevato da Euro 820.000,00 ad Euro 2.565.000 il valore del compendio immobiliare adibito a residence – albergo ubicato nel Comune di (OMISSIS) – oggetto dell’atto di compravendita per Notaio C. del (OMISSIS) -, acquistato dalla società “De. Pi. residence s.r.l.”, sul presupposto che la rettifica avrebbe dovuto essere effettuata alla data della stipula del contratto preliminare, registrato in data (OMISSIS), intervenuto tra i proprietari e la società Idrica s.p.a. che si riservava il potere di nomina dell’acquirente; anche la società De. Pi., che aveva acquistato il cespite con il menzionato rogito notarile, impugnava l’atto impositivo, sostenendo che la società Idrica srl – promittente acquirente – aveva completamente ristrutturato il complesso immobiliare, i cui costi erano stati poi dalla stessa rimborsati, versando l’Iva sulle somme corrisposte per la ristrutturazione; ragion per cui l’ente finanziario avrebbe dovuto tener in debito conto che il valore commerciale del cespite rilevato in sede di rettifica, era conseguenza delle opere edili realizzate dalla società acquirente. Deduceva, altresì, la società “De. Pi” che l’avviso di rettifica violava il principio di alternatività IVA – registro. La CTP di Latina accoglieva parzialmente i ricorsi riuniti, determinando in Euro 1.800.00, il valore in comune commercio del compendio immobiliare e ritenendo inconferente il ricorso al principio di alternatività invocata dalla parte acquirente; altresì evidenziando la generica redazione di una delle due fatture prodotte, peraltro emessa successivamente al trasferimento immobiliare, nonchè la riferibilità dell’altro documento commerciale all’acquisto di mobili e impianti elettrici, che in quanto tali non potevano aver determinato un incremento del valore di mercato del complesso immobiliare.

La sentenza veniva appellata dai contribuenti dinanzi alla CTR del Lazio che, nell’accogliere l’appello, affermava che dal contratto preliminare risultava l’inagibilità del cespite immobiliare e la necessità di opere edili della cui realizzazione si era assunta l’onere la parte promittente acquirente (società Idrica srl), ritenendo che le due fatture del 2007 concernevano le opere di valorizzazione dell’immobile. Evidenziavano inoltre i giudici regionali che la stessa CTP aveva dato conto del fatto che il compendio immobiliare aveva subito notevoli trasformazioni dalla data del rogito del (OMISSIS) alla data del sopralluogo dell’ufficio avvenuto in data (OMISSIS), con il completamento dei lavori di ristrutturazione ed adattamento del complesso per esigenze alberghiere. Con la conseguenza che il contratto definitivo si era concluso al prezzo pattuito nel preliminare, mentre il costo dell’operazione di ristrutturazione era stato sostenuto sia della promittente acquirente, società Idrica, sia dell’effettiva acquirente nominata nell’atto definitivo.

Affermava la CTR, in particolare, che il costo della ristrutturazione, in quanto compreso nelle prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio abituale di impresa, era assoggettata ad iva, con la conseguenza che alla stregua del principio di alternatività doveva applicarsi l’imposta di registro in misura fissa, applicando al caso di specie il disposto del D.P.R. n. 131 del 1988, art. 40, secondo il quale “Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa”. Avverso detta sentenza l’amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

I contribuenti hanno depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Va rilevato preliminarmente come la società Della Piana residence presentava, in data 9.02.2018, istanza con la quale, deducendo di avere aderito alla definizione agevolata di cui al D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 6, ha dichiarato di rinunciare al contro-ricorso e ha chiesto disporsi la cessazione della materia del contendere.

Agli atti risulta l’attestazione che l’integrale definizione del debito fiscale si determinerà, secondo il piano rateizzato, nell’anno 2023. Orbene, va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 24083 del 2018), secondo la quale in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, conv. con modific. nella L. n. 225 del 2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3, di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perchè ricorre un caso di estinzione “ex lege”, qualora egli sia resistente o intimato; in entrambe le ipotesi, peraltro, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale rateizzato. Nella presente fattispecie, la società De. Pi. non è ricorrente, con la conseguenza che solo l’integrale pagamento del debito fiscale determinerà l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Dovendosi, dunque, rinviare a nuovo ruolo la controversia concernente l’Erario e la società De. Pi. Residence, occorre procedere alla separazione della controversia concernente quest’ultimo rapporto da quello intercorrente tra l’Erario e i contribuenti F.G., M.A. e G.A., i quali non hanno aderito alla definizione agevolata di cui alla L. n. 193 del 2016.

3. L’Agenzia ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la suindicata sentenza per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 43 e 51; per avere la CTR violato il disposto dell’art. 51 cit., secondo il quale la rettifica opera sulla base del valore venale dell’immobile al momento del trasferimento, non assumendo alcuna rilevanza giuridica ai fini fiscali le pattuizioni contenute nel preliminare di vendita.

Sostiene l’amministrazione finanziaria che nel rogito notarile mancava qualsiasi riferimento a prestazioni di servizio e lavori di ristrutturazioni, con la conseguente irrilevanza del fatto che la società acquirente avesse appaltato alla società “Idrica” opere di ristrutturazione del compendio immobiliare.

Ad avviso della ricorrente, oggetto dell’applicazione dell’imposta di registro era il valore dell’immobile, come modificato e ristrutturato, dove le addizioni e le migliorie costituivano solo la causa dell’aumento di valore del bene trasferito; deducendo, inoltre, che in quanto la compravendita era intervenuta tra privati ed una società, l’atto non era soggetta ad iva e la seconda società, esecutrice dei lavori, non era parte dell’atto definitivo.

4. In via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dagli intimati, considerato che dall’inconsueta redazione del ricorso, in cui sono stati assemblate parti di memorie, ricorsi e sentenze, è comunque evincibile la censura alla motivazione della sentenza impugnata come sopra sintetizzata.

5. La doglianza censura correttamente l’interpretazione normativa posta a fondamento della motivazione; tuttavia, non cogliendo i dati fattuali rilevanti della fattispecie, perviene erroneamente a conclusioni difformi da quelle tratte dai giudici regionali.

Sebbene, i giudici territoriali abbiano considerato ai fini della decisione, le disposizioni contenute nel contratto preliminare, il dispositivo della sentenza impugnata resta comunque conforme a diritto per cui, a norma dell’art. 384 c.p.c., può pervenirsi al rigetto del ricorso con la sola correzione della motivazione: detta disposizione codicistica prevede che, qualora il vizio denunziato riguardi non un punto di fatto ma una questione di diritto, il giudice di legittimità ha il potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, senza cassarla, nel caso in cui la decisione adottata dal giudice di merito sia conforme a diritto, sostituendo la motivazione erronea con altra corretta, che conduca all’identico dispositivo della sentenza censurata, purchè la sostituzione della motivazione sia soltanto in diritto e non comporti indagini e valutazioni di fatto (com’è sicuramente nel caso in esame), nè violazione del principio dispositivo, nel senso che non dovrà esservi pronunzia su eccezioni non sollevate dalle parti e non rilevabili di ufficio (Cass. n. 20806/2017; Cass. n. 19567 /2017; n. 2731/2017).

Occorre premettere che quella di registro è un’imposta “d’atto” che trova la sua disciplina nel D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 43. Il combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, lett. a), e art. 51, commi 1 e 2 (Testo unico imposta di registro), per gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, stabilisce che la base imponibile alla quale commisurare le imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale è rappresentata dal valore indicato in atto dalle parti. Tuttavia, se il valore non è indicato, ovvero se il corrispettivo pattuito risulta superiore, la base imponibile è pari a quest’ultimo. Successivamente, in sede di eventuale accertamento di valore gli uffici dell’Agenzia delle Entrate devono controllare la congruità del valore indicato in atto dalle parti, che deve riflettere il valore venale in comune commercio del bene compravenduto. Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3 detta le linee guida per il controllo sulla congruità dell’imposta per l’ufficio del registro, ora inglobato nell’ufficio delle Entrate. L’articolo suddetto stabilisce che per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, ai fini dell’eventuale rettifica, l’ufficio controlla il valore di cui al comma 1 (ovvero il valore indicato in atto dalle parti) avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni – in questo caso l’ufficio ha la possibilità di effettuare una sorta di comparazione con dei casi analoghi – ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3).

Ciò posto, il valore, pari ad Euro 1.800.000, attribuito in primo grado al cespite immobiliare oggetto della transazione non è contestato tra le parti, tant’è che non è stato oggetto di motivo di gravame; ciò che è controverso è la possibilità di considerare rilevanti ai fini fiscali le pattuizioni contenute nel preliminare, con la conseguenza di escludere dall’imposta di registro le somme sborsate per l’attuazione degli interventi edilizi eseguiti sul compendio immobiliare dalla stessa acquirente – attraverso la promittente acquirente-appaltatrice, – in quanto già assoggettate all’IVA.

La motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui afferma che la valorizzazione dell’edificio è frutto delle opere di ristrutturazioni eseguite dall’acquirente, come concordato nel contratto preliminare di vendita e che, nel caso di specie “si è realizzato un rapporto triangolare dove la parte venditrice è un soggetto privato ed il corrispettivo è stato regolarmente assoggettata ad imposta proporzionale di registro, mentre i rapporti intercorsi tra promittente acquirente e parte acquirente sono stati regolarmente fatturati ed assoggettati ad IVA” non sembra tener conto della disciplina normativa che regola la fattispecie.

Infatti, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, stabilisce che il valore del bene o del diritto trasferito sia fissato “alla data dell’atto”, imponendo che si tenga conto, nella valutazione medesima delle condizioni attuali dell’oggetto della prestazione al fine di individuare il valore venale in comune commercio di cui al successivo D.P.R. cit., art. 51, comma 2 (Cass. 19 gennaio 2001 n. 767).

Questa Corte ha chiarito, in varie occasioni, che il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 43, comma 1, lett. a), prevede che, nel caso di contratti a titolo oneroso traslativi o costituivi di diritti reali, il valore del bene deve essere calcolato “atta data in cui si producono i reli3tivi effetti traslativi o costitutivi”, e ciò, del resto, in coerenza con la natura d’imposta d’atto del tributo, rapportato in misura proporzionale al valore dell’atto registrato, assunto dal legislatore come indice di capacità contributiva ò (Cass. n. 7877/2012, in fattispecie concernente il contratto condizionato; Cass. n. 22847/2010, conf. n. 20299/2013 e n. 20303/2016, in fattispecie concernente il contratto preliminare; Cass. 561/2020).

Erra, pertanto, la CTR allorquando attribuisce rilievo, per la determinazione della base imponibile, esclusivamente al valore del bene alla data dell’atto preliminare, ritenendo che le prestazioni relative alla ristrutturazione, pattuite in detto negozio, rientrando nelle prestazioni di servizi soggette all’imposta sul valore aggiunto, potevano essere sottoposte solo all’imposta di registro in misura fissa.

Ed erra anche parte contribuente nel citare la giurisprudenza di questa Corte in materia di tassazione di disposizioni negoziali contenute nel medesimo atto e regolate dal cit. D.P.R., art. 21, atteso che l’atto cui riferire la tassazione deve essere appunto quello che realizza il trasferimento dei diritti reali.

Con l’avviso opposto, l’Ufficio ha proceduto alla rettifica del corrispettivo della transazione immobiliare, in considerazione del maggior valore in comune commercio del compendio immobiliare, al momento del rogito, ritenendo irrilevanti le somme corrisposte per la ristrutturazione dell’edificio da parte dell’acquirente.

In realtà, ciò che doveva valutare il decidente era la possibilità di “scomputare”, come dedotto dai contribuenti; i costi sostenuti dal medesimo acquirente per la ristrutturazione immobiliare dal valore in comune commercio accertato dall’Agenzia (e rideterminato dalla CTP).

Tanto premesso, la ricorrente trascura un elemento fattuale accertato dai giudici regionali (pagina 2 della sentenza impugnata) secondo i quali le fatture prodotte nel giudizio di merito a dimostrazione dell’onere economico assunto dall’acquirente per la valorizzazione dell’albergo risalivano al periodo di tempo intercorrente tra la data dell’acquisto ((OMISSIS)) e la data del sopralluogo (25 febbraio 2009), circostanza che dimostra che il maggior valore del compendio immobiliare al momento dell’accertamento non era presumibilmente quello corrispondente al valore dello stesso cespite al momento del trasferimento.

Se il maggior valore in comune commercio va accertato con riferimento al momento del trasferimento immobiliare, era a quella data che l’agenzia doveva accertare lo stato di conservazione del cespite e verificare se l’eventuale maggior valore era stato determinato dagli interventi edili posti in essere dalla promittente acquirente. La rettifica del corrispettivo dichiarato in contratto non è stata quindi svolta dall’ufficio con riferimento al valore in comune commercio del cespite al momento del – trasferimento immobiliare, ma alla stregua delle condizioni dell’immobile rilevate in sede di sopralluogo, due anni dopo la conclusione del definitivo e successivamente all’esecuzione delle opere di ristrutturazione dell’immobile, intervenute – secondo le date di emissione delle fatture (ottobre 2007) – in epoca successiva alla stipula del rogito notarile; circostanza questa attestata dalla CTP – e confermata dalla CTR (pag. 2 della sentenza impugnata) – che non risulta essere stata investita dal gravame.

Il ricorso va, in conclusione, rigettato, con aggravio di spese. Rilevato che risulta soccombente la parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte:

– Dispone la separazione della controversia intercorrente tra l’Erario e i contribuenti F.G., M.A. e G.A., da quella pendente tra l’Agenzia delle Entrate e la società De. Pi. Residence;

– dispone il rinvio a nuovo ruolo per quanto riguarda il rapporto con la società contribuente che ha aderito alla definizione agevolata;

– rigetta il ricorso proposto dall’amministrazione finanziaria nei confronti di F.G., M.A. e G.A.;

– condanna la ricorrente alla refusione – in favore di F.G., M.A. e G.A. – delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.800,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, come riconvocata il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

 

 

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