Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19099 del 15/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 15/09/2020), n.19099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 401 del ruolo generale dell’anno 2018,

proposto da:

S.R. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso

dall’avvocato Ettore Gassani (C.F.: GSS TTR 60E25 L682R);

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II (P.I.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli n.

3369/2017, pubblicata in data 18 luglio 2017;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 30 gennaio 2020 dal consigliere Tatangelo Augusto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il medico S.R., deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di un corso di specializzazione universitaria, ha agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

La sua domanda è stata rigettata dal Tribunale di Napoli.

La Corte di Appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, con sentenza successivamente cassata con rinvio da questa Corte (Cass., Sez. L, Sentenza n. 7626 del 15/04/2015).

All’esito del giudizio di rinvio, la domanda è stata nuovamente rigettata.

Avverso tale decisione ricorre lo S., sulla base di un unico motivo.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede le amministrazioni intimate.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “omessa e/o erronea applicazione dei principi espressi da codesta Corte di Cassazione con sentenza num. 7626/15, violazione delle norme di legge (D.M. 3 luglio 1989) e della Costituzione (art. 3 Cost.)”. Il ricorso è manifestamente infondato.

1.1 Diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la sentenza n. 7626 del 2015 di questa Corte non ha affatto riconosciuto il suo diritto a ricevere l’indennizzo per la frequenza del corso di specializzazione in “chirurgia oncologica”.

La Corte di Cassazione si è limitata a cassare, con rinvio, la originaria decisione della corte di appello (che aveva ritenuto prescritti i diritti fatti valere dall’attore e comunque non adeguatamente fornita la prova delle modalità di svolgimento dell’attività formativa, in corrispondenza alla disciplina comunitaria), affermando testualmente, con riguardo alla prova da fornire per ottenere il risarcimento invocato, che “lo specializzando…… è tenuto a dimostrare, quale fatto costitutivo del danno evento costituito dalla perdita dell’adeguata remunera-zione, solo la mera frequenza di un corso ricadente negli elenchi predetti, potendo le concrete modalità di svolgimento del corso stesso venire in rilievo, al più, quali circostanze incidenti sulla quantificazione del pregiudizio, ove la scelta dell’una o dell’altra opzione (tempo pieno o parziale) sia dipesa dalla scelta dello specializzando, ma non già ove il corso medesimo sia stato organizzato soltanto con modalità in fatto corrispondenti al tempo parziale, in ragione di quanto deciso dalla singola università in base alla legislazione statale irrispettosa della disciplina dettata dal diritto comunitario”.

La corte di appello, quindi, nel negare – in sede di rinvio – il diritto dello S. al risarcimento proprio sulla base del rilievo che il corso di specializzazione da lui frequentato (in “chirurgia oncologica”) non rientrava tra quelli previsti negli elenchi allegati alle direttive Europee (e, segnatamente, nè in quelli relativi ai titoli di specializzazione comuni a tutti gli Stati membri, nè in quelli relativi ai titoli comuni a due o più Stati membri, di cui rispettivamente agli artt. 5 e 7 della Direttiva 75/362/CEE), non ha affatto violato i principi affermati nella sentenza di legittimità che aveva disposto la cassazione con rinvio dell’originaria pronuncia di secondo grado, nè ha ecceduto dai limiti del giudizio di rinvio.

1.2 E’ infondato anche l’ulteriore assunto del ricorrente secondo cui, nonostante il corso di specializzazione da lui frequentato (negli anni tra il 1983 ed il 1987) non rientri tra quelli individuati negli elenchi allegati alle direttive Europee, dovrebbe ritenersi “di pari dignità”, in quanto successivamente inserito, in base al D.M. 3 luglio 1989, nel D.M. 10 marzo 1983, tabella B allegata, recante “l’elenco delle discipline equipollenti ed affini rispetto a quelle oggetto degli esami di idoneità e dei concorsi di assunzione presso le USL”, quale disciplina equipollente alla chirurgia generale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (che il ricorso non offre ragioni per rimeditare), infatti, “non spetta il diritto al risarcimento in favore dei medici specializzandi per inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, a coloro che abbiano frequentato corsi di specializzazione non comuni ad almeno due Stati dell’UE in base agli elenchi di dette direttive e li abbiano conclusi prima dei decreti ministeriali di conformità delle specializzazioni conseguite a quelle elencate, non potendosi ravvisare un illecito comunitario nel mancato ampliamento del novero delle specializzazioni equipollenti, il quale costituiva una facoltà per gli Stati membri e non già un obbligo imposto dalla normativa comunitaria” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 20303 del 26/07/2019, Rv. 654780 – 01; in tale decisione si chiarisce altresì espressamente, in motivazione, che lo stesso decreto ministeriale richiamato dal ricorrente, in realtà “disciplina l’equivalenza delle specializzazioni previste dalla normativa regolamentare per la formazione delle commissioni esaminatrici e la valutazione dei concorsi per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale”, onde la circostanza che nelle tabelle ad esso allegate determinati titoli di specializzazione possano essere equiparati a talune delle specializzazioni elencate anche nelle Direttive 75/363 e 75/362, non ha alcun rilievo “perchè quella equipollenza venne stabilita al solo fine di rendere comparabili i titoli di studio dei membri delle commissioni esaminatrici e dei candidati agli esami”, “fine, dunque, del tutto estraneo al reciproco riconoscimento tra Stati membri dei diplomi di specializzazione”).

2. Il ricorso è rigettato.

Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo le amministrazioni intimate svolto attività difensiva nella presente sede.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020

 

 

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