Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19098 del 15/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 15/09/2020), n.19098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11818-2019 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LIVORNO 6, presso lo studio dell’avvocato GUIDO DE SANTIS, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVIDE TEDESCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1538/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’8/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con atto di citazione dell’8 marzo 2005 l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) conveniva in giudizio l’Azienda unità sanitaria locale Roma E, oggi Roma 1 (Azienda sanitaria), chiedendone la condanna alla consegna dell’immobile sito in (OMISSIS), in adempimento del contratto di compravendita dell’8 novembre 2002, nonchè al risarcimento del danno derivante dal ritardo nella consegna di tale immobile. Costituitasi in giudizio, la convenuta chiedeva e otteneva di chiamare in causa l’Agenzia del demanio, alla quale domandava di essere manlevata in quanto unica responsabile della mancata consegna dell’immobile oggetto di causa.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 20827/2011, accoglieva tanto la domanda dell’INAIL nei confronti dell’Azienda sanitaria, quanto quella da quest’ultima proposta nei confronti dell’Agenzia del demanio.

2. Avverso la sentenza proponeva appello l’INAIL, insistendo per il riconoscimento di maggiori importi a titolo di interessi e rivalutazione monetaria; costituitasi in giudizio, l’Azienda sanitaria spiegava a sua volta appello incidentale nei confronti dell’appellante principale con cui chiedeva il rigetto della domanda, nonchè nei confronti dell’Agenzia del demanio in relazione alla quantificazione delle spese liquidate in suo favore; anche l’Agenzia del demanio proponeva appello incidentale nei confronti dell’Azienda sanitaria, chiedendo la riforma della sentenza in punto accoglimento della domanda di manleva.

Con sentenza 8 marzo 2018, n. 1538, la Corte d’appello di Roma dichiarava l’estinzione del giudizio con riferimento all’appello principale proposto dall’INAIL nei confronti dell’Azienda sanitaria nonchè con riferimento a quello proposto in via incidentale da quest’ultima nei confronti dell’appellante principale, avendo nel frattempo le parti raggiunto una definizione amichevole della controversia; accoglieva invece l’appello incidentale proposto dall’Agenzia del demanio nei confronti dell’Azienda sanitaria, rigettando di conseguenza la domanda di manleva proposta da quest’ultima nel primo grado di giudizio.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione l’Azienda locale sanitaria locale Roma (OMISSIS).

Resiste con controricorso l’Agenzia del demanio.

L’intimato INAIL non ha proposto difese.

La ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso è basato su un motivo che denuncia “violazione della L. n. 241 del 1990, art. 11, comma 2, e art. 15, degli artt. 1173,1321,1322,1324,1362 ss., 1374 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 134 c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.”: la Corte d’appello ha erroneamente escluso il carattere cogente del protocollo d’intesa del 27 maggio 2002, concluso dall’Azienda sanitaria e dall’Agenzia del demanio, con la partecipazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il quale l’Agenzia “si impegnava” a mettere a disposizione dell’Azienda sanitaria i locali siti in (OMISSIS), entro un tempo di “massimo 12/18 mesi”, protocollo il cui mancato rispetto da parte dell’Agenzia ha comportato la mancata consegna dell’immobile all’INAIL, con cui l’Azienda ricorrente si era nelle more impegnata; si trattava di un atto vincolante rispetto al quale va richiamata la figura della c.d. puntuazione vincolante e che ha comportato il sorgere di un rapporto di contatto sociale qualificato tra le parti, così che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe meramente apparente, illogica e contraddittoria, risultando del tutto inintelleggibile l’argomentazione posta alla base della pronuncia della Corte d’appello.

Il motivo non può essere accolto. La ricorrente contesta l’interpretazione, diversa da quella del giudice di primo grado, offerta dal giudice d’appello del protocollo d’intesa, secondo il quale, stante “l’urgenza del Ministero del lavoro di disporre dei locali di (OMISSIS) della ASL (OMISSIS)” in corso di acquisizione da parte di INAIL” e della necessità della ASL di trovare “adatti locali nell’ambito dello stesso Municipio nel quale riallocare parte delle proprie strutture e personale”, le parti concordavano di “mettere a disposizione della ASL (OMISSIS), entro un tempo massimo di 12/18 mesi, i locali di proprietà del Demanio militare siti in (OMISSIS)”. Ad avviso della Corte d’appello il protocollo contiene un mero accordo di massima sulla messa a disposizione dei locali del Demanio militare, ma non un contratto vincolante per le parti, così che l’omessa ottemperanza a tali impegni non può determinare effetti civilistici di carattere risarcitorio. La Corte – la cui interpretazione, purchè plausibile, non può essere censurata da questa Corte di legittimità – è giunta a tale conclusione sulla base di due argomenti (la mancata previsione delle conseguenze relative al mancato adempimento degli impegni assunti e l’assenza di una concreta e articolata determinazione del presunto rapporto obbligatorio), così che la motivazione del provvedimento non è apparente, nè illogica o contraddittoria.

II. Il ricorso va pertanto rigettato.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 10.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020

 

 

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