Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19098 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 06/07/2021), n.19098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20045-2019 proposto da:

P.O., F.A., elettivamente domiciliati presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,

rappresentati e difesi dall’avvocato AQUILINA VALERIA BAFFA;

– ricorrenti –

contro

HDI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TIZIANO N. 3,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO DORIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARMELA BARRETTA;

– controricorrente –

e contro

F.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2212/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. F.A. ed P.O., in proprio e nella qualità di genitori del “figlio mai nato”, P.C. ed D.E., in qualità di “nonni paterni” nonchè F.R. e R.S., in qualità di “nonni materni” convennero in giudizio F.D. e la HDI Assicurazioni S.p.a. al fine di sentirli condannare in solido al risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del feto verificatasi in conseguenza di un sinistro stradale. Chiesero altresì la condanna della sola compagnia assicuratrice al risarcimento del danno per mala gestio e mala fede contrattuale nella fase pre-giudiziale.

A fondamento della propria domanda esposero che, in data 21.10.2008, mentre l’autovettura di proprietà di P.O., da quest’ultimo condotta e sulla quale si trovava in qualità di terza trasportata la moglie F.A., era ferma al semaforo rosso, venne tamponata da un veicolo proveniente da tergo di proprietà di F.D. e che la violenza dell’urto determinò la perdita del bambino della donna.

Si costituì in giudizio la HDI Assicurazioni eccependo, in via preliminare l’inammissibilità della domanda proposta P.C., D.E., F.R. e R.S., in qualità di nonni paterni e materni e contestando nel merito la fondatezza della pretesa.

Istruita la causa tramite due CTU medico-legali affidate entrambe al Dott. Q., la seconda con affrancamento della Dott.ssa F. esperta in ginecologia, il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 7 dicembre 2016 rigettò la domanda.

2. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza n. 2212/2018 del 17 dicembre 2018 ha rigettato l’appello proposto da F.A. e P.O. per l’infondatezza delle doglianze promosse, confermando integralmente la decisione di primo grado. Ha ritenuto, infatti, escluso il nesso di causa sulla base della scarsa entità dei danni riportati dall’autoveicolo, indicativa di un urto non particolarmente violento e dunque non compatibile con l’interruzione di gravidanza.

3. Avverso tale pronuncia F.A. e P.O. propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi. La HDI Ass.ni s.p.a. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per aver la Corte d’Appello aderito alle risultanze della CTU nonostante le numerose criticità da loro evidenziate. La Corte, pertanto, avrebbe abbandonato il c.d. favor nei confronti dell’attore, orientando i dubbi e le incertezze delle CCTTU in danno dei coniugi.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione delle norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omesso esame circa un fatto deciso per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per essere la decisione del giudice “viziata dalla mancanza della verifica dei fatti” che “sarebbero stati fugati da un rinnovo della ctu”.

5. I motivi, congiuntamente esaminati per la loro intrinseca connessione, sono inammissibili.

Sia in primo che in secondo grado i giudici del merito hanno escluso il nesso causale fra il tamponamento dell’auto e l’interruzione di gravidanza. I due motivi attengono al giudizio di fatto e per la parte che richiamano il vizio motivazionale sono inammissibili anche sotto il profilo della doppia conforme. I motivi sono nulli anche per la mancata indicazione delle norme violate.

E comunque, la Corte d’Appello di Catanzaro ha ritenuto condivisibili le risultanza delle CCTTU a seguito di una analitica disamina delle contestazioni mosse dagli appellanti.

In particolare ha osservato che la conclusione dei CTU circa l’assenza del nesso causale tra il tamponamento e l’interruzione di gravidanza era stata correttamente formulata all’esito della valutazione degli unici elementi certi in atti (ossia la data dell’ultima mestruazione che deponeva per una gravidanza alla settima settimana e i valori molto bassi della BHCG) dai quali si ricavava che l’aborto si era verificato precedentemente al sinistro: si tratta di una valutazione delle prove che rientra nel giudizio autonomo del giudice, senza che ciò possa essere oggetto di critica in questa sede.

La Corte di cassazione, invero, non è legittimata a compiere una rivalutazione degli atti processuali, dei fatti o delle prove, potendo piuttosto controllare che la motivazione della sentenza oggetto di impugnazione sia lineare e scevra di vizi logico giuridici.

Il ricorso è altresì inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Tale articolo stabilisce che il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali sui quali il ricorso si fonda ed il successivo art. 369, comma 2, precisa che insieme al ricorso debbano essere depositati “a pena di improcedibilità” i documenti sui quali il ricorso si fonda. La ratio delle suddette previsioni riposa nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo di ricorso senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (cass. sez. III, n. 86 del 10 gennaio 2012), non potendosi affidare al giudice di legittimità il compito di svolgere un’attività di ricerca negli atti (cfr. cass. sez. III n. 4201 del 22 febbraio 2010).

Nel caso di specie i ricorrenti fanno riferimento ad una serie di documenti, quali il verbale del pronto soccorso, le analisi dalle quali risulterebbero i diversi valori della BHCG, ma non indica in quale luogo delle sue produzioni essi si trovino e neppure ne allega copia al ricorso.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

7. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.000 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

 

 

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