Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19097 del 18/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19097 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CINQUE GUGLIELMO

ORDINANZA

sul ricorso 29693-2015 proposto da:
TELECOM

ITALIA

SPA,

CF.

e

P.

IVA

00488410010, in persona del legale rapp.te
pt, rappresentata e difesa dall’avv.
GIOVANNI SALLUSTRI ed elett.te domiciliata
in Roma presso la Cancelleria della Suprema
Corte di Cassazione
– ricorrente contro

2018
2086

STURNIOLO

COSIMO,

C.F.

STRCSM54C2F158F,

rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE
TRIBULATO ed elett.te domiciliato presso il

Data pubblicazione: 18/07/2018

suo studio in Messina, via Felice Bisazza
n. 30.

controricorrente

avverso la sentenza n. 995/2015 della CORTE

13/07/2015 r.g.n. 1631/2012.

D’APPELLO di MESSINA, depositata il

RG. 29693/2015

RILEVATO
che Cosimo Sturniolo, già dipendente della ASST, poi della Iritel e,
infine, della Telecom, con qualifica di revisore tecnico coordinatore,
esponeva che, al momento del passaggio nelle società che avevano
assunto la gestione dei servizi di telecomunicazione ad uso pubblico, in
violazione delle disposizioni di cui alla legge n. 58/92, le qualifiche

contenuto mansionistico effettivamente adeguato; chiedeva, pertanto,
il riconoscimento Osuperiore inquadramento nonché il risarcimento dei
danni subiti per il demansionamento, con ordine di reintegrazione e
con condanna al relativo pagamento da determinarsi in via equitativa;
che

l’adito Tribunale di Messina accoglieva la domanda di

inquadramento e riconosceva il diritto del lavoratore ad essere
inquadrato a decorrere dall’1.11.1993 nel livello IV -esperto in attività
specialistiche – (CCNL SIP 30.6.1992) e a decorrere dall’1.1.1996 nel
livello 6 -specialista- del CCNL Aziende di Telecomunicazioni, con
condanna al pagamento delle differenze retributive e al risarcimento
del danno da demansionamento, quantificato nella misura
corrispondente al 20% delle differenze retributive per tutto il tempo in
cui si era protratto il demansionamento stesso;
che la Corte di Appello di Messina, con la sentenza n. 995 depositata il
13.7.2015, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, che
confermava nel resto, rimodulava il risarcimento del danno da
demansionamento nella misura pari al 20% dell’ammontare
complessivo della retribuzione netta dovuta per l’intero periodo di
de ma nsio na mento;
che avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso per
cassazione la Telecom Italia spa affidato a due motivi;
che Cosimo Sturniolo ha resistito con controricorso, illustrato con
memoria;
che il PG non ha formulato richieste scritte.

assegnategli non corrispondevano a quella posseduta né avevano un

CONSIDERATO
che,

con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura:

1)

la

violazione e falsa applicazione dell’Accordo Collettivo dell’8.4.1993 e
dell’art. 23 CCNL SIP 1992, in relazione agli artt. 1362 e ss. Cc,
laddove la gravata sentenza aveva affermato che gli assegni
personam,

ad

riconosciuti con gli accordi sindacali dell’8.4.1993, non

erano riassorbibili in caso di inquadramento superiore del lavoratore,
anche a seguito di riconoscimento giudiziale;

2)

in relazione al

risarcimento del danno, la violazione e falsa applicazione degli artt.
2697 cc, 1218 e 2729 cc, nonché 115 e 414 cpc, laddove la Corte
territoriale, da un lato, aveva rilevato un inadempimento contrattuale
da parte della società nell’inquadramento del dipendente e, dall’altro,
aveva ritenuto la sussistenza dei danni in assenza di qualsiasi prova in
ordine agli stessi;
che il primo motivo è improcedibile ai sensi dell’art. 369 cpc poiché
non risulta depositato il CCNL di categoria sul quale si fonda la
doglianza di violazione e falsa applicazione della disposizione di cui
all’art. 23. Invero, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di
legittimità, nel giudizio di cassazione «l’onere di depositare i contratti e
gli accordi collettivi -imposto a pena di improcedibilità del ricorso,
dall’art. 369 2° comma n. 4 cpc, nella formulazione di cui al d.lgs n. 40
del 2006- può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo
integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla
funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e necessario per
l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cc, né a
tal fine può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso,
all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una
puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti»

(cfr. ex

plurimis Cass. n. 4350/2015; Cass. Sez. Un. n. 25038/2013; Cass.
Sez. Un. n. 22726/2011);
che nella fattispecie la Telecom Italia spa, nella indicazione della
documentazione allegata al ricorso, ha dichiarato di avere depositato
solo un estratto del CCNL SIP 1992 (all. 64 – 70), non ha specificato se
il detto CCNL sia stato prodotto nella sua integrità nelle precedenti fasi
di merito né, tanto meno, la sede in cui lo stesso sia rinvenibile;

9

Ar

che il secondo motivo è infondato: invero, in primo luogo deve
,P(.L.Les

sottolinearsi che anche in fase di attuazione alttrrgrevisioni delle cd.
tabelle di equiparazione può sussistere un inadempimento di parte
datoriale. E’ stato, infatti, affermato (Cass. 23.1.2015 n. 1249; Cass.
11.3.2011 n. 4991) che in tema di rapporti di lavoro dei dipendenti
dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici, nel passaggio dei servizi di
telefonia dal settore pubblico a quello privato, in forza della normativa
di riferimento (art. 4 della legge 29 gennaio 1992 n. 58) la previsione

per operare l’inquadramento presso la nuova gestione, non preclude la
verifica circa l’effettiva equivalenza delle posizioni di lavoro, sicché il
giudice può disapplicare tali tabelle ove -in base ad un raffronto
complessivo tra le qualifiche o i livelli di volta in volta presi in
considerazione- non riscontri corrispondenza tra la categoria di
provenienza ed il nuovo livello attribuito in sede di passaggio
all’impiego privato. Ne consegue che qualora con la nuova qualifica si
assegnino al lavoratore mansioni inferiori a quelle svolte in
precedenza, può ipotizzarsi un demansíonamento quale fonte di
risarcimento dei danni;
che, in secondo luogo, va evidenziato che i giudici di secondo grado
non hanno ritenuto sussistente il danno da demansionamento in re
ipsa, ma come lesione della professionalità del lavoratore, sulla base di
un accertamento fortemente presumibile (in termini Cass. Sez. Un.
24.3.2006 n. 6572; Cass. 6.12.2005 n. 26666), hanno ancorato
l’impoverimento del bagaglio professionale del ricorrente (revisore
tecnico coordinatore) alla quantità e qualità del lavoro
successivamente svolto, al tipo e alla natura della professionalità
coinvolta, alla durata del demansionamento (cfr. Cass. 12.10.2006 n.
21826), alla diversa e nuova collocazione lavorativa dopo la lamentata
de qualificazione;
che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da
dispositivo, con attribuzione; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del
DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228,
deve provvedersi, ricorrendone ì presupposti, come da dispositivo.

3

di apposite tabelle di equiparazione, adottate con accordo sindacale

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella mìsura del 15 per cento, agli
esborsi liquidati in ero 200,00, agli accessori di legge, con distrazione
in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai
sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 23 maggio 2018.

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente

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