Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19090 del 18/07/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 19090 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: PONTERIO CARLA

SENTENZA
sul ricorso 27950-2014 proposto da:
BROGNA SILVANA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CHIANA 48, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO
PILEGGI, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

2018
1534

S.S.

PIETRO E PAOLO PATRONI DI ROMA SOCIETA’

COOPERATIVA SOCIALE E DI LAVORO, in persona del
legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CAIROLI 24, presso lo studio

//7

Data pubblicazione: 18/07/2018

dell’avvocato GIUSEPPE IURILLI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2856/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/05/2014 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/04/2018 dal Consigliere Dott. CARLA
PONTERIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
Avvocato PILEGGI ANTONIO;
udito l’Avvocato NARDI SANDRO per delega verbale
Avvocato IURILLI GIUSEPPE.

429/2012;

R.G. n. 27950/2014

FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 2856 pubblicata il 9.5.2014, ha
respinto l’appello principale proposto dalla socia lavoratrice confermando la
sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta
decadenza ai sensi dell’art. 2533 c.c., l’opposizione alla delibera di esclusione

cooperativa aveva censurato l’omesso mutamento del rito, da quello speciale di
lavoro a quello ordinario.
2. La Corte territoriale, premesso che la società cooperativa gestisce asili nido
in convenzione con il comune di Roma, ha dato atto di come la delibera di
esclusione della socia lavoratrice fosse stata adottata il 4.5.2010 e comunicata
alla stessa il 6.5.2010; che tale delibera conteneva l’indicazione delle ragioni
dell’esclusione attraverso il richiamo all’art. 16, comma e) dello Statuto
societario, sottoscritto dalla socia lavoratrice; che l’art. 16, comma e) cit.
prevede quale causa di esclusione lo svolgimento di attività in concorrenza con
la cooperativa; che con precedente lettera del 9.4.2010 era stato contestato
alla lavoratrice lo svolgimento di altra attività, quale funzionario educativo
presso un altro Asilo nido convenzionato con il comune di Roma. Ha quindi
ritenuto che sin dalla comunicazione della delibera di esclusione la lavoratrice
fosse in condizione di conoscere le ragioni dell’esclusione medesima e che
pertanto l’opposizione proposta con ricorso dell’11.10.2010 dovesse
considerarsi tardiva.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la lavoratrice, affidato
ad un unico motivo, illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso la
società cooperativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso la socia lavoratrice ha dedotto violazione e
falsa applicazione dell’art. 2533, comma 3, c.c., in relazione all’art. 5, comma 2,
L. n. 142 del 2001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
2. Richiamate precedenti pronunce di legittimità (Cass. n. 11558 del 2008;
Cass. n. 14143 del 2012), ha sostenuto come la comunicazione al socio della

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dalla società cooperativa; ha respinto l’appello incidentale con cui la società

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delibera di esclusione svolga la funzione di informarlo delle ragioni ritenute in
concreto, dall’organo deliberante, giustificative dell’esclusione e come la sua
incompletezza, pur non determinando l’invalidità dell’atto, incida sulla
decorrenza del termine per l’opposizione, senza che assuma rilievo la
conoscenza da parte del socio degli addebiti contestatigli nel corso del

3. Ha argomentato come gli addebiti di cui alla lettera di contestazione del
9.4.2010 fossero stati mossi nell’ambito di un procedimento disciplinare poi non
coltivato dalla società, non attenessero al procedimento di esclusione dalla
compagine sociale e non fossero neanche richiamati nella delibera di esclusione
comunicatale il 6.5.2010.
4. Ha sottolineato come le ragioni in concreto ritenute, dall’organo deliberante,
giustificative dell’esclusione fossero state esplicitate dalla società, a seguito di
apposita richiesta della socia lavoratrice del 26.7.2010, solo con la lettera di
specificazione dei motivi del 10.8.2010, comunicata il 13.8.2010, con
conseguente tempestività dell’opposizione proposta con ricorso depositato il
10.11.2010.
5. Ha ribadito come una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2533,
comma 3, c.c., capace di garantire una adeguata tutela del diritto di difesa del
socio lavoratore avverso la delibera di esclusione, che comporta anche la
perdita del posto di lavoro, richieda che la comunicazione delle ragioni di
esclusione sia fatta in modo chiaro e specifico.
6. Ha prospettato dubbi di legittimità costituzionale per il diverso trattamento
riservato al socio lavoratore, costretto ad opporsi alla delibera di esclusione, che
comporta la perdita del posto di lavoro, con ricorso giudiziale nel termine di
decadenza di sessanta giorni, rispetto al lavoratore subordinato non socio che
deve impugnare nei sessanta giorni il licenziamento in via stragiudiziale, e ha
poi un termine di decadenza di 180 giorni per il deposito del ricorso.
7. Il ricorso non può trovare accoglimento.
8. Sulle formalità di comunicazione al socio della sua esclusione, questa Corte
ha più volte statuito che “nelle società cooperative la comunicazione della
deliberazione di esclusione del socio prevista dall’art. 2527 c.c. (n.d.r., ora art.

Carla Pont
2

procedimento.

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2533 c.c.), ai fini del decorso del termine di trenta giorni per proporre
opposizione, non richiede l’adozione di specifiche formalità o di particolari mezzi
di trasmissione, né la rigorosa enunciazione degli addebiti, dovendosi
considerare sufficiente qualsiasi fatto o atto idoneo a rendere edotto il socio
delle ragioni e del contenuto del provvedimento per porlo, conseguendosi in tal

difese”; (Cass. n. 11402 del 2004; Cass. n. 8984 del 1999).
9. Si è inoltre precisato come sul requisito di specificità delle ragioni di
esclusione dalla compagine sociale, nel rapporto di lavoro del socio di
cooperativa, possano valere i principi giurisprudenziali dettati in materia di
licenziamento, (Cass. n. 6373 del 2016).
10. A proposito dei licenziamenti qualificabili come disciplinari, si è più volte
statuito (cfr. Cass. n. 9615 del 2015; Cass. n. 10662 del 2014; Cass. n. 16584
del 2004; Cass. n. 1562 del 2003), che la previa contestazione dell’addebito, ha
lo scopo di consentire al lavoratore l’immediata difesa e deve,
conseguentemente, rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando
sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua
materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni
disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt.
2104 e 2105 c.c..
11.

Si è anche affermato come l’accertamento relativo al requisito della

specificità della contestazione costituisca oggetto di indagine di fatto,
incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle
ragioni esposte dal giudice di merito, (Cass. n. 9615 del 2015; Cass. n. 10662
del 2014; Cass. n. 16584 del 2004; Cass. n. 1562 del 2003).
12. Sempre in riferimento alla contestazione, questa Corte ha sostenuto come,
in tema di sanzioni disciplinari, l’esigenza di specificità della contestazione non
obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel
processo penale, né si ispira ad uno schema precostituito e ad una regola
assoluta ed astratta, ma si modella in relazione ai principi di correttezza che
informano un rapporto interpersonale che già esiste tra le parti, ed è
funzionalmente e teologicamente finalizzata alla esclusiva soddisfazione

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modo la finalità prevista dalla legge, nelle condizioni di articolare le proprie

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dell’interesse dell’incolpato ad esercitare pienamente il diritto di difesa, sicché
ne consegue che la preesistenza del rapporto tra le parti e la sola incidenza di
quell’interesse possono circoscrivere le necessità descrittive dell’atto di
incolpazione, contribuendo i suddetti elementi a definire la portata del requisito
della specificità (cfr. Cass. n. 8853 del 2002).

logica, pertanto non suscettibile di alcuna censura in questa sede di legittimità,
ha osservato come la delibera di esclusione facesse esplicito riferimento ad una
specifica disposizione dello Statuto societario, conosciuto dalla socia lavoratrice
e da questa sottoscritto, cioè l’art. 16, comma e), che contempla unicamente la
condotta di svolgimento di attività in concorrenza con la cooperativa.
14. Ha sottolineato come lo svolgimento di attività in concorrenza con la
cooperativa fosse già stato contestato alla dipendente con la lettera del
9.4.2010 nell’ambito dell’iniziale procedimento disciplinare, e come pertanto la
lavoratrice, all’atto di ricezione della delibera di esclusione, fosse in grado di
comprendere esattamente le ragioni della esclusione dalla compagine sociale e
di predisporre la difesa.
15. A conclusioni diverse non può condurre l’esame dei precedenti invocati nel
ricorso in esame. In particolare, la sentenza n. 14143 del 2012 è relativa ad
una fattispecie in cui era del tutto mancata la comunicazione della delibera di
esclusione ed ha correttamente statuito l’irrilevanza, nella situazione suddetta,
della mera conoscenza che di fatto il socio avesse della delibera stessa prima
della sua comunicazione.
16. Non sovrapponibile al caso in esame e quindi non pertinente è la sentenza
n. 11558 del 2008, che puntualizza “la differenza tra addebiti contestati nel
procedimento volto alla declaratoria dell’esclusione e addebiti posti, all’esito del
procedimento, a base dell’esclusione come deliberata dal competente organo
societario”. In tale pronuncia si dà atto di come non vi sia necessaria
coincidenza tra gli addebiti contestati nel procedimento volto alla esclusione del
socio e quelli posti a base della delibera di esclusione “ben potendo accadere
che gli iniziali addebiti siano ridimensionati o riconfigurati nella decisione finale,
ovvero che quest’ultima, in caso di pluralità di addebiti, si basi su taluno

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13. Nel caso di specie, la Corte territoriale, con una motivazione congrua e

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soltanto di essi” e si sostiene: “perché il socio escluso possa tempestivamente
allestire la propria difesa (questa essendo, pacificamente, la funzione della
comunicazione di cui trattasi: cfr., ex multis, Cass. 11402/2004, 4126/1999,
9577/1993) è dunque necessario che sia informato non tanto di ciò di cui si è
discusso nel corso del procedimento, bensì delle ragioni in concreto ritenute,

esse – e soltanto su di esse – dovrà articolare le sue difese”.
17. Nella fattispecie oggetto del ricorso in esame, non si pone un problema di
pluralità di addebiti mossi alla lavoratrice e poi ridimensionati nella decisione
finale di esclusione. Difatti, alla socia lavoratrice risulta mosso un unico e
specifico addebito, identico sia nella sede disciplinare e sia a fondamento della
esclusione dalla compagine sociale. L’unicità della condotta addebitata esclude
che possa esservi spazio per qualche forma di confusione o incertezza per la
lavoratrice nella individuazione delle ragioni poste a base dell’esclusione e
quindi difficoltà nella predisposizione della corretta e tempestiva difesa.
18. I profili di illegittimità costituzionale, peraltro genericamente prospettati,
paiono privi del requisito di non manifesta infondatezza, anche alla luce della
recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 27436 del 2017), che
ha affermato la persistenza della tutela risarcitoria in ipotesi di impugnazione
dell’atto di recesso, non inibita dalla mancata opposizione alla delibera di
esclusione.
19. Per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere respinto, con condanna
della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo.
20.

La ricorrente è tenuta al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di

contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi dell’art. 13,
comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1,
comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

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alla fine, giustificative dell’esclusione dall’organo deliberante, dato che su di

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Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in euro 3.500,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi,
oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115,
introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
Così deciso in Roma il 10 aprile 2018

Il consigliere est.
Dott.ssa Carla Po
Il Presidente
Dott. Giuseppe Bronzini

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Depositato in CanceileriP.
oggi

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18 LUG, 2018
IL CA ELLIERE

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della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,

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