Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19090 del 01/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 01/08/2017, (ud. 07/02/2017, dep.01/08/2017),  n. 19090

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2508-2012 proposto da:

A.S., (OMISSIS), (quale unico erede di M.V.,

quest’ultima quale erede nonchè coniuge di A.M.),

A.G. (OMISSIS) (quale erede nonchè coniuge di

D.D.), A.E. (OMISSIS), B.F. (OMISSIS),

B.F. (OMISSIS), C.A. (OMISSIS) (quale erede

nonchè coniuge di B.A.), B.A. (OMISSIS),

B.G. (OMISSIS) (quali eredi di P.A.),

C.S.P. (OMISSIS), C.E. (OMISSIS), C.S.

(OMISSIS) (quali eredi di C.G. e M.G.),

C.G. (OMISSIS), C.G. (OMISSIS),

C.I. (OMISSIS), C.F. (OMISSIS), C.S.

(OMISSIS), P.M.C. (OMISSIS) (quali eredi di

CARBONE VINCENZO), C.A. (OMISSIS), C.F.

(OMISSIS), C.G. (OMISSIS), D.F. (OMISSIS)

(quali eredi di C.N.), C.A. (OMISSIS),

C.B. (OMISSIS), C.G. (OMISSIS) M.G. (OMISSIS)

(quali eredi di C.V.), C.G. (OMISSIS),

C.S. (OMISSIS), C.A. (OMISSIS),

D.F.G. (OMISSIS), D.B.G. (OMISSIS),

D.G.G. (OMISSIS), D.G.P. (OMISSIS), T.G.,

(quali eredi di D.G.L.), D.L.M.G. (OMISSIS),

D.L.A. (OMISSIS), D.M.G. (OMISSIS),

D.F. (OMISSIS), D.M. (OMISSIS), D.N.V.

(OMISSIS), D.S. (OMISSIS) (quali eredi di

D.S.), E.A. (OMISSIS),

(OMISSIS), E.L.E.G. (OMISSIS), E.M.

(OMISSIS) (quali eredi di S.G.), F.D.

(OMISSIS), F.I. (OMISSIS), F.G. (OMISSIS),

F.G. (OMISSIS), F.M. (OMISSIS),

M.V.M. (OMISSIS) (quali eredi di F.G.),

F.S. (OMISSIS), G.C. (OMISSIS), G.E. (OMISSIS),

G.G. (OMISSIS), G.M. (OMISSIS),

G.P. (OMISSIS) (quali eredi di G.F.), G.C.

(OMISSIS), P.M.T. (OMISSIS), P.R. (OMISSIS)

(quali eredi di P.F.), G.R. (OMISSIS),

G.T. (OMISSIS), L.N.A. (OMISSIS), (quali eredi di

G.G.), G.G. (OMISSIS) (quale erede di G.V.),

G.M.C. (OMISSIS), G.I.M.R.

(OMISSIS), G.G. (OMISSIS), G.A.

(OMISSIS), G.M.C. (OMISSIS) (quali eredi di

G.V. e I.M.), G.G. (OMISSIS) (quale

erede di P.A.), G.S. (OMISSIS),

G.M. (OMISSIS), G.P. (OMISSIS), L.R.D.

(OMISSIS) (quali eredi di G.G.), I.A.

(OMISSIS), I.A. (OMISSIS), I.A. (OMISSIS),

L.G. (OMISSIS), L.C. (OMISSIS), L.G.

(OMISSIS), M.G. (OMISSIS), M.D. (OMISSIS),

M.F. (OMISSIS), M.G. (OMISSIS),

M.M. (OMISSIS) (quali eredi di M.P. e M.C.),

M.R. (OMISSIS), M.D. (OMISSIS) quale erede di

M.M., M.G. (OMISSIS), M.M.F.

(OMISSIS) (quali eredi di M.M.), M.L.

(OMISSIS), M.M.C.C. (OMISSIS) (quali

eredi di G.C.), M.G. (OMISSIS), M.F.

(OMISSIS), R.G. (OMISSIS), R.S. (OMISSIS),

(quali eredi di R.P.), M.A. (OMISSIS),

M.G. (OMISSIS), N.F. (OMISSIS), P.E.

(OMISSIS), P.V. (OMISSIS), P.C. (OMISSIS),

P.A. (OMISSIS),

P.M. (OMISSIS), R.M. (OMISSIS), V.L.

(OMISSIS) (quali eredi di V.I.), S.A.

(OMISSIS), S.C. (OMISSIS), S.A.

(OMISSIS), S.G. (OMISSIS), T.L. (OMISSIS)

(quale erede di T.F.), U.N. (OMISSIS),

V.E. (OMISSIS), tutti domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato A.G., giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT S.P.A. C.F. 00348170101, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO DAVERIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè da RICORSO SUCCESSIVO SENZA N. R.G. CLEMENTI GIOACCHINO C.F.

CLMGCH42L25G273D, CAPIZZI

DAVIDE C.F. CPZDVD31M07L219K, elettivamente

domiciliati in ROMA VIALE DELLE MILIZIE N. 20 presso lo studio

dell’Avvocato SAULLE ANGELA, rappresentati e difesi dall’Avvocato

BETTONI ALESSANDRA, giusta delega in atti;

– ricorrenti successivi – contro

UNICREDIT S.P.A. C.F. 00348170101, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO DAVERIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso successivo – avverso la sentenza n.

685/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/05/2011

R.G.N. 705/2009; udita la relazione della causa svolta nella

pubblica udienza del 07/02/2017 dal Consigliere Dott. FABRIZIA

GARRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARMELO CELENTANO che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e

cessazione della materia del contendere per le parti che hanno

depositato conciliazione;

udito l’Avvocato ALBERTO GATTUCCIO per delega verbale Avvocato

ACHILLE GATTUCCIO;

contro

UNICREDIT S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO DAVERIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e da ricorso successivo senza n.r.g.:

C.G., C.F. (OMISSIS), C.D. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE N. 20, presso

lo studio dell’avvocato S.A., rappresentati e difesi

dall’avvocato B.A., giusta delega in atti;

– ricorrenti successivi –

contro

UNICREDIT S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO DAVERIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 685/2011 della corte d’appello di PALERMO,

depositata il 24/05/11 R.G.M. 705/2009;

udito il p.m. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO CARMELO, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e

cessazione della materia del contendere per le parti che hanno

depositato conciliazione;

udito l’avvocato ALBERTO GATTUCCIO per delega verbale Avvocato

ACHILLE GATTUCCIO;

udito l’Avvocato VINCENZO FERRANTE per delega verbale Avvocato

FABRIZIO DAVERIO;

udito l’Avvocato LEONARDO BRASCA per delega verbale Avvocato

ALESSANDRA BETTONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Palermo, decidendo sui ricorsi promossi da diversi ex dipendenti della Sicilcassa o da loro aventi causa, ha confermato le sentenze del Tribunale di Palermo che avevano ritenuto infondate le domande di accertamento del loro diritto a mantenere il trattamento perequativo della pensione assicurato dall’art. 5 del Regolamento del Fondo Integrativo Pensioni (F.I.P.) per gli anni successivi al 6 settembre 1997 allorquando alla disciolta Sicilcassa era succeduto il Banco di Sicilia.

2. La Corte territoriale ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dall’Unicredit s.p.a. succeduto al Banco di Sicilia che, a sua volta, era subentrato alla Sicilcassa evidenziando che l’Istituto è passivamente titolato quale gestore del Fondo integrativo agli obblighi derivanti dalle ricadute delle dinamiche retributive sulle prestazioni previdenziali erogate all’indomani dell’estinzione della Sicilcassa.

3. Ha escluso che la mancanza di annotazioni nello stato passivo della Cassa in liquidazione coatta dimostrasse l’esistenza e la validità di accordi di cessione limitativi della responsabilità per crediti non ancora ammessi.

4. Nel merito poi ha ritenuto, in adesione alla giurisprudenza a sezioni unite della cassazione, ed a quella successivamente formatasi in adesione a tale insegnamento, che non fosse dovuta la perequazione del trattamento pensionistico alla retribuzione del pari grado in servizio.

5. Per la cassazione della sentenza ricorrono, con distinti ricorsi, C.G. e numerosi altri ex dipendenti o loro aventi causa sulla base di numerosi articolati motivi cui resiste con separati controricorsi Unicredit s.p.a. insistendo preliminarmente per la loro riunione.

6. I ricorrenti C.G., + ALTRI OMESSI

7. Unicredit s.p.a. ha depositato in entrambi i ricorsi memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Va in primo luogo dato atto che il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

9. Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi proposti avverso la medesima sentenza.

10. Va poi dichiarata cessata la materia del contendere tra C.G., + ALTRI OMESSI

10. Con riguardo alle questioni poste nei ricorsi si osserva che questa Corte in procedimenti del tutto analoghi a quelli oggi in esame ha affermato che “In tema di regime perequativo dei trattamenti pensionistici integrativi, la L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 55, pur di interpretazione autentica della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, comma 1, lett. p), e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 9, comma 2, non ha implicitamente abrogato la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59,comma 32, – con conseguente ripristino dei meccanismi perequativi sulla quota di pensione a carico del fondo aziendale integrativo degli istituti di credito in difficoltà economica – dovendosi escludere che l’inciso attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi abbia, di per sè, una simile valenza precettiva senza tenere conto del contesto normativo in cui è inserito, tanto più che l’indicata omogeneità di trattamento ha carattere generale, per cui non potrebbe mai prevalere sull’anteriore norma speciale prevista dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 32.” (cfr. Cass. 08/08/2014 n. 17823).

11. Ed infatti la L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 5 inequivocabilmente dispone che “Al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune, categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi, la L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, comma 1, lett. p), e il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 9, comma 2, devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 11 si applica al complessivo trattamento percepito dai pensionati di cui al D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 357, art. 3. All’assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza”. Tale natura di interpretazione autentica è stata più volte confermata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 13/02/2007 n.3098, Cass. 23/10/2006 nn. 22700 e 22701) e dalla Corte costituzionale (v. Corte cost. n. 362/2008), quest’ultima investita dall’ordinanza 12/10/2007 n. 21439 di questa Corte Suprema sul presupposto, appunto, della sua natura di norma di mera interpretazione autentica. Nè – contrariamente a quanto suggerisce il ricorso – può supporsi che il citato art. 1, comma 55, pur di interpretazione autentica, abbia però anche implicitamente abrogato la L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 32 in forza dell’inciso “… attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi…”. In realtà è tecnicamente impossibile ricavare un contenuto precettivo estrapolando un singolo inciso dal contesto normativo cui appartiene. E l’inciso di cui sopra non costituisce un periodo e neppure una singola proposizione, restando criptico anche l’eventuale predicato sottinteso. Occorre tenere presente poi che “tale affermazione di omogeneità di trattamento è non solo generica, ma di carattere generale, di guisa che, ove pure le si volesse attribuire autonoma precettività giuridica (il che, come s’è detto, non è consentito), ad ogni modo non potrebbe mai prevalere, quantunque posteriore, sull’anteriore norma speciale di cui all’art. 59, comma 32 cit. (lex posterior generalis non derogat priori speciali)” (cfr. Cass. 17823 del 2014 cit.).

12. Tale soluzione poggia su una lettura della normativa di riferimento non solo conforme alla Costituzione e, in particolare, al principio di razionalità – equità di cui all’art. 3 Cost., essendo in linea con la sentenza della Corte costituzionale n. 349 del 1985, e con l’art. 6 della CEDU oltre che con l’art. 1 del Protocollo n. 1 della stessa Convenzione, come interpretati dalla Corte di Strasburgo in fattispecie analoghe alla presente (vedi, per tutte Varesi contro Italia, decisione 12 marzo 2013) (cfr. anche Cass. 10/07/2009 n. 16206, 30/09/2015n. 19515). Con la sentenza n. 16206 del 2009 citata, in tema di regime perequativo dei trattamenti pensionistici dei dipendenti del Banco di Napoli, si è infatti affermato che “il legislatore, con la L. n. 243 del 2004, art. 4, comma 55, ha sopperito alle aporie del sistema fornendo l’interpretazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 9 in virtù della quale, a partire dai ratei maturati dal primo gennaio 1994, la perequazione generale doveva applicarsi a tutte le pensioni integrative dei dipendenti degli enti pubblici creditizi, qualunque fosse la data del pensionamento, inclusi i già pensionati di cui al D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 3 così avvalorando l’orientamento giurisprudenziale favorevole a ravvisare la “rado legis” del citato D.Lgs. n. 503 del 1992 nella necessità di regole uniformi per la perequazione di tutte le pensioni in atto alla data della sua entrata in vigore, senza esentare da questo riassetto gli ex dipendenti degli enti creditizi già pensionati alla data del 31 dicembre 1990, onde evitare il deprecabile fenomeno delle “pensioni d’annata”. Conseguentemente, la citata L. n. 243 non ha toccato la sorte del personale di cui al D.Lgs. n. 357, art. 2 atteso l’esclusivo riferimento all’art. 3 medesimo testo normativo, nulla innovando quanto al personale in servizio alla data del 31 dicembre 1990, la cui disciplina sulla perequazione si evince dal citato D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 9, comma 2, e non implica dubbi di illegittimità costituzionale sotto i profili della ragionevolezza, della lesione dell’autonomia della funzione giurisdizionale, della lesione del diritto di difesa, della difformità di trattamento tra posizioni giuridiche tra loro differenziate, della violazione dei parametri normativi ex artt. 36 e 38 Cost., della lesione dei principi di libertà sindacale, dell’eccesso di delega. Nè la disposizione è censurabile per violazione dell’art. 117 Cost., per violazione dell’obbligo internazionale assunto dall’Italia con la sottoscrizione e ratifica della CEDU, in riferimento al suo art. 6, comma 1, posto che il principio (a quella norma riconducibile) di non ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia allo scopo d’influire sulla singola causa o su una determinata categoria di controversie non opera ove l’ingerenza della norma retroattiva sia giustificata da motivi imperiosi di carattere generale (nella specie, il programma di razionalizzazione del nuovo sistema previdenziale conseguente alla privatizzazione degli enti pubblici creditizi ed al trasferimento dei regimi esclusivi o esonerativi al regime speciale INPS, con fissazione di regole uniformi per la perequazione di tutte le pensioni in atto alla data della sua entrata in vigore); nè, infine, appare desumibile, dalla giurisprudenza della Corte europea di Strasburgo, un principio secondo cui la necessaria incidenza delle norme retroattive sui procedimenti in corso le porrebbe automaticamente in contrasto con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)”.

13. In conclusione, per le ragioni esposte, con riguardo ai ricorrenti che non hanno conciliato la controversia, la sentenza deve essere confermata. Le spese del giudizio devono essere compensate tra le parti addivenute alla conciliazione, come in quella sede convenuto, mentre per il resto vanno poste a carico dei soccombenti nella misura indicata in dispositivo.

PQM

 

La Corte, riunisce i ricorsi. Dichiara cessata la materia del contendere tra i ricorrenti C.G., + ALTRI OMESSI

Rigetta i ricorsi proposti dagli altri.

Condanna i ricorrenti soccombenti al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 10000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre al 15% per spese forfetarie oltre accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2017

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