Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19087 del 18/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19087 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

ORDINANZA

sul ricorso 3932-2017 proposto da:
CALDARA UMBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO
SICILIANO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

CENTRO PRODUZIONE SERVIZI S.R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore elettivamente
2018
1333

domiciliata in ROMA, PIAZZA GIOVANE ITALIA 7, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MEZZABARBA, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4950/2016 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 18/07/2018

di ROMA, depositata il 02/12/2016 R.G.N. 1763/2013.

R.G. n. 3932/2017

RILEVATO CHE

la Corte d’Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 2 dicembre 2016, in
riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto – per quanto qui ancora
rileva – “la domanda di impugnativa del licenziamento e delle conseguenti

Produzioni Servizi Srl in relazione al recesso intimato per giusta causa al
dirigente;
la Corte territoriale, contrariamente al giudice di primo grado, ha ritenuto la
tempestività delle contestazioni disciplinari cui aveva fatto seguito il
licenziamento, nonché provati gli addebiti previa escussione di un teste, avendo il
Caldara rinunciato a fornire qualsiasi prova contraria;
l’accertata sussistenza della giusta causa escludeva il diritto del Caldara “alle
rivendicate indennità di malattia per il periodo successivo alla cessazione del
rapporto e del mancato preavviso”;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il lavoratore soccombente
con 4 motivi, cui ha resistito la società con controricorso;

CONSIDERATO CHE

i motivi di ricorso denunciano: “violazione e falsa applicazione degli artt. 416,
421 e 437 c.p.c.. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o incoerente
motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo alla mancata
acquisizione di produzione documentale (art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5)”, ritenuta
rilevante per il giudizio di attendibilità di un teste (primo motivo); “violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 2721 c.c.. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo alla ammissione di
capitoli di prova dedotti dall’appellante principale (art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5)”
(secondo motivo); “omessa e/o contraddittoria motivazione circa fatti controversi
e decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5). Violazione e falsa applicazione
dell’art. 2119 c.c.” (terzo motivo); “violazione e/o falsa applicazione dell’art.
2119 c.c. in relazione al mancato riconoscimento dell’indennità di malattia dalla

i

pretese proposta da Caldara Umberto in primo grado” nei confronti della Centro

,

R.G. n. 3932/2017

data del recesso alla data di cessazione dello stato morbile oltre alla relativa
incidenza sul TFR nonché al rivendicato maggiore importo dell’indennità di
preavviso e di incidenza dello stessa sul TFR” (quarto motivo);
A

primi tre motivi di ricorso risultano in radice inammissibili in quanto denunciano

plurimi vizi di motivazione non più sindacabili nel vigore del novellato art. 360,

questa Corte con le sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente
ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n.
417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), di cui parte ricorrente non tiene
conto invocando addirittura la precedente formulazione del n. 5 dell’art. 360
c.p.c. non applicabile al presente giudizio;
,

le censure, anche laddove solo formalmente denunciano la violazione o la falsa
applicazione di legge, nella sostanza sono riconducibili al paradigma dell’art. 360,
co. 1, n. 5, c.p.c., in quanto mirano indubitabilmente a contestare accertamenti
di fatto, quali la tempestività della contestazione disciplinare (tra le innumerevoli
v. Cass. n. 989 del 2017; Cass. n. 1247 del 2015; Cass. n. 5546 del 2010; Cass.
n. 29480 del 2008; Cass. n. 14113 del 2006) che comunque occorre verificare
dall’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione
contestata (da ultimo Cass. n. 28974 del 2017), ovvero la sussistenza stessa
degli addebiti, anche con riferimento alla valutazione dell’attendibilità della prova
testimoniale;
privo di fondamento è anche l’ultimo mezzo avendo la Corte romana fatto
coerente applicazione del principio secondo cui: “lo stato di malattia del
lavoratore preclude al datore di lavoro l’esercizio del potere di recesso solo
quando si tratta di licenziamento per giustificato motivo; esso non impedisce,

%

invece, l’intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragion
d’essere la conservazione del posto di lavoro in periodo di malattia di fronte alla
riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione neppure in
via temporanea del rapporto” (da ultimo Cass. n. 64 del 2017);
il ricorso, dunque, deve essere rigettato con le spese secondo soccombenza
liquidate come da dispositivo;

2

co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di

R.G. n. 3932/2017

occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co.
1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del
2012;

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese
liquidate in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso spese
forfettario al 15% ed accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 28 marzo 2018

Il Presidente
Dott. Antonio Manna
IL CANC:M ERE

Maria Pi-a oia

P.Q.M.

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