Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19085 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. un., 14/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 14/09/2020), n.19085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al N. R.G. 2550/2019 proposto da:

F.D. e C.I., rappresentati e difesi

dall’Avvocato Stefano Polizzotto;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, domiciliato presso il proprio Ufficio in Roma, via

Baiamonti, n. 25;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Sezione

giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana n. 131/A/2018,

depositata il 22 giugno 2018.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 luglio 2020 dal Consigliere Dr. Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. Capasso Lucio, che ha chiesto

dichiararsi l’inammissibilità del proposto ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana conveniva in giudizio la Confesercenti di (OMISSIS), in persona del commissario straordinario, nonchè F.D. e C.I., rispettivamente presidente e dipendente del predetto ente all’epoca dei fatti contestati, al fine di ottenerne la condanna a titolo di responsabilità amministrativa per il danno causato all’Amministrazione regionale nella realizzazione di due progetti formativi relativi all’anno 2004.

Secondo la prospettazione del pubblico ministero contabile, i suddetti progetti sarebbero stati realizzati soltanto in parte e, nella gestione delle attività formative, sarebbero emerse, nel corso delle indagini, diverse irregolarità nella rendicontazione delle spese e dei pagamenti; inoltre, il F. e la C. si sarebbero appropriati di parte delle somme destinate alla realizzazione dei corsi di formazione.

2. – Con sentenza n. 2924/2012 del 18 luglio 2012, la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, accertava la sussistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, per l’affermazione della responsabilità amministrativa azionata dal pubblico ministero nei confronti dei convenuti, condannandoli in solido a rispondere del danno erariale di Euro 541.335,82 in favore della Regione Siciliana, oltre al risarcimento del danno all’immagine, quantificato in Euro 15.000.

3. – Disposta in appello una consulenza tecnica d’ufficio relativa alla regolarità o meno della rendicontazione e conferito, all’udienza del 18 maggio 2017, un nuovo incarico peritale ad altro consulente tecnico, la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana, con sentenza n. 131/A/2018, resa pubblica mediante deposito in segreteria il 22 giugno 2018, ha accolto parzialmente l’appello principale di F.D. e di C.I. e l’appello incidentale della Procura generale e, per l’effetto, ha condannato gli stessi, in solido tra di loro, in favore della Regione Siciliana, al risarcimento del danno di Euro 309.482,45, oltre accessori e spese, anche per l’espletamento della c.t.u. del Dott. I.S..

4. – Per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana, F.D. e C.I. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 24 e il 28 dicembre 2018, sulla base di un motivo.

Il Procuratore Generale rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti ha resistito con controricorso, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso.

5. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del proposto ricorso per la non riconducibilità delle denunciate violazioni asseritamente compiute dalla Corte dei conti al profilo della mancata erogazione della tutela giurisdizionale invocata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano violazione dei principi in materia di giurisdizione ed eccesso di potere giurisdizionale per omesso esercizio della giurisdizione e conseguente mancata erogazione della tutela giurisdizionale richiesta.

I ricorrenti censurano due passi della sentenza della Corte impugnata:

il primo, dove si afferma (pagg. 18-19) che il giudice contabile – rilevato che la consulenza tecnica del Dott. Q.B. aveva preso in considerazione anche la documentazione prodotta dal F. nel corso dell’espletamento dell’incarico peritale, diversa da quella depositata dinanzi all’Assessorato regionale, già sottoposta a sequestro; e preso atto che la relazione finale del Dott. Q. si basava anche su atti di parte, risultati introdotti nel corso del procedimento di appello in violazione del divieto di cui all’art. 345 c.p.c., riprodotto dall’art. 194 del codice di giustizia contabile – ha ravvisato la necessità di procedere a una nuova consulenza, affidata al Dott. I.S., incaricato di accertare, sulla base degli atti a suo tempo prodotti all’Assessorato regionale, se la rendicontazione delle somme e dei titoli di spesa possa o meno considerarsi regolare e se le relative spese possano ritenersi correttamente effettuate e quali siano coerenti con il fine pubblico della relativa provvista;

il secondo, dove si afferma (pag. 29) che il Collegio ha ritenuto di non dover tener conto della documentazione oggetto della relazione del primo consulente (Dott. Q.), prodotta dal F. direttamente al c.t.u. e, in tal modo, introdotta nel giudizio senza alcuna autorizzazione del giudice e in violazione del divieto di produzione di nuovi documenti in sede di appello.

Ad avviso dei ricorrenti, la decisione impugnata sarebbe errata in quanto non avrebbe rispettato le modalità, normativamente previste, in cui deve essere svolta l’attività di controllo della rendicontazione. I ricorrenti deducono che l’attività di controllo della rendicontazione è una procedura che si svolge nel contraddittorio tra le parti: richiamata la circolare n. 02/02 del 2 luglio 2002 dell’Assessorato regionale del lavoro, la circolare n. 06/04/FP dell’11 giugno 2004 dello stesso Assessorato e il vademecum del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la gestione e il controllo amministrativo-contabile delle azioni cofinanziate dal Fondo Sociale Europeo, essi censurano che, nel caso di specie, sia in fase di controllo amministrativo che nel corso del secondo accertamento peritale svoltosi avanti alla Corte dei conti non sarebbe stato garantito il diritto al contraddittorio e di partecipazione alla verifica contabile. In particolare, sarebbe stato leso il diritto, assicurato dalla normativa richiamata, di completare e integrare la documentazione a tal fine necessaria. Con tali limitazioni ed esclusioni la Corte dei conti non avrebbe assicurato ai ricorrenti la tutela giurisdizionale richiesta e quindi avrebbe violato i principi in materia di giurisdizione, incorrendo in eccesso di potere giurisdizionale per omesso esercizio della giurisdizione e conseguente mancata erogazione della tutela giurisdizionale richiesta.

2. – Il motivo è inammissibile.

3. – Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il ricorso per cassazione contro la decisione della Corte dei conti è consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicchè il controllo delle Sezioni Unite è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale. Ne consegue che, anche a seguito dell’inserimento della garanzia del giusto processo nella nuova formulazione dell’art. 111 Cost., l’accertamento in ordine ad errores in procedendo o ad errores in iudicando rientra nell’ambito dei limiti interni della giurisdizione, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui è stata esercitata (Cass., Sez. Un., 26 agosto 2019, n. 21692; Cass., Sez. Un., 19 marzo 2020, n. 7457).

Si è infatti chiarito (Cass., Sez. Un., 14 novembre 2018, n. 29285) che non ogni pretesa deviazione dal corretto esercizio della giurisdizione, sotto il profilo interpretativo ed applicativo del diritto sostanziale o di quello processuale, si risolve in un difetto di giurisdizione sindacabile ad opera della Corte di cassazione. E’ naturale che qualsiasi erronea interpretazione o applicazione di norme in cui il giudice possa incorrere nell’esercizio della funzione giurisdizionale, ove incida sull’esito della decisione, può essere letta in chiave di lesione della pienezza della tutela giurisdizionale cui ciascuna parte legittimamente aspira, perchè la tutela si realizza compiutamente se il giudice interpreta ed applica in modo corretto le norme destinate a regolare il caso sottoposto al suo esame. Non per questo, però, ogni errore di giudizio o di attività processuale imputabile al giudice è qualificabile come eccesso di potere giurisdizionale assoggettabile al sindacato della Corte di cassazione, quale risulta delineato dall’art. 111 Cost., comma 8, dall’art. 362 c.p.c. e art. 207 del codice di giustizia contabile, approvato con il D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174. Ne risulterebbe altrimenti del tutto obliterata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato di questa Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dissimile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario: ciò che la norma costituzionale e le disposizioni processuali dianzi richiamate non sembrano invece consentire.

E si è ribadito (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2018, n. 32773; Cass., Sez. Un., 9 aprile 2020, n. 7762) che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali o processuali, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione.

4. – Nello specifico, ciò di cui i ricorrenti si dolgono è che tanto in fase di controllo amministrativo, quanto nell’ambito del secondo accertamento peritale innanzi alla Corte dei conti, non sarebbe stato garantito il diritto al contraddittorio e di partecipazione alla verifica contabile della documentazione relativa ai progetti per i quali era stato ottenuto il finanziamento.

Per un verso, infatti, si sostiene che l’Assessorato regionale, nel procedere alla verifica della documentazione contabile, avrebbe omesso di informare preventivamente la Confesercenti di (OMISSIS) dell’effettuazione del controllo finanziario e contabile del rendiconto e non avrebbe mai richiesto chiarimenti o eventuali integrazioni documentali, sicchè l’ente non avrebbe avuto la possibilità di completare, integrare, regolarizzare la documentazione presentata agli organi di controllo nei modi e nei termini previsti dalla disciplina di settore.

Per l’altro verso, si addebita alla Corte dei conti di non avere garantito il diritto al contraddittorio e di partecipazione alla verifica contabile neppure in occasione delle operazioni peritali svolte dal c.t.u. Dott. I.: il giudice avrebbe errato nel ritenere non ammissibile la documentazione prodotta dal F. direttamente al primo consulente tecnico (Dott. Q.), perchè nel caso di specie non si tratterebbe di produzione di nuova documentazione in violazione dell’art. 194 del codice di giustizia contabile, ma di completamento ed integrazione di documentazione, attività che – affermano i ricorrenti – sarebbe legittimamente consentita dalle fonti normative (e necessitata dalla complessa verifica contabile).

4.1. – E’ evidente che la denuncia delle violazioni del diritto al contraddittorio assuntivamente occorse durante la verifica contabile e nel corso dell’accertamento peritale nell’ambito del giudizio dinanzi alla Corte dei conti non integra il vizio di eccesso di potere giurisdizionale per omesso esercizio della giurisdizione, sotto il profilo della mancata erogazione della tutela giurisdizionale richiesta.

Rimanendo nell’ambito dei confini della giurisdizione ad essa spettante, la Corte dei conti ha accertato l’esistenza del danno erariale subito dall’Amministrazione regionale, avendo rilevato che i progetti da essa finanziati erano stati realizzati soltanto in parte dalla Confesercenti di (OMISSIS) e che nella gestione delle attività formative erano emerse irregolarità gestionali sotto il profilo della rendicontazione delle spese e dei pagamenti.

La circostanza che al suddetto accertamento il giudice contabile sia pervenuto a seguito di “illegittime limitazioni ed esclusioni” procedimentali (come si assume, conclusivamente, a pag. 18 del ricorso) non determina la possibilità di sindacare in questa sede l’apprezzamento compiuto dalla Corte dei conti, costituendo esso espressione del potere di dicere ius in ordine alla domanda di responsabilità amministrativa sottoposta al suo esame.

Più in particolare, il non avere consentito ai convenuti nel giudizio contabile di completare ed integrare la documentazione rilevante per la verifica della rendicontazione, può, al più ed in ipotesi, rappresentare un errore endoprocessuale attinente al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata, ma non costituisce una violazione inerente all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa.

Al di là della formale autoqualificazione come motivo attinente alla giurisdizione, la censura articolata con il ricorso si risolve, tutta, nella denuncia di meri errores in procedendo o in iudicando compiuti dalla Corte dei conti, come tali non sindacabili dalle Sezioni Unite.

5. – Il ricorso è inammissibile.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante la posizione di parte solo in senso formale del Procuratore generale della Corte dei conti.

Il Procuratore generale, infatti, così come non può sostenere l’onere delle spese processuali nel caso di sua soccombenza, al pari di ogni altro ufficio del pubblico ministero, non può essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando, come nella specie, soccombenti risultino i suoi contraddittori.

6. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi del L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

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