Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19082 del 09/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19082 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: COLETTI DE CESARE GABRIELLA

SENTENZA

sul ricorso 3285-2011 proposto da:
S.A.C.A.I.M. – CEMENTI ARMATI ING. MANTELLI S.P.A.
03134600273 in liquidazione straordinaria, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 281/283,
presso lo studio dell’avvocato ROSSI GUIDO, che la
2013
1225

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

BORTOLUZZI ANDREA, giusta procura speciale notarile in
atti;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 09/08/2013

- I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA

17,

presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

LELIO, CALIULO LUIGI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

123/2010

della CORTE D’APPELLO

di VENEZIA, depositata il 16/08/2010 R.G.N. 345/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. GABRIELLA
COLETTI DE CESARE;
udito l’Avvocato ROSSI GUIDO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO,che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

avvocati SGROI ANTONINO, D’ALOISIO CARLA, MARITATO

Rilevato in fatto
Con ricorso al Tribunale di Venezia la società SACAIM spa, premesso di operare nel
settore dell’edilizia e della costruzione e ristrutturazione di immobili sull’intero territorio nazionale,
chiedeva l’accertamento del diritto al godimento della fiscalizzazione degli oneri sociali ai sensi del
del d.l. 15/1977, convertito nella legge 102/1977 ) e la condanna dell’INPS alla restituzione delle
somme versate al suddetto titolo.
Il Tribunale accoglieva la domanda richiamando i principi di cui alla sentenza di Cass.

manifatturiere, indipendentemente dalla loro mancata inclusione in tale ambito da parte della
classificazione ISTAT) per la natura ontologicamente manifatturiera della loro attività.
In riforma della sentenza di primo grado, impugnata dall’INPS, la Corte d’appello di
Venezia ha rigettato la domanda della SAICAM sulla base delle seguenti considerazioni: a)
soltanto con l’art..2, comma 4 d.l. n.14/1992 e con effetto dal 1 gennaio 1993 le imprese edili
erano state esplicitamente ricomprese tra le destinatarie della fiscalizzazione degli oneri sociali; e
tale esplicita previsione — per essere intervenuta in un contesto normativo che subordinava il
riconoscimento del beneficio contributivo all’essere l’impresa qualificata come manifatturiera nella
classificazione delle attività economiche predisposta dall’ISTAT (art.5 d.l. n.20/1979, convertito
dalla legge n.92/1979) — andava letta come significativa della volontà del legislatore di provvedere
innovativamente in materia, estendendo a un settore, quello delle imprese edili, benefici da cui in
precedenza queste imprese erano evidentemente escluse; b) la giurisprudenza della Corte di
cassazione non era univoca nel qualificare come manifatturiera l’attività svolta dalle imprese edili;
c) al complesso delle attività indicate nello schema di classificazione ISTAT come edilizie non
era connaturata la trasformazione delle materie prime in prodotto, tipica dell’attività manifatturiera,
per cui, anche in base al criterio c.d. ontologico, andava esclusa la riconducibilità al suddetto tipo di
attività di quella svolta dalla società appellata, consistente nella costruzione e ristrutturazione di
beni immobili. Per l’effetto la Corte di merito ha ritenuto assorbiti gli ulteriori profili della
impugnazione dell’INPS (consistenti nell’avere il Tribunale pronunciato su una domanda della
società inammissibile perché nuova, avendo ad oggetto benefici diversi da quelli espressamente
richiesti nel ricorso introduttivo e nell’avere, comunque, attribuito alla SAICAM somme superiori a
quelle spettanti) e infondato l’appello incidentale della SAICAM, riferito al mancato
riconoscimento, da parte della sentenza di primo grado, del maggior danno da svalutazione
monetaria sulla somma riconosciuta a suo favore.
1

n.7187/2001, in base ai quali le imprese operanti nel settore dell’edilizia debbono essere qualificate

Per la cassazione di questa sentenza la SACAIM s.p.a. , oggi in amministrazione controllata,
ha proposto ricorso fondato su cinque motivi, illustrati con successiva memoria. L’INPS resiste con
controricorso.
Considerato in diritto
Nel primo motivo, con denuncia di violazione dell’art.5 d.l. 20/79 conv. in legge 92/79,

omessa motivazione (artt.360 nn. 3 e 5 c.p.c.) la società ricorrente censura come errata e illegittima
l’affermazione della Corte d’appello secondo cui la volontà del legislatore di escludere le imprese
edili dal beneficio della fiscalizzazione emergerebbe automaticamente dal richiamo, contenuto
nell’art.5 d.l. 20/79, allo schema di classificazione ISTAT che non considera manifatturiere le
imprese in parola. Assume al riguardo che i principi, del tutto pacifici, da applicare per individuare
le imprese beneficiarie della fiscalizzazione “attraverso” il richiamo alla classificazione ISTAT,
sono quelli per cui occorre preliminarmente verificare l’intrinseca natura dell’attività di impresa
(c.d. nozione ontologica) ed eventualmente, disapplicare, per illegittimità, la classificazione, ove la
relativa interpretazione non consenta di pervenire a conclusioni coerenti con i risultati di quella
verifica. Poiché nella specie, la sentenza di primo grado aveva fatto espresso richiamo al precedente
specifico della Corte di cassazione (Cass. 7187/2001) che aveva esplicitamente qualificato come
manifatturiere le imprese edili, la Corte d’appello, per escludere la SACAIM dal ripetuto beneficio,
avrebbe dovuto accertare — e tanto non è avvenuto — che 1′ attività edile da essa svolta (consistente,
come riferito nel ricorso introduttivo, nella costruzione e ristrutturazione di beni immobili) non è
“ontologicamente” manifatturiera.
Nel secondo motivo, con deduzione di violazione degli artt. 1362 e segg. Cod. civ.,
nell’interpretazione della classificazione ISTAT del 1991 e del 2002, si sostiene che la Corte
territoriale, invece che fare riferimento al codice 45 21 (costruzione di edifici e lavori di ingegneria
civile) corrispondente, nello schema di classificazione ISTAT, all’attività pacificamente svolta
dalla SAICAM, ha preso in considerazione attività inquadrate in classi e gruppi diversi,
confondendo in un unico e indistinto “calderone” le diverse ed eterogenee attività corrispondenti
alle definizioni delle varie classi e divisioni che formano la sezione “Costruzioni” nella
classificazione ISTAT.
Nel terzo motivo, ulteriormente denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1
d.l. n.15/77, dell’art.5, d.l. n.20/79, nonché dell’art.2, comma 4, d.l. 12/93 (conv. in legge n.151/93),
sostiene la ricorrente che la vicenda legislativa non è interpretabile nei sensi di cui alla sentenza
impugnata. La circostanza che la legge 102/77, di conversione del d.l. 15/1977, abbia rimosso l’ivi

2-

dell’art.1 d.l. n. 15/77 conv. in legge n. 102/77, dell’art.2697 c.c., dell’art. 115 c.p.c. e di vizio di

prevista espressa esclusione delle imprese edili dal novero delle beneficiarie della fiscalizzazione,
indicando come tali le “imprese manifatturiere ed estrattive”, mostra come non vi fosse ab origine
alcuna preclusione verso l’attività edile. E’ solo l’art.5 del d.l. 20/1979 a specificare che le imprese
manifatturiere ed estrattive vanno individuate in base alla classificazione ISTAT .
Conseguentemente, al momento della entrata in vigore della legge 102/77 era necessario, per
definire l’ambito di applicazione del beneficio contributivo controverso, fare riferimento alla
nozione c.d. ontologica di “impresa manifatturiera”, onde nessuna rilevanza possono assumere, per

giurisprudenza di legittimità chiarito che gli atti ISTAT di classificazione vanno disapplicati nel
caso di mancato rispetto del suddetto dato ontologico.
Nel quarto motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del!’ art.12
preleggi, dell’art. 1 d.l. n.15/77 e dell’art.2, comma 4, d.l. 12/93, osservando che tale ultima
disposizione legislativa è inidonea a comprovare ex post

l’esclusione delle imprese edili dal

novero delle beneficiarie della fiscalizzazione di cui al d.l. n.15/77, vietando l’art. 12 delle preleggi
di ricostruire la voluntas legis sulla base di norme sopravvenute . Inoltre dal testo legislativo non
emerge la volontà di “estendere” il beneficio della fiscalizzazione anche alle imprese edili sul
presupposto che fino a quel momento non ne avessero beneficiato: la norma si limita infatti ad
individuare pro futuro la misura dei contributi a favore del servizio sanitario nazionale mentre nulla
dispone né per il passato né per il futuro in ordine agli oneri sociali diversi dai contributi a favore
del SSN.
Nel quinto motivo la sentenza d’appello è censurata per vizio di motivazione con riguardo
• ai precedenti giurisprudenziali (Cass. n.669/1990 e n.1335/1993) che la stessa considera difformi
da quella posta dal giudice di primo grado a fondamento della propria decisione ( Cass. n. 7187/01)
sostenendo la ricorrente tali precedenti contengono, invece, ulteriori argomenti a favore
dell’accoglimento delle domande attoree.
Il ricorso, i cui motivi si trattano congiuntamente per la loro evidente connessione logicogiuridica, non è fondato.
L’art.1,comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 1977 n.15, recante norme peri! contenimento
del costo del lavoro, stabiliva che per l’ivi indicato periodo (da rfebbraio 1977 e fmo al 31 gennaio
1978) ” ..alle imprese industriali ed artigiane, escluse quelle edili ed affini …” era concesso un
credito mensile, da portare a conguaglio con gli importi contributivi dovuti agli enti di
assicurazione contro le malattie (indicati nel comma 3 della stessa disposizione normativa).
Nel convertire tale provvedimento l’art. 1 della legge aprile 1977 n.102 ne modificava
l’art. 1 sopprimendo, per quanto qui interessa, al primo comma le parole “alle imprese industriali

escludere le imprese edili, né l’art. 1 del d.l. 15/77, né l’art.5 d.1.20/79 , quest’ultimo avendo la

ed artigiane, escluse quelle edili ed affini n e sostituendole con le altre” alle imprese manifatturiere
ed estrattive”.
Successivamente, con il decreto-legge 30 gennaio 1978 n.15, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 marzo 1978 n.75, il “credito contributivo” di cui all’ art. i , comma 1, d.l. n.15/1977
veniva riconosciuto per un periodo ulteriore (rispetto a quello inizialmente previsto) fmtanto che il
decreto legge 6 luglio 1978 n.353, convertito, con modificazioni, nella legge 5 agosto 1978 n.502 —

di cui all’art. i del decreto legge 7 febbraio 1977 n.15, convertito, con modificazioni, nella legge 7
aprile 1977 n.102″, nonché delle imprese di cui all’art. i della legge 8 agosto 1977 n.573 (ovverosia
le imprese commerciali di cui alle leggi 10 maggio 1976 n.377 e 17 febbraio 1971 n.127, nonché le
imprese alberghiere e pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande di cui alle
leggi 10 maggio 1976 n.377 e 17 febbraio 1971 n.127) prevedendo, in loro favore e per l’ivi
indicato periodo , una riduzione (e, addirittura, per i dipendenti di sesso femminile, l’esenzione)
dei contributi per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie e il diritto dei datori di lavoro di
dedurre l’importo degli sgravi dai contributi dovuti agli enti pubblici gestori dell’assicurazione
contro le malattie.
E’ in questo quadro normativo che si inserisce il decreto legge 30 gennaio 1979 n.20,
convertito, con modificazioni, nella legge 31 marzo 1979 n.92, anch’esso recante norme per il
contenimento del costo del lavoro.
Determinante, ai fini della soluzione della questione portata all’esame della Corte,è il
confronto tra il dato testuale della previsione dell’ art. 1, comma 1, del decreto legge n.20/1979 e
quello della disposizione — modificativa dello stesso comma 1 — di cui all’art. i della legge di
conversione n.92/1979.
Inizialmente, invero, il suddetto provvedimento normativo (art. l, comma 1, decreto-legge)
nell’estendere ulteriormente la proroga del termine previsto dal (convertito) d.l. n.353/1978 per la
fruizione della riduzione contributiva concessa — come già visto tra le altre – alle imprese di cui
all’art. i del (convertito) di. n.15/1977 — dunque alle imprese manifatturiere ed estrattive (giusta la
modificata dizione dell’art. i appena citato) — ampliava la platea delle imprese destinatarie del
beneficio prevedendo che, nel periodo di proroga del termine in questione, ne beneficiassero,
altresì, le imprese costituite in forma di società per azioni che esercitassero in forma industriale,
mediante una complessa organizzazione tecnico-amministrativa, l’attività di progettazione di
impianti industriali, le aziende idrotermali, nonché le imprese di distribuzione e noleggio di films e
di esercizio delle sale cinematografiche.

sempre in funzione di contenimento del costo del lavoro — interveniva nei confronti delle ” imprese

In sede di conversione ad opera della legge n.92/1979, peraltro, il testo della disposizione
appena adottata subisce (per quanto qui interessa) una decisiva modifica: il legislatore inserisce,
infatti, tra le destinatarie della riduzione contributiva, le imprese artigiane, mentre espressamente
ne esclude l’ applicazione alle “imprese edili ed affini”.
In definitiva, quindi, in base alla legge di conversione, beneficiarie della riduzione
contributiva sono da considerare, ai sensi dell’art. l, comma 1, del d.l. n.20/1979 le imprese

1977, le imprese artigiane e le imprese specificamente e partitamente elencate nello stesso art.1,
comma 1.Sono, viceversa, escluse dall’applicazione della riduzione contributiva le imprese edili.
Contemporaneamente la legge di conversione aggiunge una disposizione (art.5)
all’evidenza intesa a chiarire, per volontà dello stesso legislatore, quali siano le imprese
manifatturiere ed estrattive , indicate nel convertito d.l. n.15/1977, cui torna applicabile il beneficio
contributivo previsto e via via prorogato, quanto al periodo di sua fruizione, dalla legislazione
precedente. Dispone, infatti, testualmente l’art.5 che ” Le imprese manifatturiere ed estrattive di cui
all’art. l, primo comma, del D.L. 7 febbraio 1977 n.15, convertito con modificazioni nella L. 7
aprile 1977 n.102, sono individuate con riferimento alla classificazione delle attività economiche
predisposta dall’Istituto centrale di statistica”.
Orbene, una lettura di questo complesso di disposizioni che tenga conto del loro dato
testuale e altresì del criterio interpretativo, altrettanto essenziale, costituito dalla 91i2 della vicenda
legislativa sopra richiamata, induce alle seguenti conclusioni ermeneutiche.
La circostanza che, nel convertire il d.l. n.15/1977, la legge n. 102/1977 abbia indicato come

destinatarie del previsto credito contributivo le imprese manifatturiere ed estrattive, non significa,
di per sé, che il beneficio sia applicabile alle imprese

“edili ed affini”, ove si consideri che il

legislatore, nei vari provvedimenti in cui tali imprese sono menzionate, ne tratta sempre in modo
distinto e differenziato rispetto alle imprese estrattive e manifatturiere come dimostra,
inequivocamente, il testo dell’art. , comma 1, della legge n.92/1979. Dal delineato quadro
normativo è quindi, semmai, argomentabile il contrario, l’intento cioè del legislatore di escludere
— e di voler continuare ad escludere – le imprese edili dall’ambito dell’applicazione del beneficio
contributivo relativo ai contributi per malattia.
La conseguenza, sul piano interpretativo, è che alla disposizione contenuta nell’art. 5 della
stessa legge n.92/1979, non può attribuirsi il significato, preteso dalla società ricorrente, di un
assimilazione delle attività da essa espletate come impresa edile a quelle manifatturiere in ragione
della natura “ontologicamente” manifatturiera delle attività stesse. Invero, una volta escluse le
imprese edili dall’area soggettiva di applicazione del beneficio della fiscalizzazione, il suddetto

manifatturiere ed estrattive di cui al (convertito) n.15/1977, le imprese di cui alla legge n.573 del

art.5 deve di necessità leggersi in modo da risultare, con tale previsione, coordinato e coerente;
pertanto laddove la norma prescrive che le aziende manifatturiere ed estrattive destinatarie del
beneficio in questione sono individuate con riferimento alla classificazione delle attività
economiche predisposta dall’ ISTAT, l’operato rinvio non può altrimenti intendersi se non nel
senso di non ricomprendere in quell’ambito le imprese edili e le attività dalle medesime comunque
svolte.

pretendere di fondare sulle disposizioni dettate dalle leggi n.102/1977 e n.92/1979 il diritto alla
fiscalizzazione reclamato in giudizio.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
In considerazione della complessità delle questioni giuridiche trattate e del diverso esito dei
giudizi di merito si compensano tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa fra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2013
IVCons. estensore

Il Presidente

E poiché la società ricorrente è, per sua stessa definizione, un’ impresa edile, non può

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