Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19080 del 19/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/09/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 19/09/2011), n.19080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4717-2007 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 6,

presso lo studio dell’avvocato MACRO RENATO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MONICI ALFREDO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – SEDE

(OMISSIS); I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,

SEDE DI (OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti pro

tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati FABIANI GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta

delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 38/2006 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 09/02/2006 R.G.N. 540/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato MARCHIO FRANCESCO per delega MONICI ALFREDO;

udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA per delega TRIOLO VINCENZO ;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

O.A. ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto alla indennità di maternità per astensione obbligatoria per il periodo dal 14.10.1991 al 14.3.1992, durante il quale aveva prestato attività di bracciante agricola alle dipendenze dei suoceri, diritto che le era stato negato dall’INPS sull’assunto che il rapporto instaurato tra le parti doveva considerarsi di collaborazione familiare. Il Tribunale di Patti ha rigettato la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Messina, che ha ritenuto che non fosse stata dimostrata resistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato, non essendo sufficiente a tal fine l’iscrizione dell’interessata nell’elenco dei lavoratori agricoli e non essendo emersi elementi certi in ordine all’esistenza della subordinazione neppure dalla prova testimoniale.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione O.A. affidandosi a tre motivi di ricorso cui resiste con controricorso l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. n. 1204 del 1971, art. 15, comma 1 come modificato dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 63, comma 2 e del D.L. n. 7 del 1970, art. 7, n. 5) conv. in L. n. 83 del 1970, sul rilievo che l’INPS avrebbe contestato solo genericamente, e solo con riferimento alle prestazioni lavorative effettuate nel 1991, l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, la cui esistenza era stata invece dimostrata con la produzione del certificato di iscrizione negli elenchi anagrafici sia per il 1990 che per il 1991.

2.- Con il secondo motivo si lamenta omessa motivazione e violazione dell’art. 416 c.p.c., sul rilievo che l’eccezione di insussistenza del rapporto di lavoro subordinato avrebbe dovuto essere respinta anche perchè l’Istituto si era costituito tardivamente in giudizio, con tutte le conseguenze previste dall’art. 416 c.p.c., limitandosi ad una generica contestazione dell’esistenza del rapporto di lavoro.

3.- Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. sostenendo che la dimostrazione dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato era stata fornita dalla ricorrente sia documentalmente che a mezzo della prova testimoniale.

4.- Tali motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra loro, sono infondati. In materia di prestazioni lavorative rese in ambito familiare, e specificamente di attività lavorativa compiuta in agricoltura da parte di parenti o affini, questa Corte ha già precisato che la parte che fa valere in giudizio diritti derivanti da tali rapporti è tenuta ad una prova rigorosa degli elementi costitutivi della subordinazione e della onerosità, non essendo sufficiente a tal fine la mera prestazione di tale attività lavorativa, ed essendo invece richiesta la prova degli elementi sintomatici della subordinazione, cioè il rispetto dell’orario e l’inserimento nella struttura organizzativa del datore di lavoro, ovvero di elementi idonei a dimostrare almeno un nesso di corrispettività tra prestazione lavorativa e obbligazione retributiva, nonchè l’esistenza di direttive e controlli datoriali (cfr. da ultimo Cass. n. 8070/2011, nonchè Cass. n. 9043/2011).

Questa Corte, del resto, aveva già affermato che nelle controversie aventi ad oggetto il diritto alle prestazioni previdenziali previste a favore dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura, l’iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli può assumere valore di prova della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato. La certificazione in merito all’iscrizione in detti elenchi non integra peraltro una prova legale nè è assistita da una presunzione di legittimità in senso proprio, con la conseguenza che, in caso di allegazione da parte dell’ente previdenziale di elementi probatori la cui valutazione possa far sorgere dubbi circa l’effettiva sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, quali i verbali di accertamento ispettivi o la sussistenza di un rapporto di parentela, affinità o coniugio tra le parti del rapporto (pur in difetto di convivenza), il giudice deve comparare e apprezzare prudentemente tutti i contrapposti elementi probatori acquisiti alla causa (Cass. n. 16585/2004, Cass. n. 506/2004, Cass. n. 18400/2003, Cass. sez. unite n. 1133/2000).

Nella specie, la decisione impugnata si è attenuta a tali principi, atteso che l’affermazione dell’inesistenza del presupposto del diritto alla prestazione previdenziale, costituito dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, è conseguita alla valutazione delle risultanze istruttorie operata dai giudici di merito, nonchè alla ritenuta carenza di elementi probatori certi in ordine alla esistenza degli elementi idonei a configurare tale rapporto, ed in particolare in ordine all’esistenza dei requisiti indefettibili della onerosità e della effettiva subordinazione.

L’accertamento ha riguardato, dunque, tutti gli elementi distintivi sopra richiamati, quali l’orario di lavoro, la retribuzione, la soggezione alle direttive datoriali; e, a fronte dell’apprezzamento dei giudici di merito, la ricorrente ha contrapposto, inammissibilmente, una propria valutazione, che presuppone il riesame delle risultanze istruttorie e della scelta operata dal giudice del merito circa l’attendibilità e la rilevanza delle prove in esame (cfr. ex plurimis Cass. n. 11933/2003, nonchè Cass. n. 8070/2011 cit.).

Nè vale opporre – come fa la ricorrente con i primi due motivi – che l’Istituto si sarebbe costituito tardivamente nel giudizio di primo grado ed avrebbe contestato solo genericamente, e parzialmente, l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, giacchè, come è stato già precisato da questa Corte – cfr. ex plurimis Cass. n. 21073/2007 – la preclusione di cui all’art. 416 c.p.c., comma 2 ha ad oggetto le sole eccezioni in senso proprio e non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese, ossia alla contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi allegati dalla controparte a sostegno della pretesa, qual è anche la contestazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel giudizio avente ad oggetto il diritto ad una prestazione previdenziale derivante da tale rapporto (cfr. Cass. sez. unite n. 1133/2000 cit.); laddove la mancata contestazione o la contestazione generica possono assumere rilevanza solo se sono specifiche le allegazioni dell’attore, e comunque non quando queste riguardino espressioni qualificatorie o definitorie (Cass. n. 10111/2006) o circostanze che implicano un’attività di giudizio (Cass. n. 11108/2007), di tal che la ricorrente, anche al fine di far rilevare la genericità o la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto da lei azionato, avrebbe dovuto anzitutto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, riprodurre integralmente il contenuto sia del ricorso introduttivo sia delle eccezioni e delle difese del convenuto, onere al quale non ha invece ottemperato, restando in tal modo impedita a questa Corte ogni valutazione circa la fondatezza e la decisività della questione proposta.

5.- Il ricorso deve essere dunque rigettato con la conferma della sentenza impugnata. Non deve provvedersi sulla spese del presente giudizio di legittimità, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla modifica introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2011

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