Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1908 del 25/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 1908 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: LEO GIUSEPPINA

SENTENZA

sul ricorso 22244-2011 proposto da:
SIRIO – SICUREZZA INDUSTRIALE S.C.P.A. (già SIRIO
CONSORZIO

PER

LA

SICUREZZA

INDUSTRIALE)

C.F.

05325740016, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, 19 presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE
2016
3998

LUCA TAMAJO, (STUDIO TOFFOLETTO) che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati LUCA ROPOLO, DIEGO
DIRUTIGLIANO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 25/01/2018

OLIVETTA CRISTIAN C.F. LVTCTN77A06D938C, domiciliato
in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ADRIANO LESCA, giusta delega in atti;
– controricorrente –

di TORINO, depositata il 15/03/2011 R.G.N. 863/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

22/11/2016

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LEO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso e in subordine
rigetto.

avverso la sentenza n. 131/2011 della CORTE D’APPELLO

R.G. n. 22244/11
Udienza del 22 novembre 2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

della S.c.p.a. Sirio Sicurezza Industriale (già Sirio-Consorzio per la Sicurezza
Industriale) con mansioni di sorvegliante – volto all’accertamento
dell’illegittimità del comportamento della società datrice di lavoro, consistito nella
violazione delle disposizioni contenute nell’Accordo sindacale 11/4/2000 alla
voce “Mensa -, per i diversi periodi durante i quali il medesimo ha prestato
servizio presso la TEKSID Crescentino e, successivamente, presso il Centro FIAT
di Balocco; ed altresì all’accertamento del proprio diritto ad usufruire del servizio
di ristorazione alle stesse condizioni, anche di costi, previste per i lavoratori
dipendenti del Gruppo Fiat e. comunque. attuate normalmente dal Consorzio Sirio
presso altri stabilimenti, con conseguente condanna del Consorzio al risarcimento,
in favore di esso ricorrente, dei danni subiti in seguito agli esborsi effettuati a
titolo di spese per la consumazione dei pasti, oltre interessi e spese di lite.
La Corte di Appello della stessa sede, con sentenza depositata in data 15/3/2011,
accoglieva il gravame interposto dal lavoratore avverso la predetta sentenza e
condannava la Sirio a corrispondere, per i suddetti titoli, allo stesso la somma di
Euro 6.607,50 oltre accessori di legge.
Per la cassazione della sentenza la Sirio Sicurezza Industriale S.c.p.a. ha
proposto ricorso sulla base di tre motivi ulteriormente illustrati da memoria ai
sensi dell’art. 378 del codice di rito.
L’Olivetta ha resistito con controricorso.
11 Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

1

11 Tribunale di Torino respingeva il ricorso di Oli vetta Cristian – dipendente

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la Sirio Sicurezza Industriale S.c.p.a. denuncia, in
riferimento all’art. 360, primo comma. n. 3 c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1371 c.c., lamentando, in

dell’Accordo 11/4/2000, abbia erroneamente applicato le predette norme di
legge, non avendo dato puntuale rilevanza alla premessa riportata
dall’Accordo, alla stregua della quale “Le parti si sono incontrate per definire
alcune situazioni di fatto preesistenti nelle società di provenienza del
personale ora appartenente al Consorzio Sirio e per le quali, alla luce della
configurazione di natura consortile della società, si ritiene opportuna una loro
omogeneizzazione”.
2. Con il secondo motivo la società datrice di lavoro deduce, sempre in
riferimento all’art. 360. primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362. 1363. 1366 e 1371 c.c. e si duole, in via di
subordine (v. pag. 5 della Memoria ex art. 378 c.p.c.), del fatto che la Corte
territoriale, nel dare corso al processo ermeneutico relativo all’intesa
11/4/2000, di cui si tratta, abbia erroneamente applicato le norme di legge di
cui ai citati articoli del codice civile anche laddove ha affermato che la
predetta intesa avrebbe imposto alla Sirio, relativamente alle modalità di
fruizione del servizio di ristorazione, di tenere un comportamento conforme
in tutto l’ambito territoriale nel quale opera il personale della società, senza
limitazione alle unità produttive ubicate nell’ambito del Comprensorio
territoriale torinese; in tal modo escludendo che un accordo aziendale
stipulato con le sole strutture territoriali possa avere una efficacia limitata
all’ambito territoriale di cui le predette rappresentanze sindacali sono

particolare, che la Corte territoriale, nel procedere all’interpretazione

espressione, ed enfatizzando il dato ermeneutico rappresentato dal concetto
di accordo aziendale e, come tale, valevole per tutta l’azienda.
3. Con il terzo motivo viene denunciato, in riferimento all’art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c., la omessa motivazione circa un fatto controverso e

omesso di prendere in considerazione la tesi propugnata dalla Sirio, volta a
riconoscere nella dichiarazione sottoscritta dalle parti in data 23/2/2006, una
efficace disdetta di quanto in precedenza pattuito dalle parti relativamente
alla ristorazione.

4. I primi due motivi — che possono essere trattati congiuntamente, in quanto
entrambi attinenti, nella sostanza, alla lamentata errata interpretazione, da
parte della Corte distrettuale, dell’Accordo 11/4/2000 — sono inammissibili.
Va, innanzitutto, premesso che l’Accordo denunciato non è un contratto
collettivo nazionale in ordine al quale la Corte procede alla diretta
interpretazione (cfr., in particolare. Cass. nn. 6335/2014, 17248/2015); ma,
appunto in quanto Accordo non nazionale, nel caso in cui se ne deduca la
errata interpretazione, occorre la denuncia della violazione dei canoni
ermeneutici (cfr, tra le molte, Cass. n. 21888/2016).
La parte ricorrente non ha invece specificato i canoni ermeneutici che
sarebbero stati violati e si è limitata a rimettere alla Corte di legittimità

l’interpretazione

della disciplina di cui si tratta, mentre, ai fini

dell’ammissibilità del ricorso, è necessario, come già innanzi precisato, che
in esso siano motivatamente specificati i canoni ermeneutici negoziali in
concreto violati, nonché il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia
discostato da essi (cfr., ancora, Cass. n. 21888/2016, cit.).

3

decisivo per il giudizio; in particolare, si lamenta che la Corte torinese abbia

Nella fattispecie manca, invece, la focalizzazione del momento di conflitto,
rispetto alle censure sollevate, dell’accertamento concreto operato dalla Corte di
merito all’esito delle emersioni probatorie (cfr., ex plurimis, Cass. n. 24374 del
2015; Cass. n. 80 del 2011) e le doglianze mosse al procedimento di sussunzione

tutto inammissibili e sfornite di qualsiasi delibazione probatoria.
A fronte di tali lacune che i suddetti mezzi di impugnazione presentano, nella
sentenza oggetto del giudizio di legittimità correttamente si afferma che il testo
dell’Accordo 11/4/2000 sia di assoluta chiarezza nello stabilire che, da una parte,
il Consorzio Sirio si è obbligato a favorire l’accesso dei propri dipendenti ai
servizi di ristorazione esistenti presso le società committenti, cioè ad adoperarsi
presso queste ultime affinché a tali servizi vengano ammessi anche i sorveglianti
dipendenti del Consorzio; dall’altra, il Consorzio si è obbligato a fornire ai propri
dipendenti in tutti i casi di impossibilità di accesso al servizio mensa, un
sostitutivo del pasto (“sacchetto – o rimborso forfetario della relativa spesa),
indipendentemente dall’orario di lavoro osservato e senza eccezioni di sorta.
5. Anche il terzo motivo, così come formulato relativamente al dedotto vizio di
motivazione, è inammissibile.
Invero, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica con
precisione il fatto storico (Cass. n. 10551 del 2016), con carattere di decisività,
che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello
avrebbe omesso di esaminare o rispetto al quale sussisterebbe insufficienza e
contraddittorietà della motivazione, posto che l’art. 360, primo comma, n. 5,
c.p.c., nella formulazione che risulta dalle modifiche apportate dal d. 1.gvo n.
40/2006, applicabile alla fattispecie

rutione temporis, prevede l'”omessa,

insufficiente o contraddittoria motivazione” con riferimento ad un fatto

4

operato dai Giudici di seconda istanza si risolvono in considerazioni di fatto del

controverso e decisivo per il giudizio – , laddove il testo previgente riferiva il
medesimo vizio ad un “punto decisivo della controversia”. Ed i “fatti”
relativamente ai quali assume rilievo il vizio di motivazione sono “i fatti
principali”, ossia i fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi del diritto

10551 del 2016, cit.); ma, in ogni caso, non può ritenersi che il “fatto” sia
equivalente ad una questione o argomentazione, perché queste ultime non
attengono ad un preciso accadimento o ad una circostanza precisa ”da intendersi
in senso storico-naturalistico” e, dunque, appaiono irrilevanti, con conseguente
inammissibilità delle censure irritualmente formulate al riguardo.
Peraltro, con riferimento al vecchio testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, del
codice di rito, i costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte hanno
più volte sottolineato la necessità del rigoroso rispetto degli artt. 366, primo
comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., precisando, appunto, che il
ricorrente deve indicare il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato”
testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come – ed il “quando” tale
fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti nonché la “decisività – dello stesso
(al riguardo, è altresì da osservare che tale orientamento è stato pure ribadito dalla
pronunzia delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014, con riferimento al vigente testo
dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., introdotto con il dl. n. 83 del 2012
convertito, con modificazioni. nella 1. n. 134 del 2012). Prescrizioni, tutte, che la
parte ricorrente ha mancato di osservare nella formulazione del mezzo di
impugnazione.
6. Per tutto quanto esposto, il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

5

controverso come individuati all’art. 2967 c.c., ovvero i fatti secondari” (Cass. n.

7. Le spese — liquidate come in dispositivo e da distrarre. ai sensi dell’art. 93
c.p.c., in favore del difensore di Olivetta Cristian, avv. Adriano Lesca,
dichiaratosi antistatario — seguono la soccombenza.
P.Q.M.

delle spese del giudizio di legittimità. liquidate in Euro 3.100,00, di cui Euro
100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di
legge, da distrarre.
Così deciso i Roma, 22 novembre 2016

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento

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