Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19073 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 16/07/2019), n.19073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11878-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso gli Uffici dell’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentata e difesa

dall’Avvocato ROSSI DOMENICO;

– ricorrente –

contro

CONGREGAZIONE SUORE CARMELITANE DI SANTA TERESA DI TORINO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5965/16/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 17/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

Roma Capitale propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello proposto dalla Congregazione delle Suore Carmelitane di S. Teresa di Torino avverso la sentenza n. 7716/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento ICI 2011 relativo ad immobile posseduto dall’Istituto religioso ed adibito a casa per ferie;

la Congregazione è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con l’unico motivo del ricorso l’Ente locale lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7,comma 1, lett. i), avendo il giudice di merito riconosciuto spettante l’esenzione reclamata nonostante mancasse nella fattispecie la condizione inerente al c.d. “requisito oggettivo”, non avendo l’Istituto religioso dimostrato che le attività ricettive esercitate nell’unità immobiliare in questione fossero svolte esclusivamente con modalità non commerciali;

1.2. il motivo è fondato in quanto la sentenza impugnata non è coerente con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte;

1.3 in relazione all’accertamento impugnato relativo all’anno 2011, ed al suo oggetto, è opportuno dar conto della successione delle norme in materia;

1.4. per l’anno 2005, tenuto conto anche del disposto del comma 2 del citato art. 7, secondo cui l’esenzione spetta per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, risulta applicabile il testo originario del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), a mente del quale sono esenti dall’imposta “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al TUIR, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87 (ora 73), comma 1, lett. c), e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)”, tali essendo, definite come attività di religione o di culto, quelle dirette all’esercizio del culto e alla curà delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana;

1.5. per il periodo dal 3 dicembre, data di entrata in vigore al D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2-bis, quale introdotto dalla legge di conversione n. 248/2005, atteso il carattere innovativo della citata disposizione ad esso riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, (cfr., tra le altre, Cass. n. 14530/2010 e Cass. n. 14795/2015) avrebbe trovato applicazione la norma succitata, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse;

1.6. tale ultima norma è stata dopo breve tempo sostituita dal D.L. n. 223 del 2006, art. 39, convertito, con modificazioni, nella L. n. 248 del 2006, anch’essa riconosciuta come avente carattere innovativo, che ha stabilito che “l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale”, che trova applicazione per il periodo dell’accertamento successivo all’entrata in vigore (4 luglio 2006) del citato decreto;

1.7. la ragione della pressochè immediata sostituzione del testo introdotto dal D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2-bis, quale convertito nella L. n. 248/2005 sta nell’avere essa previsto una disciplina in contrasto con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato e con le regole sulla concorrenza;

1.8. ciò premesso, nella fattispecie, l’esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che le attività in oggetto, di natura ricettiva, (cfr. già, nel vigore della norma originaria, Cass. sez. 5, 8 marzo 2004, n. 4645), a seguito della modifica di cui al citato D.L. n. 223 del 2006, non avessero natura esclusivamente commerciale;

1.9. tali conclusioni sono state ribadite dalla giurisprudenza di questa Corte (tra cui, in particolare, Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5041 e Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1436, con specifico riferimento ad attività ricettive svolte da Istituti religiosi, oltre a numerose pronunce riferite all’esercizio di attività didattica con pagamento di rette);

1.10. ne consegue che il fatto, ammesso pure dalla stessa sentenza impugnata, della destinazione dell’attività ricettiva anche per i normali fruitori con collocazione dell’offerta sul mercato di tutti i possibili utenti, è rivelatore dell’esercizio dell’attività con modalità commerciali, ciò che non è escluso neppure dal fatto che per uno degli anni oggetto di accertamento il bilancio sia stato chiuso in perdita;

1.11. nel caso di specie la CTR si è limitata ad affermare, con riguardo alla sussistenza dei predetti requisiti, che le rette versate per l’ospitalità nella struttura erano di gran lunga inferiori alle tariffe medie degli alberghi di Roma e che inoltre la struttura, posta “al di fuori dei normali canali commerciali e promozionali”, era gestita da tre religiose senza retribuzione perchè appartenenti alla congregazione ed in caso contrario “non si sarebbero coperti neppure i costi per il personale… per le utenze, di pulizia e manutenzione della struttura);

1.12. il Giudice di merito, al fine di accertare con criteri di rigorosità, se le predette attività fossero in concreto esercitate con modalità commerciali, avrebbe dovuto verificare, seguendo le indicazioni tracciate dalla Circ. Min. n. 2/DF del 2009, citata dalla ricorrente, non solo il fatto che le cosiddette “rette” fossero di importo significativamente ridotto rispetto ai “prezzi di mercato” (con il chiaro richiamo alla necessità che l’attività in

questione non alteri il regime di libera concorrenza, per evitare che l’esenzione tramuti in “aiuto di stato”), ma anche l’esistenza di determinate caratteristiche della “clientela” ospitata nella struttura ricettiva e la durata dell’apertura della struttura durante l’anno solare;

1.13. in particolare, per la cosiddetta “ricettività turistica non alberghiera”, dall’esame delle disposizioni che disciplinano la materia – in particolare la L. 21 marzo 1958, n. 326, che regola i complessi ricettivi complementari a carattere turistico-sociale, attuata con il D.P.R. n. 20 giugno 1961, n. 869, le disposizioni regionali sulla ricettività complementare o secondaria, che fissano le caratteristiche delle strutture, la tipologia dei gestori e la tipologia degli utenti – risulta che, per ottenere l’esenzione dall’Ici, per la “ricettività turistica” sono richieste l’accessibilità limitata, come regolata dalle prescrizioni delle leggi regionali, il che avviene, in particolare, quando l’accessibilità non è rivolta ad un pubblico indifferenziato ma ai soli destinatari propri delle attività istituzionali (ad esempio: alunni e famiglie di istituti scolastici, iscritti a catechismo, appartenenti alla parrocchia, membri di associazioni), e la discontinuità nell’apertura, in quanto, proprio per la sua natura, l’attività ricettiva non deve, infatti, essere svolta per l’intero anno solare;

1.14. ne consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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