Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19072 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. II, 06/07/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 06/07/2021), n.19072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16605/2016 R.G. proposto da:

L.S., c.f. (OMISSIS), rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale a margine del ricorso disgiuntamente e

congiuntamente dall’avvocato Federico Liberatore e dall’avvocato

Lucia Liberatore, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza

Guglielmo Marconi, n. 15, presso lo studio dell’avvocato Andrea

Bruno.

– ricorrente –

contro

G.V., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Tuscolana, n. 339, presso lo studio dell’avvocato Maurizio

Giovanforte, che lo rappresenta e difende in virtù di procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 290/2015 della Corte d’Appello di Campobasso;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 17 dicembre 2020 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto in data 22.2.2003 L.S. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Campobasso G.V..

Esponeva che con scrittura del 4.11.2002 aveva promesso di acquistare ed il convenuto aveva promesso di vendergli un fabbricato con circostante terreno di circa mq. 850 e circostante terreno edificabile, da frazionarsi, di circa mq. 160 nonchè i diritti di comproprietà sull’accesso carrabile e pedonale, della larghezza di m. 4 dal confine, posto ad ovest del fabbricato; che il prezzo era stato pattuito in Euro 146.000,00, di cui Euro 46.000,00 era stati versati a titolo di caparra confirmatoria alla stipula del preliminare, Euro 40.000,00 erano da versare alla stipula del definitivo ed il residuo era da versare in n. 60 rate di eguale importo.

Esponeva che in data 8.1.2003 aveva appreso dal promittente venditore che il reale confine del lotto promesso in vendita era diversamente posizionato, sicchè lo spazio esterno al fabbricato risultava di minore dimensione; che contestualmente si era avveduto delle difformità e dei vizi dell’immobile, vizi e difformità che aveva prontamente denunciato.

Chiedeva, previo accertamento dei vizi e delle difformità, condannare il convenuto alla loro eliminazione a sua cura e a sue spese ovvero, in alternativa, determinare il minor valore del compendio immobiliare rispetto al prezzo pattuito e ridurre conseguentemente l’importo del prezzo.

Chiedeva altresì, determinato il minor prezzo, pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c., atta a trasferirgli la proprietà del cespiti promessi in vendita.

Chiedeva inoltre condannare il convenuto al risarcimento del danno correlato al ritardato trasferimento dell’immobile.

Chiedeva, in via subordinata, qualora fosse risultata preclusa la pronuncia ex art. 2932 c.c., dichiarare risolto il preliminare del 4.11.2002 e condannare il convenuto alla restituzione della somma di Euro 46.000,00, con interessi dalla domanda, nonchè al pagamento della somma di Euro 46.000,00 a titolo di caparra.

2. Si costituiva G.V..

Instava per il rigetto dell’avversa domanda ed, in riconvenzionale, per la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore, con conseguente accertamento del suo diritto di ritenere la caparra corrisposta.

3. Assunte le prove articolate, espletate le c.t.u. all’uopo disposte, con sentenza n. 662/2011 l’adito tribunale, ogni ulteriore domanda respinta, pronunciava sentenza ex art. 2932 c.c., atta a trasferire all’attore il complesso immobiliare promesso in vendita, subordinava il trasferimento al versamento, da parte dell’attore, delle somme tutte meglio indicate in dispositivo.

4. L.S. proponeva appello.

5. Resisteva G.V.; esperiva appello incidentale.

6. Con sentenza n. 290/2015 la Corte d’Appello di Campobasso accoglieva l’appello principale ed, in riforma della gravata sentenza, dichiarava la risoluzione del preliminare di compravendita per inadempimento dell’appellato – promittente venditore, condannava ” G.V. alla restituzione della somma di Euro 46.000,00 oltre interessi legali dalla domanda, in favore di L.S., e questi al rilascio, in favore del G., dei beni immobili oggetto del preliminare (…) risolto” (così sentenza d’appello, pag. 12), rigettava la domanda risarcitoria formulata dall’appellante, rigettava l’appello incidentale, regolava le spese delle c.t.u. e del doppio grado.

7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso L.S.; ne ha chiesto in virtù di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

G.V. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in due motivi; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso ed, in accoglimento dell’esperito ricorso incidentale, cassarsi la sentenza della Corte di Campobasso con ogni conseguente pronuncia.

8. Il ricorrente ha depositato memoria.

Il controricorrente del pari ha depositato memoria.

9. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia.

Premette che sia con la citazione di prime cure sia con la citazione di seconde cure ha chiesto la risoluzione del contratto e la condanna del promittente venditore alla corresponsione del doppio della caparra confirmatoria versata alla stipula del preliminare per l’importo di Euro 46.000,00; che del resto le conclusioni rassegnate in secondo grado sono riprodotte testualmente nel corpo della sentenza della Corte di Campobasso.

Indi deduce che la corte di merito ha dichiarato la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore e tuttavia ha condannato il promittente unicamente alla restituzione della somma di Euro 46.000,00 e così ha omesso la condanna di G.V. al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 46.000,00 e dunque al doppio della caparra.

10. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1385 e 1453 c.c. e segg.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce, pur a ritenere che la corte distrettuale abbia implicitamente rigettato la domanda volta alla restituzione del doppio della caparra, che non ha mai rinunciato agli effetti di cui all’art. 1385 c.c..

Deduce invero che in relazione alla domanda subordinata di risoluzione del preliminare ha formulato istanza di restituzione del doppio della caparra non già istanza risarcitoria.

11. Con il primo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

Deduce che, in relazione alla sua domanda volta ad ottenere l’accertamento dell’inadempimento del promissario acquirente, la corte territoriale non ha valutato, così omettendo di pronunciarsi, la divergenza che emerge tra la formulazione dell’art. 4, di cui al preliminare del 3.7.2002 e la formulazione dell’art. 4, di cui al preliminare del 4.11.2002.

Deduce in particolare che dal testo dell’art. 4 di cui al secondo preliminare e dai documenti – planimetria catastale e scheda identificativa catastale – che nello stesso preliminare risultano menzionati, si desume che la reale intenzione dei contraenti era quella di espungere dall’oggetto della promessa di vendita la particella n. (OMISSIS) del foglio (OMISSIS), alla quale corrisponde la fascia di 3 metri in relazione alla quale si è assunto ex adverso che lo spazio esterno al fabbricato risultava di minore dimensione.

12. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 47 del 1985 e succ. modif. (L. n. 380 del 2001); l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Premette che il tribunale in prime cure aveva, sulla scorta delle relazioni di c.t.u., opinato per la validità del preliminare in dipendenza della regolarità edilizia del fabbricato insistente sulla particella n. (OMISSIS).

Indi deduce che la corte molisana ha reputato aprioristicamente abusivo, non sanabile ed incedibile il fabbricato ed ha omesso ogni motivazione sul punto.

13. Va dato atto previamente della inammissibilità, a norma dell’art. 372 c.p.c., della documentazione – certificato, con relativi allegati, del Comune di Bojano in data 20.2.2020, attestante l’edificazione dell’immobile per cui è controversia in conformità alle concessioni edilizie n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) – allegata alla memoria depositata dal controricorrente il 23.11.2020.

Si tratta evidentemente di documentazione che non afferisce nè alla nullità della sentenza impugnata nè all’ammissibilità del ricorso nè all’ammissibilità del controricorso.

14. I motivi del ricorso principale sono strettamente connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; ambedue i mezzi di impugnazione comunque sono, nei termini seguenti, fondati e meritevoli di accoglimento.

15. Un duplice rilievo si impone previamente.

Da un lato, va ribadito che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si prospetta (così come nel caso del primo dei motivi in disamina) un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) od a quello del “tantum devolutum quantum appellatum” (art. 345 c.p.c.), trattandosi in tale evenienza della denuncia di un “error in procedendo”, che attribuisce alla Corte di cassazione il potere – dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali ed, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr. Cass. 10.10.2014, n. 21421; Cass. (ord.) 25.10.2017, n. 25259; Cass. sez. lav. 22.7.2009, n. 17109; Cass. sez. lav. 24.1.2003, n. 1097).

Dall’altro, va ribadito che il recesso previsto dell’art. 1385 c.c., comma 2, presupponendo l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale, configura uno strumento speciale di risoluzione di diritto del contratto, da affiancare a quelli di cui agli artt. 1454,1456 e 1457 c.c., collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, intesa come determinazione convenzionale del danno risarcibile; al fenomeno risolutivo, infatti, lo collegano sia i presupposti, rappresentati dall’inadempimento dell’altro contraente, che deve essere gravemente colpevole e di non scarsa importanza, sia le conseguenze, ravvisabili nella caducazione “ex tunc” degli effetti del contratto (cfr. Cass. 6.9.2011, n. 21421; Cass. 31.1.2019, n. 2969).

16. Su tale scorta si osserva quanto segue.

Per un verso, e in prime cure e in seconde cure il promissario acquirente, L.S., alla stregua del tenore letterale e logico delle conclusioni all’uopo rassegnate (“in via subordinata (…) dichiarare risolto il contratto preliminare 4/11/2002 e condannare il convenuto alla restituzione della somma ricevuta di Euro 46.000,00, oltre interessi dalla domanda, e al pagamento della somma di Euro 46.000,00 a titolo di caparra” (così ricorso principale, pag. 2, ove sono riprodotte le conclusioni dell’atto di citazione di primo grado); “in via subordinata (…) dichiarare risolto il contratto preliminare 4/11/2002 e condannare il convenuto alla restituzione della somma ricevuta di Euro 46.000,00, oltre interessi dalla domanda, e al pagamento della somma di Euro 46.000,00 a titolo di caparra” (così sentenza d’appello, pag. 4, ove sono riprodotte le conclusioni dell’atto di citazione d’appello)), ha indiscutibilmente e sostanzialmente formulato domanda ex art. 1385 c.c., comma 2, recte domanda volta ad ottenere l’accertamento della legittimità dell’operato recesso dal contratto preliminare in data 4.11.2002 in dipendenza dell'(assunto e poi acclarato) inadempimento del promittente venditore nonchè domanda volta ad ottenere la condanna del promittente venditore a pagare il doppio della caparra, ossia a restituire, nel complesso, la somma di Euro 92.000,00.

Per altro verso, a siffatto esito ermeneutico – cui questa Corte è abilitata ad addivenire sulla scorta, appunto, del suo potere/dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali – non è di ostacolo la circostanza per cui l’originario attore, poi appellante principale, abbia correlato la potestas agendi ex art. 1385 c.c., comma 2, all’invocata declaratoria di risoluzione del preliminare. Tanto a motivo ed in ragione, appunto, dell’esplicitata natura giuridica dello strumento ex art. 1385 c.c., comma 2.

Si badi, al contempo, che innegabilmente (e conformemente a quanto il ricorrente principale ha addotto: cfr. ricorso principale, pag. 15; cfr. memoria del ricorrente principale, pag. 4) la domanda risarcitoria, nella misura ritenuta equa, per i danni scaturiti dal ritardato trasferimento del compendio immobiliare, era connessa in via esclusiva alla domanda principale ex art. 2932 c.c. (cfr. ricorso principale, pag. 2, ove sono riprodotte le conclusioni dell’atto di citazione di primo grado; cfr. sentenza d’appello, pag. 4, ove sono riprodotte le conclusioni dell’atto di citazione d’appello).

Per altro verso ancora, inconfutabilmente la Corte di Campobasso, in ordine alla domanda volta a conseguire la condanna del promittente venditore al pagamento del doppio della caparra, ossia a restituire nel complesso la somma di Euro 92.000,00 (e non già di Euro 46.0000), ha omesso la debita pronuncia.

Se ne ha riscontro alla stregua della letterale univoca formulazione del quarto capo del dispositivo dell’impugnata statuizione (cfr. pag. 12) e del passaggio motivazionale – di cui quel capo è riflesso – a pagina 11 della medesima pronuncia.

Non vi è margine alcuno, dunque, perchè possa reputarsi, così come prospetta il controricorrente, che la sollecitata condanna del promittente venditore al pagamento del doppio della caparra sia stata implicitamente disattesa, in quanto incompatibile “con la costruzione logico-giuridica della decisione” (così controricorso, pag. 9).

Sussistono quindi il denunciato error in procedendo, sub specie di omissione di pronuncia, e la denunciata conseguente nullità, in parte qua, dell’impugnato dictum della Corte di Campobasso.

17. Il primo motivo del ricorso incidentale è privo di fondamento e va respinto.

18. Si premette che la corte d’appello, in parte qua agitur, ha puntualizzato che il tribunale aveva accertato, sulla scorta della relazione di consulenza a firma dell’architetto Spensieri, che “nell’area promessa in vendita era compresa anche la p.lla (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) di proprietà di un terzo e non del G.” (così sentenza d’appello, pag. 5).

Indi la corte di merito ha soggiunto che le censure addotte da G.V. – avverso il giudizio evidentemente “di fatto” formulato al riguardo dal tribunale – con il gravame incidentale, “ovvero che detta p.lla (OMISSIS) non risultasse nemmeno nominata nel preliminare di vendita, sono infondate alla luce della condivisibile motivazione del primo giudice” (così sentenza d’appello, pag. 6. Il primo giudice aveva chiarito – così come si legge a pag. 6 della statuizione d’appello – che “tale striscia di terreno risulta catastalmente identificata come particella n. (OMISSIS) del foglio (OMISSIS). Nei suoi presupposti identificativi catastali essa non è stata espressamente menzionata nel preliminare di vendita. Ciò nonostante non vi sono dubbi che anche il terreno che su di essa insiste sia stato oggetto della promessa di vendita di G.V.: basta guardare la conformazione naturalistica dei luoghi, di allora e di oggi, (…)”).

19. Su tale scorta la prefigurazione, da parte del ricorrente incidentale, del vizio di omessa pronuncia è del tutto ingiustificata e fuor di luogo (il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto: cfr. Cass. 16.5.2012, n. 7653; Cass. (ord.) 27.11.2017, n. 28308).

20. In verità il primo mezzo dell’impugnazione incidentale, siccome proteso a censurare il giudizio “di fatto” cui, in parte qua, la corte distrettuale ha indubitabilmente atteso, si qualifica in via esclusiva in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia: cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

21. In questo solco la censura che il mezzo in disamina veicola, si risolve, propriamente, nella doglianza circa l'(asserito) omesso vaglio di una data argomentazione difensiva.

E tuttavia, in questi termini, non può che rimarcarsi che dell’art. 360 c.p.c., comma 1, novello n. 5, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l’omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305; Cass. 14.6.2017, n. 14802).

22. In pari tempo il ricorrente incidentale si duole per l’erronea valutazione del testo dell’art. 4 del preliminare in data 4.11.2002 e dei documenti nel medesimo preliminare menzionati.

E nondimeno il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

23. Il secondo motivo del ricorso incidentale del pari è privo di fondamento e va respinto.

24. La corte territoriale, contrariamente all’assunto del ricorrente incidentale, ha, in parte qua, ampiamente motivato (cfr. sentenza d’appello, pagg. 10 – 11).

Più esattamente la corte molisana ha esplicitato che il consulente d’ufficio aveva accertato che il fabbricato oggetto del preliminare era stato edificato a distanza inferiore a quella imposta, dal p.r.g. del Comune di Bojano, rispetto al confine con la limitrofa particella n. (OMISSIS). Altresì, che, diversamente da quanto asserito dall’ausiliario d’ufficio, le previsioni dello strumento urbanistico locale non erano suscettibili di deroga, siccome prefiguranti distacchi non solo tra i fabbricati ma pur tra fabbricati e confine, cosicchè le difformità edilizie del fabbricato promesso in vendita non erano suscettibili di sanatoria (al riguardo cfr. Cass. sez. un. 24.9.2014, n. 20107, secondo cui, in tema di distanze legali, le norme degli strumenti urbanistici integrano la disciplina dettata dal codice civile nelle materie regolate dagli artt. 873 c.c. e segg., ove tendano ad armonizzare l’interesse pubblico ad un ordinato assetto urbanistico del territorio con l’interesse privato relativo ai rapporti intersoggettivi di vicinato, sicchè vanno incluse in tale novero le disposizioni del piano regolatore generale dell’ente territoriale che stabiliscano la distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo e non tra contrapposti edifici; cfr. Cass. 28.9.2004, n. 19449, secondo cui le norme contenute nei regolamenti edilizi che stabiliscono le distanze fra le costruzioni e di esse dal confine sono volte non solo ad evitare la formazione di intercapedini nocive fra edifici frontistanti ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all’ambiente, finalità quest’ultima che viene realizzata dalle norme regolamentari stabilendo una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dall’art. 873 c.c., in cui ciò che rileva è la distanza in sè delle costruzioni a prescindere dal loro fronteggiarsi o meno e dal dislivello dei fondi su cui insistono; ne consegue che una convenzione tra le parti che deroghi alle norme sulle distanze previste nel regolamento edilizio è senz’altro invalida, trattandosi di norme inderogabili perchè non si limitano a disciplinare i rapporti intersoggettivi di vicinato, ma mirano a tutelare anche interessi generali).

25. In accoglimento dei motivi del ricorso principale la sentenza n. 290/2015 della Corte d’Appello di Campobasso, in relazione e nei limiti dei suindicati rilievi, va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

26. In dipendenza dell’accoglimento del ricorso principale non sussistono i presupposti processuali perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente principale sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

27. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte accoglie – in relazione e nei limiti di cui in motivazione – ambedue i motivi del ricorso principale; rigetta ambedue i motivi del ricorso incidentale; cassa – in accoglimento, in relazione e nei limiti di cui in motivazione, dei motivi del ricorso principale – la sentenza n. 290/2015 della Corte d’Appello di Campobasso e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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