Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19071 del 19/09/2011

Cassazione civile sez. III, 19/09/2011, (ud. 11/07/2011, dep. 19/09/2011), n.19071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19072-2009 proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ILLIRIA 19, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA ZAINA,

rappresentato e difeso dagli avvocati IERVOLINO ANGELO ANTONIO,

MAURIZIO BARBATELLI giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA già

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;

– controricorrente –

e contro

F.F., F.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 56/2009 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 10/04/2009, R.G.N. 141/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/07/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/4/2009 la Corte d’Appello di Campobasso, in accoglimento dei gravami interposti in via principale dalla Ministero della pubblica istruzione e in via incidentale dal sig. F. F., e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib.

Campobasso 28/2/2007, dichiarava quest’ultimo unico responsabile dei danni subiti dal sig. P.A. (o P.) in conseguenza delle lesioni riportate all’esito del ferimento con arma da fuoco, avvenuto il (OMISSIS) escludendo peraltro spettare al medesimo (anche) il danno da incapacità lavorativa specifica.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il P. (o P.) propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica (già Ministero della pubblica istruzione).

Il F.F., e l’altro intimato sig. F. D., rimasto contumace in entrambi i gradi del giudizio di merito, non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ motivo denunzia “errata interpretazione” dell’art. 2048 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3^ motivo denunzia “errata affermazione della non applicazione dell’art. 2043 c.c. per contraddittoria, insufficiente ed illogica motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

Con il 4 motivo denunzia insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel caso i quesiti di diritto recati dal ricorso non risultano informati allo schema delineato da questa Corte (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), non recando invero la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti; del modo in cui gli stessi sono stati dai giudici di merito rispettivamente decisi; della diversa regola di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione.

Essi si sostanziano in generiche richieste di mero accertamento della sussistenza delle denunziate violazioni di norme di legge, pertanto prive (quantomeno) di decisività, e cioè dell’idoneità a consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto più che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del principio di autosufficienza, atteso che il ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito es., all’atto di citazione notificato al Ministero della Pubblica Istruzione in data 10/9/1998, alla sentenza del “Tribunale penale di Campobasso del 26/9/1997”, alla sentenza del “Tribunale di Campobasso … n. 128/2007”, all’atto di appello del Ministero, alla comparsa di costituzione in appello, alla C.T.U. limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente ed esaustivamente – per quanto in questa sede d’interesse – riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, e, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, se siano stati prodotti anche in sede di legittimità, sicchè la mancanza anche di una sola delle suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 23/9/2009, n. 20535;

Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, risponde a principio consolidato che a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione:

a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle relative “ragioni”, tali non potendo invero ritenersi i formulati momenti di sintesi, invero non recanti la sintetica e riassuntiva indicazione del fatto controverso, degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione, degli argomenti logici per i – quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi si palesano dunque privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo, e anteriormente rispetto alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (cfr. Cass., 23/11/2010, n. 23669; Cass., 29/4/2010, n. 10277; Cass., 16/12/2009, n. 26364 Cass., 26/10/2009, n. 22578).

Le spese, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica (già Ministero della pubblica istruzione), seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica (già Ministero della pubblica istruzione).

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2011

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