Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1907 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.25/01/2017),  n. 1907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17959/2015 proposto da:

S.P., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato TOMMASO CIERI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

IPER MONTEBELLO S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato QUIRINO D’ANGELO,

rappresentata e difesa dagli avvocati DOMENICO GIORGETTI, LUCIO

STENIO DE BENEDICTIS, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 712/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/06/2015 R.G.N. 162/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato GIORGETTI DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La Corte di Appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da S.P. avverso la sentenza del Tribunale di Chieti avente ad oggetto l’opposizione proposta dal medesimo all’ordinanza L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51, che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento disciplinare a lui intimato dalla Iper Montebello Spa.

La Corte territoriale ha rilevato che la pronuncia di primo grado era stata comunicata a S.P. in data 30 gennaio 2014 presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore domiciliatario Avv. Tommaso Cieri laddove il ricorso in appello era stato depositato soltanto in data 18 marzo 2014, oramai decorso il termine breve di 30 giorni previsto dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso S.P. con due motivi, illustrati da memoria. Iper Montebello Spa ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

4.- Con il primo motivo si denuncia error in procedendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla ritenuta sussistenza della prova della ricezione della comunicazione a mezzo PEC del 30 gennaio 2014, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe posto a fondamento del suo convincimento il documento n. 5 allegato al “fascicolo di parte resistente” recante una attestazione della cancelleria non idonea a provare l’avvenuta ricezione che avrebbe dovuto essere documentata diversamente, mediante produzione da parte della società della ricevuta di consegna in formato elettronico a mente del D.M. n. 44 del 2011, art. 16, comma 3.

Con il secondo motivo si denuncia ancora error in procedendo in relazione alla medesima comunicazione nonchè omesso esame di un fatto decisivo, ribadendo che la copia fotostatica di una ricevuta di consegna elettronica non potrebbe attestare la trasmissione di un provvedimento giudiziario e lamentando che la Corte territoriale abbia ritenuto raggiunta la prova dell’avvenuta comunicazione del testo integrale della sentenza di primo grado.

I motivi – congiuntamente esaminabili per reciproca connessione – non possono trovare accoglimento.

La Corte territoriale ha correttamente fondato il suo convincimento circa la tardività dell’impugnazione su di una “attestazione telematica di cancelleria, contenente ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario, doc. n. 4-6 in fasc. appellata”.

Dal documento n. 5, riportato nel suo contenuto nello stesso ricorso per cassazione, si evince trattarsi di “attestazione relativa ai dati desunti dal registro di cancelleria” con cui “si dà atto che in data 30 gennaio 2014 alle ore 9.19 la cancelleria del Tribunale di Chieti in persona di C.L. ha inviato il messaggio di posta elettronica certificata”, contenente “sentenza ex art. 429, I comma, c.p.c.” nel procedimento tra S.P. e IPER MONTEBELLO Spa, al destinatario Avv. Tommaso Cieri. Nella medesima attestazione si dà atto altresì che “tale messaggio, come emerge dalla ricevuta di avvenuta consegna rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario identificata con (OMISSIS) è stata consegnata in data 30 gennaio 2014 alle ore 9.20”.

Tale attestazione, fondata su dati desunti dai registri di cancelleria, è certamente idonea a provare sia l’avvenuta ricezione della comunicazione telematica sia il contenuto della medesima, atteso che in tema di notifiche e comunicazione telematiche nei procedimenti civili, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, pur senza assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario (Cass. n. 15035 del 2016).

A tanto non osta certo il D.M. 21 febbraio 2011 n. 44, contenente il “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, il cui terzo comma dell’art. 16 si limita, esclusivamente sul piano degli effetti, a prevedere che “La comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce gli effetti di cui agli artt. 45 e 48 del codice dell’amministrazione digitale”.

5.- Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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