Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19067 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. II, 06/07/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 06/07/2021), n.19067

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10397/2017 proposto da:

O.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE BELLE

ARTI 7, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO GATTAMELATA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERPAOLO CAMADINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE DI BRESCIA – IN PERSONA DEL DIRETTORE

GENERALE PRO TEMPORE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1005/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 20/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 20 ottobre 2016, ha parzialmente accolto l’appello proposto da O.M., in proprio e nella qualità di legale rappresentante di Italgros s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Brescia n. 3054 del 2015, e nei confronti dell’ASL di Brescia.

1.1. Con ordinanza – ingiunzione n. 618 del 2012, l’ASL aveva sanzionato la società Italgros – che opera nel settore alimentare e merceologico della grande distribuzione – per la violazione dell’art. 18, comma 1, del Regolamento CE n. 178 del 2002. Nel corso di un controllo in materia di igiene alimentare, era stato accertato che non era possibile il tracciamento di alcuni prodotti recanti l’etichetta “Italgros Villa Carcina” in quanto la società non aveva saputo documentarne la provenienza nè la destinazione.

1.2. Il Tribunale aveva rigettato integralmente l’opposizione proposta dalla società avverso l’ordinanza-ingiunzione.

2. La Corte territoriale ha riformato parzialmente la decisione sul rilievo che la violazione contestata non sussistesse per tre dei quattro prodotti sottoposti al controllo.

2.1. Ha osservato la Corte che la normativa applicabile ratione temporis non imponeva l’indicazione del numero di lotto sugli alimenti, e che la documentazione esibita dalla società consentiva l’individuazione degli acquirenti dei suddetti prodotti.

2.2. E’ stata confermata, invece, la violazione contestata con il verbale n. 29 del 2010 in ragione del fatto che la società Italgros non era stata in grado di individuare il soggetto dal quale proveniva la partita di “prosciutto cotto sgrassato”, prodotto che era poi stato confezionato ed etichettato dalla medesima Italgros, e rivenduto a terzi.

2.3. Ridotta la sanzione, la Corte d’appello ha compensato per la metà le spese di lite, condannando la società appellante al pagamento della restante parte.

3. O.M., in proprio e nella qualità di legale rappresentante di Italmark s.p.a., successore di Italgros per incorporazione, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sulla base di due motivi. Non ha svolto difese in questa sede l’ASL di Brescia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 18 del Regolamento CE n. 178 del 2002 perchè, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la norma regolamentare nel testo applicabile ratione temporis (fino al 30 giugno 2012) non prescriveva l’obbligo di dare indicazione di uno specifico lotto di provenienza del prodotto alimentare “nè di individuare uno ed uno solo specifico fornitore diretto per ciascun alimento”.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per censurare la statuizione sulle spese di lite, che erano state compensate per la metà e poste, per la restante parte, a carico dell’opponente. Tenuto conto che la soccombenza della società era stata limitata alla frazione di 1/4 delle violazioni originariamente contestate, non era giustificato l’esonero completo dell’ASL dall’onere delle spese.

3. Il primo motivo è infondato.

3.1. Come evidenziato dalla Corte d’appello, la norma regolamentare non imponeva l’indicazione del numero di lotto sugli alimenti – obbligo introdotto dal Regolamento UE n. 931 del 2011 – ma esigeva la riconducibilità del lotto ad un fornitore, risultando altrimenti vanificata la ratio del sistema di tracciabilità.

E difatti, alcune delle infrazioni originariamente contestate sono state ritenute insussistenti perchè i prodotti sottoposti a controllo provenivano tutti dal medesimo fornitore, e quindi era garantita la tracciabilità.

Diversamente, è stata confermata la violazione per il prodotto “prosciutto cotto sgrassato” del quale la società non ha potuto chiarire la provenienza (se dal salumificio Trentino s.r.l. o dal salumificio Riva s.p.a.).

3.2. L’interpretazione della norma regolamentare prospettata dalla parte ricorrente e sintetizzata alla pag. 23, ultimo capoverso del ricorso, è palesemente contraria al dato testuale, oltre che non coerente con la ratio legis.

L’art. 18 del Reg. CE n. 178 del 2002, rubricato “Rintracciabilità”, al comma 2 prevede: ” Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo”.

Come si vede, la norma mentre riconosce agli operatori la libertà di scegliere “sistemi e procedure” finalizzati a rendere possibile il tracciamento, esige che sia garantito il risultato, vale a dire l’individuazione della provenienza del prodotto alimentare, ciò che nel caso di specie non è stato possibile per uno dei prodotti sottoposti al controllo.

Il fatto che all’epoca non vigesse l’obbligo di indicare il lotto di provenienza del prodotto non comporta che l’operatore non fosse tenuto ad individuare “uno ed uno solo specifico fornitore diretto per ciascun alimento”, come pretenderebbe la parte ricorrente. L’indicazione del lotto di provenienza costituisce un quid pluris rispetto alla indicazione del soggetto che ha fornito l’alimento.

4. Il secondo motivo è inammissibile poichè con esso si invoca il sindacato di legittimità sulla valutazione della prevalente soccombenza della parte opponente, nell’ambito della disposta compensazione parziale delle spese di lite.

Costituisce principio consolidato che il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti fissati dalle tabelle vigenti (ex plurimis, Cass. 04/08/2017, n. 19613).

5. Al rigetto del ricorso non fa seguito pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

 

 

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