Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19065 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/07/2017, (ud. 21/06/2017, dep.31/07/2017),  n. 19065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5202/2015 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

M.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIANTURRCO N. 1, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA

LENOCI, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE BRUNETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE

DISTACCATA di TARANTO, depositata l’11/3/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/6/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

– con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto -, decidendo l’appello proposto da Poste Italiane S.p.A. nei confronti di M.A.M., confermava la sentenza del Tribunale di Taranto nella parte in cui aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato stipulato tra la società e la M. per il periodo 1.7/30.9.2000 ai sensi dell’art. 8 c.c.n.l. 26.11.94 (primo dei contratti per i quali la lavoratrice aveva chiesto la declaratoria di nullità del termine) e conseguentemente disposto la conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In parziale riforma della decisione di primo grado condannava la società al risarcimento del danno pari a dodici mensilità della retribuzione. Riteneva la Corte territoriale corretta l’interpretazione della normativa legale e contrattuale applicabile al contratto dedotto in giudizio in punto di onere di specificazione delle ragioni del termine e di prova in concreto delle stesse;

– per cassazione di tale sentenza ricorre la società con due motivi;

– M.A.M. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– entrambe le parti hanno depositato memorie;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Considerato che:

– con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, e dell’art. 8 del c.c.n.l. 2001 anche in relazione all’art. 2967 c.c.. Lamenta che il Giudice del gravame, trascurando di considerare che il contratto a tempo determinato era stato stipulato “per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno/settembre”, non ha fatto corretta applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, e non ha debitamente interpretato gli accordi collettivi che avevano introdotto un’ipotesi di contratto a temine del tutto autonoma, non solo rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del 1962, ma anche ai vincoli cui era sottoposta la fattispecie introdotta dall’accordo integrativo 25.9.97.

– con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 8, dolendosi delle conseguenze economiche tratte dalla Corte territoriale dalla ritenuta conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro. In particolare, la società ricorrente contesta le modalità di applicazione dello ius superveniens rappresentato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5 e 7, sostenendo che, nel quantificare l’indennità nella misura, pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la Corte di appello non aveva proceduto ad una concreta e puntuale analisi dei criteri di cui all’art. 8 legge n. 604/1966, richiamati dall’art. 32, comma 5, ed aveva omesso di applicare la riduzione contemplata nel comma 6, del medesimo articolo;

– il primo motivo è manifestamente fondato e determina l’assorbimento del secondo;

– innanzitutto va rilevato che l’eccezione di inammissibilità del motivo si supera considerando che l’accennato richiamo a contestazioni dell’appellante prive del carattere della precisione e della puntualità non assurge nel complessivo argomentare della Corte territoriale ad autonoma ratio decidendi ma serve solo a rafforzare il convincimento dei giudici di appello circa la correttezza delle “chiare ed esaustive” ragioni della sentenza di primo grado;

– è pacifico fra le parti (e si evince anche dalla sentenza impugnata – pag. 2 -) che la lavoratrice è stata assunta con un (primo) contratto a termine protrattosi dall’11 luglio al 30 settembre 2000. Il contratto, stipulato ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26/11/1994 faceva riferimento, nell’indicazione della causale, alla necessità di esitamento del servizio in concomitanza di “assenze per ferie”;

– come è stato ripetutamente affermato da questa Corte e va qui ribadito, “in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati, è legittima la previsione, operata dalla contrattazione collettiva, della causale relativa alla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre”, dovendo interpretarsi nel senso che gli stipulanti hanno considerato il bisogno, nel periodo in oggetto, di assumere personale per sopperire all’assenza di quello in congedo, con la conseguenza che l’indicazione nel contratto del nominativo del lavoratore sostituito non è necessaria e non è configurabile alcun onere di allegazione e prova dell’esigenza e dell’idoneità della singola assunzione a far fronte a essa, essendo sufficiente il rispetto della clausola di c.d. contingentamento, ossia della percentuale massima di contratti a termine rispetto al numero dei rapporti a tempo indeterminato stabilita a livello collettivo, in adempimento della L. n. 56 del 1987, art. 23″ (v. fra le altre Cass. 24 ottobre 2011, n. 22009). Peraltro è stato anche precisato (v. Cass. 28 marzo 2008, n. 8122) che “l’unica interpretazione corretta della nonna collettiva in esame (art. 8 c.c.n.l. 26/11/1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato”, bensì soltanto che l’assunzione avvenga nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie, (cfr. Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7 marzo 2008 n. 6204). Per una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame: v. Cass. n. 9647 del 6 maggio 2014;

– in conclusione, la proposta va condivisa e va accolto il primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per l’esame dell’ulteriore contratto stipulato tra le parti e delle altre questioni ritenute assorbite, alla Corte di appello di Lecce. Il giudice del rinvio provvederà anche sulla spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso (assorbito il secondo); cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Lecce.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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