Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19065 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. II, 06/07/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 06/07/2021), n.19065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6552/2016 proposto da:

O.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE,

51/A, presso lo studio dell’avvocato DANIELE PROIETTI, rappresentato

e difeso dagli avvocati GIAN LUCA MASTINU, STEFANO ALESSANDRO

GRIMALDI;

– ricorrenti –

contro

B.F., rappresentato e difeso dall’avv. GIACOMO GIOVANNINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1624/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

O.L. chiamava in giudizio B.F. e con la citazione a comparire dinanzi al Tribunale di Asti chiedeva la risoluzione del preliminare intercorso con il convenuto il 27 maggio 2002. Tale contratto preliminare prevedeva la cessione, dall’attore al convenuto, di un compendio immobiliare, destinato dal PRG ad “area residenziale di nuovo impianto”, dietro il trasferimento di due alloggi, della superficie di mq. 90 ciascuno, oltre al 50% del piano terra e della comproprietà dell’intero cortile, e con previsione di eventuali conguagli nel caso che la superficie fosse risultata diversa. L’attore precisava che il mancato perfezionamento dell’operazione fosse da imputare al convenuto, il quale, immesso nel possesso dell’area contestualmente al preliminare, aveva costretto l’attore a una estenuante trattativa sull’esatto contenuto del contratto definitivo, rifiutandosi infine di riconoscere quanto dovuto in base agli obblighi assunti. Oltre alla risoluzione del contratto l’attore chiedeva la condanna del convenuto al risarcimento del danno per la prolungata indisponibilità dell’immobile e per la perdita di valore dello stesso.

Il convenuto, costituendosi, replicava che la mancata stipulazione del contratto definitivo era da imputarsi all’ O., che aveva preteso modifiche non concordate con il preliminare, determinando una situazione di stallo nelle trattative.

Il tribunale accoglieva la domanda; dichiarava la risoluzione del preliminare e condannava il convenuto al risarcimento del danno.

La Corte d’appello di Torino, adita dal soccombente B., riformava la sentenza. Essa riconosceva che la mancata conclusione del contratto definitivo, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, non fosse imputabile al convenuto, desumendone da ciò, in assenza di una contrapposta domanda di risoluzione, che il contratto preliminare fosse ancora in vita.

Per la cassazione della sentenza O.L. ha proposto ricorso sulla base di un solo motivo, illustrato con memoria.

B.F. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

L’unico motivo di ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’inadempimento che l’ O. aveva imputato al B. non riguardava il mancato rilascio di una fideiussione, ma il rifiuto di riconoscere 180 mq. di superficie utile secondo la previsione contrattuale. Il costruttore intendeva invece riconoscere l’identica misura di superficie commerciale.

Ai fini della comprensione della censura si premette che la corte d’appello ha riconosciuto che, nel corso della fase seguita alla conclusione del preliminare, erano insorte fra le parti una serie di problematiche, caratterizzate da reciproche richieste di modifiche che avevano dato luogo a una complessa trattativa sfociata nel nulla. Secondo la corte d’appello, pertanto, le reciproche posizioni andavano verificate in relazione al contratto originario. Tale essenziale circostanza – prosegue la sentenza impugnata – era stata invece trascurata dal primo giudice, il quale non aveva considerato che, in assenza di un nuovo accordo, tale da modificare o superare consensualmente quello precedente, nessun addebito di inadempimento potrebbe muoversi alla parte che abbia rifiutato la firma del contratto definitivo a condizioni diverse. In particolare, la corte d’appello si sofferma sulla pretesa dell’ O. al rilascio di una fideiussione da parte del B.. Il primo giudice aveva ritenuto giustificata tale pretesa, mentre la corte d’appello, sul punto, è andata in contrario avviso: la pretesa dell’ O. al rilascio di una fideiussione, non prevista nel preliminare, non si giustificava nè dal punto di vista della disciplina degli immobili da costruire, nè dal punto di vista della disciplina generale dei contratti, in assenza delle condizioni richieste dall’art. 1461 c.c..

A tale ricostruzione il ricorrente oppone che la corte d’appello non ha tenuto conto che la questione della fideiussione riguardava un aspetto di dettaglio. L’autentico motivo di contrasto, emergente dalle prove assunte, riguardava la questione se la superficie dei nuovi alloggi fosse da commisurare sulla superficie utile, secondo la tesi dell’attuale ricorrente, o su quella commerciale, come invece sostenuto dal B..

Il motivo è fondato.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U., n. 8053/2014; n. 9253/2017).

Nella comparsa di risposta depositata in appello (debitamente trascritta nel ricorso unitamente alle deposizioni testimoniali, per le parti di interesse), l’ O., nel richiamare l’esito delle prove acquisite, sottolineava che le stesse prove avrebbero chiarito come controparte avesse mantenuto “una condotta assolutamente inadempiente, rifiutando di riconoscere all’ O. quanto contrattualmente concordato (e cioè una superficie utile di 180 mq. di alloggi, dichiarandosi invece disposto a riconoscergli la ben più limitata superficie commerciale) (…)”.

La corte accenna in modo generico alla questione, laddove, nel considerare le dichiarazioni rese dai testimoni, richiama quanto riferito da costoro sulla pretesa dell’ O.a che fosse rispettata la metratura pattuita con il preliminare per i tre alloggi ed il box; tuttavia tale aspetto è poi del tutto trascurato nel seguito della sentenza. Nè può riconoscersi che l’omissione inerisca ai soli elementi istruttori e che il “fatto” fu invece considerato e implicitamente ritenuto privo di rilevanza. Diversamente da quanto sostenuto dal controricorrente, la corte d’appello, alle pagine 6 e 7 della sentenza, non si riferisce alla divergenza inter partes sulla natura della superficie da riconoscere all’ O.. Essa, infatti, si limita a richiamare la pura previsione contrattuale, senza prendere alcuna posizione sul punto. Neanche può riconoscersi che il fatto non sia decisivo. Ed invero la non decisività del fatto implica, come risulta da quanto si assume nel medesimo controricorso, l’interpretazione della scrittura sulla questione della superficie anche in rapporto alla previsione di conguagli. Tale interpretazione non è stata fatta dalla Corte d’appello, nè può essere fatta in questa sede.

La sentenza, pertanto, deve essere cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia la causa alla Corte d’appello di

Torino in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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