Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19064 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/07/2017, (ud. 21/06/2017, dep.31/07/2017),  n. 19064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12065/2016 proposto da:

AGRICOLA INDUSTRIALE DELLA FAELLA SPA, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA SALLUSTIO 9

presso lo studio dell’avvocato LORENZO SPALLINA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LORENZO BOMBACCI;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 36/2015 del TRIBUNALE di AREZZO, depositata il

19/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

1. il Tribunale di Arezzo dichiarò la legittimità del licenziamento intimato a S.G. con lettera del 31/10/2011 da Agricola industriale della Faella s.p.a. e condannò la società a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro ed a corrispondergli un’indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

2. Il Tribunale riferiva che il S. era stato licenziato in quanto durante un periodo di assenza per malattia (epicondilite del tunnel carpale e periartrite), aveva svolto attività di ripresa cinematografica a manifestazioni sportive di rally con telecamera professionale di grosse dimensioni, nei giorni e nei tempi specificamente indicati, e quindi aveva posto in essere un’attività idonea a pregiudicarne o ritardarne la guarigione. Aggiungeva che il c.t.u. officiato in causa aveva ritenuto che l’attività compiuta non fosse neppure in astratto ed ex ante idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione, non comportando sollecitazione meccanica dell’epicondilo coinvolto dalla patologia sofferta, sicchè il licenziamento era da ritenersi intimato senza giustificazione.

3. La Corte d’appello di Firenze con ordinanza letta all’udienza del 10 marzo 2016 dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla società ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c..

4. Per la cassazione della sentenza del Tribunale l’Agricola industriale della Faella s.p.a. ha proposto ricorso, a sostegno del quale articola quattro motivi, illustrati anche con memoria ex art. 380 bis c.p.c., S.G. è rimasto intimato.

5. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Considerato che:

1. con il primo e secondo motivo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omesso esame ed accoglimento delle proprie richieste istruttorie, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per non adeguata formulazione della motivazione della sentenza, nonchè dell’articolo 111 della Costituzione; lamenta che la sentenza del Tribunale abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta di sostituzione del perito nominato o di rinnovazione della c.t.u., malgrado le censure della difesa della società contenute nelle note autorizzate depositate in data 17 maggio 2014, reiterate a seguito dei chiarimenti resi dal consulente all’udienza del 16 dicembre 2014 e ribadite in sede di discussione orale.

2. Come terzo motivo, formulato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; riferisce che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, nella lettera di addebito veniva contestata anche la fraudolenta simulazione della malattia.

3. Come quarto motivo, deduce violazione e/o falsa applicazione di legge, del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto, ed in particolare dell’art. 2119 c.c., nonchè degli artt. 2104,1175,1176,1375 e 2110 c.c., e dell’art. 53 del C.C.N.L. Laterizi applicato in azienda, non avendo la Corte valutato se la malattia denunciata fosse compatibile con la condotta posta in essere dal medesimo e se la stessa avesse messo in pericolo la ripresa dell’attività lavorativa.

4. Il primo e secondo motivo non sono fondati, essendo sufficiente richiamare Cass. 15 luglio 2011, n. 15666 e 21 giugno 2016, n. 12821, che hanno precisato come rientri nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perchè incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione.

5. Il terzo motivo è inammissibile.

Come precisato da Cass. S.0 07/04/2014, nn. 8053 e 8054, l’art. 360 c.p.c., n. 5, così come riformulato a seguito della novella legislativa, configura un vizio specifico denunciabile per cassazione, costituito dall’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); con la conseguenza che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente è tenuto ad indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

5.1. Nel caso in rassegna, il Tribunale, diversamente da quanto assunto dal ricorrente, ha preso in esame il contenuto della contestazione disciplinare, che è anche in parte ritrascritta a pg. 3 della sentenza, ma ne ha desunto che essa non avesse ad oggetto la fraudolenta simulazione della malattia. Non sussiste quindi il denunciato omesso esame della circostanza decisiva, lamentandosi piuttosto l’esito della valutazione decisoria così come compiuta, che potrebbe tuttavia essere ripercorsa in questa sede solo in presenza di un motivo che chiaramente sollecitasse in tal senso.

6. Le considerazioni sopra svolte in relazione ai precedenti motivi consentono di affermare l’infondatezza anche dell’ultimo motivo di ricorso.

E’ vero infatti, così come assume la ricorrente, che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sè sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolenta simulazione, ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l’attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore (v. Cass. 17625 del 05/08/2014). Ciò presuppone però che, nella contestazione dell’addebito, emerga con chiarezza il profilo fattuale che determina, nella valutazione datoriale, la violazione dei doveri inerenti il rapporto di lavoro. Nel caso, ritenuta insussistente da parte del Tribunale la violazione del dovere di non pregiudicare la guarigione e non contestata la fraudolenta simulazione della malattia, non resta spazio per una complessiva rivalutazione del comportamento del dipendente, che richiederebbe un riesame complessivo delle risultanze fattuali, inammissibile in questa sede.

8. Per tali motivi, ritiene il Collegio, in parziale dissenso dalla proposta del relatore, che il ricorso, manifestamente infondato, vada rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

9. La mancata difesa da parte dell’intimato esonera dal pronunciamento sulle spese del giudizio.

10. Sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, considerato che l’insorgenza di detto obbligo non è collegata alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. da ultimo ex multis Cass. ord. 16/02/2017 n. 4159).

PQM

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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