Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19064 del 19/09/2011

Cassazione civile sez. I, 19/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 19/09/2011), n.19064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 31552 del R.G. anno 2005 proposto da:

avv. D.P.M. CF (OMISSIS), domiciliata in

ROMA, via Monte Zebio 37 presso l’avv. Marcello Furitano

rappresentata e difesa da sè medesima e dal predetto difensore,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Milano Assicurazioni s.p.a., CF (OMISSIS), dom.ta in Roma via di

Vigna Stelluti 176 presso l’avv. Iannetti Gianluigi che la

rappresenta e difende per procura notarile in atti;

– resistente –

e

Comune di Canicattì;

L.M.;

M.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 879 in data 30.6.2005 della Corte di Appello

di Palermo;

udita la relazione della causa svolta nella C.d.A. del 13.07.2011 dal

Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udita la ricorrente, di persona;

udito il P.M., in persona del Sost. Proc. Generale dott. GOLIA

Aurelio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1984 il Sindaco del Comune di Canicattì e D.P.M. stipularono convenzione di lottizzazione afferente aree di proprietà della contraente comprese in zona B del PRG ed afferente l’assunzione di obblighi di esecuzione di opere di urbanizzazione, obblighi garantiti per L. 24.120.000 da polizza fideiussoria rilasciata da Card Assicurazioni s.p.a. Insorta controversia sull’adempimento degli obblighi della D.P., che medio tempore aveva ceduto parte dei lotti a L.M. e M.E., il Comune con citazione del 15.1.1998 convenne Milano Ass.ni s.p.a. (succeduta a Card Ass.ni) innanzi alla Pretura di Agrigento s.d. di Canicattì per il pagamento della somma portata nella polizza e si costituì la società che chiese, ed ottenne, la chiamata dei sigg.ri D.P., L., M.. Il Giudice adito con sentenza 4.5.1999 condannò la Milano Assicurazioni a corrispondere la somma richiesta, rigettando la domanda di rivalsa verso la D.P., e la sentenza venne impugnata in via principale dalla società ed in via incidentale dai soggetti privati, nel mentre il Comune si costituì chiedendo il rigetto degli appelli. La Corte di merito, in parziale riforma della prima decisione, con sentenza 30.6.2005 dichiarò l’obbligo della D. P. di tenere indenne Milano Ass.ni versando ad essa quanto corrisposto al Comune. Affermò la Corte in motivazione: che dall’esame attento delle clausole della polizza in oggetto (artt. 1, 5, 6 e 9) e nell’ottica di individuare se, sulla loro base, fosse configurabile un contratto autonomo di garanzia ovvero una fidejussione, emergeva la sussistenza del primo in ragione della brevità del termine di pagamento e della inopponibilità di eccezioni da parte del debitore principale anche a paralizzare azioni di rivalsa; che da ciò discendeva la inaccoglibilità della eccezione di decadenza della rivalsa sollevata dai chiamati in giudizio; che del pari non aveva pregio la eccezione della Milano sulla inoperatività della garanzia in relazione al fatto che l’inadempimento sarebbe stato ascrivibile al dante causa della D. P., Li.Gi., stante il valore assorbente del di lei ruolo contrattuale ; che era invece fondato l’appello della Milano Ass.ni afferente la sua pretesa al regresso verso la D.P. dato che il diritto al regresso, se pur condizionato in executivis al pagamento al creditore garantito, era indiscutibile. Per la cassazione di tale sentenza la D.P. ha proposto ricorso al quale si è opposta, con costituzione ai fini delle difese orali, la sola soc. Milano Assicurazioni.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, nessuna delle proposte censure meritando condivisione. Primo motivo. Con esso si muove censura di malgoverno ermeneutico in ragione della disattenzione della sentenza per lo stretto collegamento della cauzione con la sorte della obbligazione principale, nella specie affatto adempiuta.

Secondo motivo. Si duole la ricorrente della omessa pronunzia sulla domanda di accertamento – fatta da tutti e la cui veridicità era stata acclarata – della non imputabilità alla D.P. della pretesa inadempienza.

Terzo motivo. Con esso si contesta la totale disattenzione per i risultati della CTU che conclamavano la inesistenza di alcun inadempimento di essa D.P..

Quarto motivo. Censura ancora la disattenzione per le emergenze probatorie che conclamavano la inadempienza e mala fede del Comune nella convenzione stipulata.

Esaminando congiuntamente i testè sintetizzati primi quattro motivi, la cui stretta connessione sta nel dissenso espresso sia dalla ricostruzione della vicenda contrattuale in termini di contratto autonomo di garanzia sia dalla omessa valutazione, anche in tal denegata ipotesi, del rilievo dell’accertato adempimento della D. P. e pertanto della non esperibilità della rivalsa da parte del garante, si osserva che essi non sono condivisibili.

In linea generale la riconduzione della polizza in questione al contratto autonomo di garanzia e non alla fideiussione (secondo i principii indicati dalle S.U. con la sentenza 3947 del 2010) è stata operata dalla Corte di Palermo con consapevole applicazione delle regole di ermeneutica ed apprestando, a sostegno, una adeguata motivazione, sì che le odierne censure possono cogliere nel segno soltanto ove riescano ad evidenziare disapplicazioni di dette regole o gravi vizi logici (Cass. 3678 del 2011, resa con riguardo alla predetta distinzione). La Corte di merito, dopo attenta disamina delle pattuizioni, ha preso in considerazione specifica quella di cui all’art. 9 regolante il diritto di rivalsa del garante, dopo il pagamento all’Ente beneficiario, verso il contraente e, dall’esame di lettera e ratio (segnatamente dalla espressa rinunzia del contraente alla possibilità di opporre qualsiasi eccezione, comprese quelle di cui all’art. 1952 c.c.), ha desunto la conseguenza per la quale il rapporto contraente – garante e la correlata azione di rivalsa del secondo, solvens, verso il primo fossero del tutto autonomi dalle vicende del rapporto beneficiario – garante (ferma restando la facoltà del debitore – contraente di svolgere ogni sua azione nei riguardi del creditore, beneficiario). Il ricorso non pare essersi avveduto della portata della interpretazione riservata dalla Corte di merito al testo contrattuale e pertanto affaccia, nei motivi, prospettazioni di omesso esame di dati e fatti che la interpretazione (ignorata), in realtà, rende privi di rilievo. Così, la pretesa disattenzione per la conclamata adempienza della lottizzante D. P. (primo, secondo e terzo motivo) trova risposta nella affermazione di totale irrilevanza, a paralizzare l’azione di rivalsa dal garante-solvens, delle questioni afferenti il rapporto garantito (pagg. 7 ed 8). Così la disattenzione per il “dolo” del Comune o comunque della sua scoperta mala fede nell’omettere la approvazione della chiesta variante, appare priva di alcuna rilevanza avendo la Corte chiaramente accertato che il garante, una volta operata la solatio verso il richiedente beneficiario, aveva titolo in via automatica di rivalersi verso il contraente della polizza.

Quinto motivo. Con tale censura ci si duole della mancata applicazione al Comune della decadenza contrattuale nell’esercitare il diritto di escussione della polizza: ad avviso della ricorrente la indiscutibile decadenza del Comune ex art. 1957 c.c. nell’azionare la garanzia al di fuori dei suoi precisi limiti temporali, avrebbe dovuto indurre ad escludere, per la stessa ragione, la fondatezza della proposta azione di rivalsa. Ma la Corte di Appello, con motivazione evidentemente sfuggita alla ricorrente, ha ritenuto che l’eccezione di decadenza, che competeva alla garante frapporre alla pretesa del beneficiario, sfuggiva alla iniziativa del debitore principale chiamato in rivalsa: e ciò per la ridetta previsione di autonomia della azione di rivalsa di cui all’art. 9, previsione interpretata senza errori di diritto o incorrendo in vizi di motivazione.

Sesto motivo. Con esso si dissente dalla interpretazione data dalla Corte alla convenzione, affermando che l’obbligazione della lottizzante D.P. era stata trasferita ai cessionari dei lotti e non già assicurata in proprio anche per gli aventi causa. In tal senso del resto la Milano ass.ni avrebbe inteso l’obbligazione, là dove aveva accettato che fosse ripartito il premio tra i vari acquirenti-cessionari di quote. La censura – che esprime irrilevante dissenso dalla interpretazione data dalla Corte di Palermo alla convenzione – pare ignorare il passaggio della sentenza (pag. 9) nel quale la Corte territoriale ha esaminato l’appendice 18.3.1997 ed ha tratto dalla chiara formula di conferma della parte non derogata (fermo il resto) la conseguenza per la quale la D.P., anche dopo il trasferimento di alcuni lotti e la ripartizione della quota dei premi relativi, rimaneva l’unico contraente nei riguardi del garante e quindi l’unico esposto alla azione di rivalsa. E tale lettura non viene fatta segno a doglianze di malgoverno ermeneutico o di illogicità nella argomentazione.

Settimo motivo. Lamenta l’estensione del regresso alle spese nel mentre la Milano Ass.ni aveva agito in ritardo e scorrettamente, mancando di pagare immediatamente a richiesta del Comune e quindi finendo per essere coinvolta inutilmente nel giudizio. Il rilievo appare privo di consistenza, posto che se, da un lato, la Milano ha rettamente inteso difendersi in giudizio dalla azione del Comune frapponendo le sue difese e le sue eccezioni, esattamente come la D. P. afferma si sarebbe dovuto fare (stante l’inadempienza del Comune, e non del debitore principale), dall’altro lato, le spese che la Corte territoriale ha addebitato alla D.P. sono solo le spese afferenti il rapporto processuale della domanda di rivalsa nella quale la chiamata D.P. era incontestatamente soccombente.

Non si scorge, quindi, come possa sostenersi, al contempo, che l’azione del Comune era sine titulo ai fini del presupposto della rivalsa ma che la resistenza della Milano a tale azione era indebita stante … la automaticità della sua esposizione debitoria. Resta quindi immune da censure anche la parte della sentenza afferente la regolamentazione delle spese. Rigettato il ricorso non è luogo a regolare spese di lite, stante l’assenza di difese degli intimati e della Milano Ass.ni (costituita ai fini di eventuali, e non svolte, difese orali).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2011

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