Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19064 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. II, 06/07/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 06/07/2021), n.19064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23910/2016 proposto da:

MEDCENTER CONTAINER TERMINAL MCT SPA, elettivamente domiciliato in

Roma, Via Toscana 10, presso lo studio dell’avvocato Antonio Rizzo,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Davide

Magnolia, Giacomo Falsetta;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), domiciliato in Roma, Via Dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Palmi, depositata il 19/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Medcenter Container Terminal MTC s.p.a. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Palmi con cui è stata respinta l’opposizione proposta avverso alcuni decreti di liquidazione di compensi di custodia di merci sottoposte a sequestro nel porto di (OMISSIS) nell’ambito di plurimi processi penali;

– a fondamento dell’opposizione il custode aveva dedotto:

(a) l’erronea applicazione analogica del D.M. n. 265 del 2006, previsto solo per la custodia di veicoli a motore e natanti,

(b) la necessità di fare applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 2 e del D.M. n. 265 del 2006, art. 5;

(c) la sussistenza nel caso di specie di un uso locale;

(d) la necessità di rideterminare le liquidazioni in via subordinata secondo equità, sulla base del disposto del D.P.R. n. 155 del 2002, art. 59, al fine di evitare che il costo della custodia fosse inferiore al ricavo derivante dalla stessa;

– l’ordinanza impugnata ha respinto l’opposizione ritenendo l’insussistenza di un uso normativo nell’ambito della remunerazione delle attività di custodia e corretta la liquidazione dell’indennità dovuta sulla scorta del criterio equitativo;

– la cassazione del provvedimento impugnato è chiesta sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso il Ministero della giustizia;

– la società ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 58 e 59, nonchè la violazione del D.M. n. 265 del 2006, art. 5 e artt. 1 e 14 preleggi per avere illegittimamente ritenuto applicabile analogicamente, ai fini della determinazione del compenso per la custodia di container in area portuale, i valori di liquidazione del D.M. n. 265 del 2006, mentre avrebbe dovuto farsi riferimento agli usi locali richiamati dall’art. 5 del D.M., secondo la previsione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 2;

– la censura è infondata, come già osservato da questa Corte nelle pronunce n. 1205/2020 e n. 22188/2020 riguardanti fattispecie sovrapponibili a quella odierna ed a cui il collegio intende dare seguito;

– il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, affermata l’assenza di un uso locale, ha ritenuto che l’indennità dovesse essere “liquidata secondo il criterio generale residuale dell’equità.. esplicitata sulla base di parametri oggettivi e chiari”, parametri tratti dal D.M. n. 265 del 2006 (regolamento recante le tabelle per la determinazione dell’indennità spettante al custode dei beni sottoposti a sequestro), adeguando le tariffe previste per la custodia di veicoli “alle particolari caratteristiche dei container situati e movimentati in area portuale”;

– il Tribunale non ha quindi applicato in via analogica le tariffe previste per la custodia dei veicoli, ma ha posto in essere un giudizio di equità guidata da parametri di riferimento, senza per questo divenire estensione analogica;

– parte ricorrente, in memoria sottolinea come, alla luce della pronunzia di questa Corte n. 756 del 2016, sia erronea l’affermazione del Tribunale di mancanza di uso locale, mancanza che ha giustificato il ricorso all’equità;

– il Tribunale ha ritenuto che, “in assenza di ulteriori elementi da cui desumere che si sia in presenza di una serie di atti ripetuti nel tempo praticati dagli operatori del settore per corrispondere all’esigenza di regolamentare in maniera uniforme la materia, unitamente alla coscienza della cogenza dell’uso”, la sussistenza dell’uso vada esclusa;

– la statuizione del Tribunale, alla luce appunto del precedente richiamato dalla ricorrente, è condivisibile, tranne che per il riferimento alla necessaria consapevolezza della obbligatorietà dell’uso;

– come ha chiarito questa Corte, a seguito dell’emanazione del decreto del Ministro della giustizia n. 265/2006, che ha approvato il regolamento recante le tabelle per la determinazione delle indennità spettanti al custode di beni sottoposti a sequestro, non è più applicabile la disposizione transitoria di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 276 (secondo il quale l’indennità è determinata sulla base delle tariffe esistenti presso la Prefettura, ridotte secondo equità e, in via residuale, secondo gli usi locali): la determinazione dell’indennità di custodia, per i beni diversi da quelli espressamente contemplati dal D.M. n. 265 del 2006, deve ora essere fatta, ai sensi dell’art. 5 del predetto Decreto, sulla base degli usi locali (v. Cass. 11281/2012). L’uso locale, al quale rinviano l’art. 58, comma 2, del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia e il D.M. n. 265 del 2006, art. 5, va individuato – lo precisa la pronuncia di questa Corte n. 756/2016 – nel “corrispettivo della custodia usualmente praticata dagli operatori del settore nella realtà economica del luogo dove l’attività è svolta, a prescindere dalla ricorrenza di un elemento ulteriore del tipo di quello del nominato correntemente opinio iuris ac necessitatis, consistente nella valutazione, comune ai consociati, della giuridica necessità della tenuta del comportamento di osservanza di quelle tariffe”; dato che “sono le stesse norme di legge e di regolamento a rinviare alla pratica commerciale, il rinvio vale di per sè a recepire e a legittimare ai fini della determinazione dell’indennità di custodia la prassi dei corrispettivi applicati dalle imprese del settore, senza che occorra che l’elemento materiale dell’uso, inteso come costante ripetizione del comportamento tariffario, sia anche assistito dalla opinio iuris”;

– ha pertanto errato il giudice a quo ad esigere che il tariffario per i costi delle operazioni nel porto di (OMISSIS), per poter essere considerato uso locale e assumere quindi i caratteri della giuridicità, debba essere accompagnato da una convinzione di obbligatorietà, e in tal senso va corretta la motivazione eliminando l’inciso “unitamente alla coscienza della cogenza dell’uso”;

– non ha però errato il Tribunale nell’affermare l’inesistenza dell’uso in mancanza della dimostrazione di “una serie di atti ripetuti nel tempo praticati dagli operatori del settore per corrispondere all’esigenza di regolamentare in maniera uniforme la materia”;

– come ha appunto stabilito questa Corte nel precedente supra richiamato, trattandosi di attività di custodia da svolgersi in area portuale il giudice deve liquidare l’indennità tenendo conto “delle tariffe delle operazioni portuali praticate nei confronti degli utenti, prendendo a base del calcolo quella, più conveniente per l’amministrazione della giustizia, applicata dall’impresa più competitiva nell’ambito di un mercato concorrenziale soggetto alla vigilanza della autorità portuale”. Presupposto quindi perchè si possa parlare di uso è che vi siano più tariffe praticate da più imprese che operano nell’ambito di un mercato concorrenziale; ed è appunto quello che ha escluso il Tribunale con accertamento in fatto che non è contestato dalla ricorrente, che anzi espone di essere “il solo operatore terminalista nell’area portuale di riferimento” (p. 2 della memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.);

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 265 del 2006, art. 5 ed D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59, per avere ritenuto legittima la riduzione progressiva dell’importo dell’indennità sulla base della regola generale, secondo la quale la ripetitività della stessa attività nel tempo comporta un aumento delle economie di scala e una diminuzione dei costi, con la conseguenza che passando il tempo i costi della custodia diminuirebbero;

– il motivo è infondato;

– il Tribunale non ha applicato in via analogica la regola, espressa dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59, comma 3, per cui “le tabelle – per la determinazione dell’indennità di custodia prevedono, altresì, le riduzioni percentuali dell’indennità in relazione allo stato di conservazione del bene”, ma, in via equitativa (v. supra), ha respinto la deduzione della ricorrente che la tariffa giornaliera dovesse rimanere invariata per tutta la durata della custodia, non avendo la medesima allegato e provato idonee circostanze di fatto al riguardo;

– con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dall’esame della domanda formulata in via subordinata di applicazione delle tariffe vigenti di MCT, nonostante le stesse dovessero essere intese quali corrispondenti all’uso locale e criterio residuale per le liquidazioni giudiziali;

– la censura, che appare più correttamente riconducibile ad un’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è tuttavia infondata;

– il tribunale ha esaminato la domanda di liquidazione del compenso sulla base delle tariffe praticate dalla Medcenter e, a prescindere dalla qualifica di domanda subordinata che gli si attribuisce in ricorso, essa è stata respinta dal Tribunale che ha escluso, legittimamente per quanto sopra considerato, che esse potessero costituire valido parametro di riferimento per la liquidazione del compenso, pronunciandosi cioè negativamente sulla questione della loro utilizzabilità in difetto del presupposto richiesto dalla disposizione e cioè che si tratti di un uso praticato nell’ambito di un mercato concorrenziale;

– il ricorso deve pertanto essere respinto;

– in applicazione della soccombenza la ricorrente va poi condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2300,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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