Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19062 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/07/2017, (ud. 21/06/2017, dep.31/07/2017),  n. 19062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11304/2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI;

– ricorrente –

contro

P.R.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di RAGUSA, depositato il 12/11/2015,

emesso sul procedimento iscritto al n. 1522/2014 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che P.R. presentava istanza per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., per la verifica della condizione sanitaria onde beneficiare dell’indennità di accompagnamento e per accertare lo status di portatore di handicap con connotazione di gravità (L. 5 febbraio 1992, n. 104, ex art. 3, comma 3);

che il consulente tecnico nominato accertava l’insussistenza del requisito sanitario richiesto per l’indennità di accompagnamento -avendo ritenuto la P. invalida al 100% ma non bisognosa di assistenza continua e portatrice di handicap non grave – ed avverso tali conclusioni medico-legali non venivano mosse contestazioni;

che il Tribunale, con decreto ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 5, omologava l’accertamento del relativo requisito sanitario per il diritto all’indennità di accompagnamento ed all’accertamento dello status di portatore di handicap grave con decorrenza dell’ottobre 2013 e condannava l’INPS alle spese di causa;

che avverso tale pronuncia propone ricorso straordinario ex art. 111 Cost., l’INPS affidato a tre motivi;

che la P. è rimasta intimata;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che l’INPS ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., con la quale dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l’accoglimento del ricorso;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che: con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 445 bis c.p.c., (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) avendo il giudice condannato l’INPS alle spese nonostante l’istituto fosse risultato totalmente vittorioso in quanto il consulente tecnico nominato aveva ritenuto non sussistente requisito sanitario richiesto per l’indennità di accompagnamento e neppure per lo status di portatore di handicap grave; con il secondo mezzo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112 e 445 bis c.p.c., L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 19, D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 8, e L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 6 e 7, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) in quanto il giudice con l’impugnato provvedimento riconosciuto un status di invalido al 100% senza relazionarlo ad alcuna provvidenza dal momento che la pensione di inabilità non era stata richiesta e l’indennità di accompagnamento non poteva essere riconosciuta non essendo la P. abbisognevole di assistenza continua nel compimento degli atti del vivere quotidiano; con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112 e 445 bis c.p.c., L. n. 104 del 1992, art. 3, commi 1 e 3, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) perchè non avendo il consulente tecnico nominato accertato la ricorrenza del requisito sanitario per il riconoscimento dello status di portatore di handicap grave, il giudice non avrebbe dovuto condannare l’INPS alle spese di lite;

che il primo motivo è infondato in quanto la condanna alle spese dell’INPS è coerente con il decreto di omologa che ha accertato nei confronti della P. la sussistenza del requisito sanitario previsto dalla legge tanto con riferimento alla indennità di accompagnamento che al riconoscimento dello status di portatore di handicap grave;

che del pari infondati sono tanto il secondo che il terzo motivo avendo la P. chiesto la verifica della sussistenza delle condizioni sanitarie previste per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento e dello status di portatore di handicap grave;

che, a questo punto, è il caso di precisare come avverso il decreto di omologa (che segue automaticamente nel caso in cui non sorgano contestazioni) non vi sono rimedi perchè questo è espressamente dichiarato, dal legislatore che ha novellato il codice di rito, “non impugnabile”, quindi non soggetto ad appello e neanche a ricorso straordinario ex art. 111 Cost., e che il rimedio concesso a chi intenda contestare le conclusioni del consulente tecnico c’è ma si colloca esclusivamente in un momento anteriore, ossia prima della omologa e nel termine fissato dal giudice per muovere contestazioni alla consulenza tecnica;

che, tuttavia, il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto di omologazione dell’accertamento del requisito sanitario operato dal c.t.u., è stato ritenuto ammissibile, da questa Corte, ma limitatamente alla statuizione sulle spese, sia legali che di consulenza, trattandosi, solo in parte qua, di un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, incidente sui diritti patrimoniali delle parti e non altrimenti impugnabile (Cass. sez. sesta – L 5 agosto 2016 n. 16519, in continuità con Cass. 8932/2015) mentre il provvedimento di omologa che si discosti dalle conclusioni del CTU deve ritenersi viziato da errore materiale emendabile con la procedura di correzione (Cass. 13 marzo 2017 n. 6415; Cass. 22 dicembre 0216, n. 26758; Cass. 17 marzo 2014, n. 6085);

che, alla luce di quanto esposto, il ricorso va rigettato;

che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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