Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19062 del 19/09/2011

Cassazione civile sez. I, 19/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 19/09/2011), n.19062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28934-2005 proposto da:

COMUNE DI COMISO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. CAPPONI 16, presso

l’avvocato CERMIGNANI CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BARONE GAETANO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.G. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di

titolare e legale rappresentante dell’omonima impresa di costruzioni,

capogruppo mandataria della Riunione Temporanea d’impresa G.

G. – M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SEBINO 16, presso l’avvocato GURRIERI VANESSA, rappresentato e difeso

dall’avvocato AREZZO DOMENICO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 973/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 12/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2011 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CARLO CERMIGNANI, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato DOMENICO AREZZO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione (secondo motivo).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Ragusa, con sentenza del 23.7.97, dichiarò risolto per inadempimento di G.G., titolare dell’omonima impresa di costruzioni, il contratto d’appalto del 21.7.91 da questi stipulato col Comune di Comiso, avente ad oggetto la realizzazione dell’impianto di climatizzazione del municipio. L’appello proposto dal G. contro la decisione fu accolto dalla Corte d’Appello di Catania che, disposta una ctu, affermò che la risoluzione doveva essere imputata all’inadempimento dell’ente territoriale e condannò quest’ultimo a restituire all’appellante la cauzione e le spese contrattuali ed a pagargli Euro 10.436,74, oltre agli interessi legali, a titolo risarcitorio.

A sostegno della decisione, la Corte territoriale rilevò che, secondo quanto accertato dal ctu, per poter eseguire i lavori appaltati, l’originario progetto necessitava di modifiche che, comportando un aumento dell’importo del contratto, avrebbero dovuto essere apportate, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 343 e art. 199, comma 2 del regolamento della contabilità generale dello stato, mediante approvazione di una perizia di variante tecnica e suppletiva, che il Comune si era rifiutato di adottare; che, pertanto, la mancata esecuzione dei lavori da parte dell’appaltatore trovava giustificazione nell’inerzia dell’ente territoriale.

Il Comune di Comiso ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi.

Il G. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso, il Comune di Comiso denuncia violazione della L. n. 2248 del 1865, artt. 342, 342 e 344, all. F, nonchè vizio di motivazione. Rileva che l’art. 2 sub 2 del capitolato d’appalto precisava espressamente che non andavano ritenute varianti di esecuzione le opere, provviste e prestazioni derivanti da correzioni ed inesattezze del rilievo e che le modifiche resesi necessarie riguardavano esclusivamente il diametro delle tubazioni, essendo emerso che lo spessore del massetto di calcestruzzo sottostante alla pavimentazione dei piani dell’edificio municipale non era sufficiente ad alloggiare quelle previste nel contratto; che, peraltro, l’installazione di tubazioni di minor diametro non comportava difformità del prezzo contrattuale, sicchè correttamente la Direzione dei lavori non aveva ritenuto che la modificazione comportasse la necessità di adottare una perizia di variante e suppletiva. Sostiene che la Corte di merito ha errato nell’aderire alle conclusioni del ctu – il quale aveva ritenuto propedeutici alla realizzazione dell’impianto la predisposizione di un cunicolo esterno di collegamento alla centrale termica, la revisione della rete di alimentazione dei radiatori e l’aumento dei circuiti, per un costo aggiuntivo stimato in 29 milioni delle vecchie Lire – in quanto la prima modifica non era necessaria, mentre le altre costituivano variazioni non già al progetto, ma allo schema di massima predisposto dalla D.L., la cui necessità avrebbe dovuto essere verificata in corso d’opera. Il motivo va dichiarato inammissibile.

Il ricorrente non contesta che per l’esecuzione dei lavori ritenuti necessari dalla Corte territoriale, non previsti nell’originario progetto e comportanti un aumento del prezzo dell’appalto, avrebbe dovuto essere adottata una perizia di variante e suppletiva, ma si limita a dedurre l’erroneità dell’accertamento d merito compiuto dal giudice a quo, in adesione alle risultanze della ctu disposta nel corso del giudizio.

La censura si risolve, pertanto, nella denuncia di un inesatto apprezzamento dei fatti di causa, sindacabile esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sennonchè, sotto tale profilo, il motivo difetta del requisito dell’autosufficienza.

Infatti, qualora con il ricorso per cassazione venga dedotta l’omessa o insufficiente valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività delle circostanze asseritamene non valutate, che il ricorrente le richiami con puntualità, ove occorra mediante la loro integrale trascrizione (Cass. n. 12988/010).

Il Comune, che imputa alla Corte di merito di aver omesso di considerare che nel computo metrico estimativo allegato al contratto d’appalto era prevista una canaletta che copriva abbondantemente il percorso di collegamento con la centrale termica, e che la revisione e l’aumento dei circuiti non comportavano variazioni progettuali, avrebbe pertanto dovuto riportare nel motivo le pattuizioni contrattuali dalle quali si evincevano le circostanze dedotte ed asseritamene non valutate dal giudice dell’appello o, quantomeno, rinviare ai documenti che ne consentivano il riscontro, previa esatta indicazione della fase processuale in cui li aveva prodotti e della loro numerazione nel fascicolo di parte.

2) Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con quale il Comune, denunciando ancora violazione della L. n. 2248 del 1865, art. 342 del capitolato generale d’appalto approvato con il D.P.R. n. 1063 del 1962, L.R. n. 21 del 1985, art. 23, e R.D. n. 350 del 1895, art. 103 deduce – in base al presupposto, rimasto indimostrato, della non ricorrenza delle condizioni per l’adozione di una perizia di variante e suppletiva – che, poichè il Direttore dei Lavori aveva autorizzato il G. ad installare tubazioni di diametro inferiore a quello pattuito, il rifiuto dell’appaltatore di dare inizio all’opera non trovava giustificazione, con la conseguenza che la Corte di merito avrebbe dovuto ritenerlo arbitrario.

3) Con il terzo ed il quarto motivo l’ente territoriale denuncia violazione dell’art. 1455 c.c. nonchè vizio di motivazione e rileva che nella specie era pacifico che il G. non aveva proceduto a compiere neppure gli adempimenti preliminari contrattualmente posti a suo carico e consistenti nella predisposizione e comunicazione ‘ del piano dei lavori, del piano delle misure di sicurezza degli operai e dell’esecutivo progettuale degli impianti, nonchè nella denuncia agli enti previdenziali; che dunque la Corte territoriale, per poter stabilire a quale dei due contraenti fosse imputabile la violazione del sinallagma contrattuale, avrebbe dovuto porre in comparazione le loro rispettive condotte; che tale valutazione è invece totalmente mancata, nonostante vi fosse piena prova dell’inadempimento del G., secondo quanto ritenuto dal giudice di primo grado.

I motivi, che sono fra loro strettamente connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, sono anch’essi inammissibili per difetto del requisito dell’ autosufficienza.

Il ricorrente fa infatti cenno a risultanze processuali che il giudice dell’appello avrebbe omesso di valutare ai fini del giudizio di comparazione di cui all’art. 1455 c.c., ma non le richiama integralmente nei motivi, nè indica gli atti, i documenti, i verbali di causa dai quali esse dovrebbero ricavarsi: risulta pertanto impedito a questa Corte di operare il dovuto controllo in ordine alla tempestiva deduzione, nei precedenti gradi di merito, dei rilievi illustrati nella presente sede di legittimità ed alla idoneità e sufficienza delle circostanze dedotte, ed asseritamente trascurate dal giudice a quo, a provare l’imputabilità al G. della risoluzione contrattuale ed a condurre, pertanto, ad una diversa decisione. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso; condanna il Comune di Comiso a pagare a G.G. le spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2011

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