Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19061 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/09/2020, (ud. 24/06/2020, dep. 14/09/2020), n.19061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28757-2016 proposto da:

N.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO PASCA;

– ricorrente –

contro

VARS DI S.C. & C. S.N.C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’Avvocato SALVATORE NISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1351/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/06/2016 r.g.n. 2842/2013.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale, per quanto ancora interessa, era stata rigettata la domanda proposta da N.L. nei confronti della Vars di S.C. & C. s.n.c. sul rilievo che le pretese azionate in giudizio (pagamento delle differenze provvigionali maturate e non erogate) erano oramai prescritte.

2. Il giudice di appello ha rilevato che l’ordinanza con la quale in primo grado era stata disposta l’istruttoria non aveva definito alcuna questione preliminare di merito ma solo adottato provvedimenti ordinatori per lo svolgimento del processo. Conseguentemente ha escluso che, in disparte la forma adottata, il provvedimento potesse essere qualificato nella sostanza come sentenza. Ha ritenuto infatti che fosse rimasta impregiudicata la definizione della questione relativa alla maturazione della prescrizione dei crediti azionati ed alla sua interruzione, e, al pari del giudice di primo grado, ha accertato che la lettera inviata dal N. alla Vars il 18 marzo 2000 non conteneva una esplicita intimazione di adempimento della pretesa poi azionata in giudizio e che pertanto non era idonea ad interrompere il maturare della prescrizione.

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso N.L. che articola due motivi ai quali resiste con controricorso la Vars di S.C. & C. s.n.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 279 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

4.1. Sostiene il ricorrente che la Corte di merito avrebbe erroneamente attribuito valore di ordinanza al provvedimento del Tribunale di Lecce del 14.1.2013 sebbene nell’ammettere la prova testimoniale il giudice di primo grado doveva aver necessariamente risolto la questione, preliminare all’accertamento del credito azionato, dell’avvenuta maturazione della prescrizione con provvedimento che, pertanto, definendo una questione preliminare di merito, non poteva che avere valore di sentenza. Conseguentemente il ricorrente chiede a questa Corte la cassazione della sentenza con restituzione della causa al giudice di appello per l’espletamento della prova già ammessa e non espletata.

5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 279 c.p.c. e dell’art. 2943 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5.1. Sostiene il ricorrente che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che la lettera del 18 marzo 2000 non costituisse atto idoneo ad interrompere la prescrizione dei crediti provvigionali azionati in giudizio ed osserva che a tal fine non è necessaria una richiesta o intimazione essendo invece sufficiente che tale volontà emerga anche implicitamente dalla dichiarazione dell’interessato di voler azionare il suo diritto.

6. Il ricorso non può essere accolto.

6.1. Con riguardo al primo motivo – formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, va rilevato che il ricorrente ha trascurato di riportare per esteso l’ordinanza del giudice di primo grado che, a suo avviso, avrebbe deciso con valore di sentenza sulla valida interruzione della prescrizione. Il provvedimento viene riportato con alcuni omissis dalla sentenza e nel ricorso per cassazione ne sono trascritti solo degli estratti.

6.2. La Corte di merito nell’interpretare l’ordinanza con la quale il Tribunale ha ammesso le prove ha evidenziato che si trattava di provvedimento con il quale si era inteso solo regolare lo svolgimento del processo, disponendo l’istruttoria e lasciando impregiudicata la definizione delle altre questioni.

6.3. Orbene nel dedurre che la Corte di appello avrebbe erroneamente interpretato l’ordinanza e sarebbe perciò incorsa nella violazione dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 2, – in quanto con il provvedimento sarebbe stata risolta proprio una questione preliminare di merito da definire, ai sensi della citata disposizione, con sentenza suscettibile, se non impugnata ritualmente, di passare in giudicato e precludere perciò un nuovo e diverso esame della medesima questione – e per contestare in maniera specifica l’interpretazione dell’ordinanza data dalla Corte di appello sarebbe stato necessario riprodurne il testo per consentire alla Corte di verificare se effettivamente era intervenuta una “decisione” sulla questione della prescrizione.

6.4. Anche a voler interpretare la censura come deduzione di un vizio processuale ai (sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, invece che, come effettivamente denunciato, come vizio di violazione di legge a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., comunque era necessario riprodurre l’ordinanza in relazione alla quale è stata lamentata l’errata applicazione della norma processuale. Va qui ribadito che nel caso in cui la Corte sia chiamata a verificare l’esistenza di un error in procedendo e conseguentemente possa esaminare direttamente gli atti è comunque necessario che la censura sia specifica e perciò, in primo luogo, ammissibile (cfr. Cass. 08/06/2016 n. 11738 e 10/11/2011 n. 23420).

7. Il secondo motivo di ricorso è del pari inammissibile sotto vari profili.

7.1. Anche a voler tralasciare il fatto che il motivo contiene una non consentita mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, con prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili (23/10/2018 n. 26874) va rilevato che con riguardo alla denunciata violazione di legge il ricorrente nel dolersi della ritenuta inidoneità della lettera del 18 marzo 2000 ad interrompere la prescrizione dei crediti provvigionali azionati in giudizio il ricorrente avrebbe dovuto denunciare l’erronea interpretazione da parte della Corte di merito di quel documento evidenziando quali erano i canoni che si assumevano violati. L’affermazione in diritto della corte di merito è infatti diretta conseguenza della lettura data a quel documento. Una volta escluso che lo stesso contenesse una chiara ed inequivoca volontà di esigere le maggiori provvigioni spettanti e non erogate la Corte ha tratto una conclusione in diritto che non incorre nella violazione denunciata. Ove si assuma che il giudice abbia erroneamente inteso il contenuto di un documento contenente una dichiarazione unilaterale recettizia diretta a produrre i suoi effetti nei confronti di un terzo è necessario denunciare un vizio di interpretazione dell’atto. Ciò che si denuncia è l’accertamento della volontà in esso espressa, indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre che nel vigore del testo novellato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. 14/07/2016 n. 14355).

7.2. Tuttavia la censura, formulata anche sotto l’ulteriore profilo del vizio di motivazione, è del pari inammissibile perchè non si confronta con la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, ed applicabile “ratione temporis”, il quale presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. 13/08/2018 n. 20721 e Cass. Sez. U. 07/04/2014 n. 8053).

8. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. in relazione all’incidenza dell’avvenuta ammissione al gratuito patrocinio sulla debenza del contributo unificato Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.500,00 per compensi professionali oltre al 15% per spese forfetarie ed accessorì dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

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