Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1906 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.25/01/2017),  n. 1906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14166-2014 proposto da:

C.O.SPE. COSTRUZIONI OPERE SPECIALI S.R.L., C.F. (OMISSIS), in

persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato

CARLA RIZZO, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO CAZZOLA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.B., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PAVIA 30, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PROIETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO SOLAZZI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 872/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 29/10/2013 R.G.N. 311/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato MONTANARI GIANLUCA per delega Avvocato CAZZOLA

FABIO;

udito l’Avvocato MAMMARELLA TOSE’ OLIVIA per delega Avvocato PROIETTI

FABRIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del 29 ottobre 2013, la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dalla COSPE srl nei confronti di M.B., con le pronunce reintegratorie e patrimoniali consequenziali.

La Corte territoriale, premesso che il lavoratore era inquadrato come manovale e quindi “potenzialmente ed essenzialmente suscettibile di essere adibito alle mansioni più disparate”, ha ritenuto che la società non aveva fornito “la benchè minima spiegazione del motivo per il quale è stato licenziato proprio lui, e solo lui, e non altri”.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso COSPE Srl con due motivi. M.B. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno comunicato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

4.- Con il primo motivo si lamenta l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La Corte avrebbe innanzitutto omesso di valutare la pacifica e certa “riduzione dei ricavi di Cospe, con importanti perdite”; inoltre si eccepisce che “Cospe aveva provato, depositando le buste paga di tutti i suoi dipendenti, che M. e C. erano gli unici “manovali di primo livello” CCNL (laddove tutti gli altri operai avevano livelli superiori ed avevano specializzazioni maggiori), poichè non avevano la capacità di operare con macchine operatrici complesse”.

Il motivo è inammissibile perchè trascura di considerare che la sentenza impugnata, pubblicata in data 29 ottobre 2013, è sottoposta al regime del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, secondo cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Il Collegio reputa che nella motivazione della sentenza impugnata tali vizi radicali non siano riscontrabili, sicchè con la doglianza si tende ad una inammissibile rivalutazione del giudizio affidato al sovrano apprezzamento del giudice di merito, per di più facendo indebito rinvio a documenti depositati nel corso del giudizio senza riportarne il contenuto.

Con il secondo motivo si denuncia violazione della L. n. 604 del 1966, artt. 1, 3, 5 e dell’art. 2118 c.c., deducendo che Cospe aveva dato specifiche e sufficienti indicazioni e motivazioni sia della necessaria riduzione del personale sia dell’individuazione del dipendente prescelto. Si lamenta “la incomprensibilità” della motivazione esposta dalla Corte territoriale nonchè “l’incomprensione da parte dei Giudici delle tesi di Cospe e delle risultanze istruttorie”.

Anche tale censura non può trovare accoglimento perchè priva di specificità considerato che, con riferimento alla violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il vizio va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012). Nella specie in realtà parte ricorrente, nonostante il rinvio solo formale al vizio di violazione di legge, nella sostanza lamenta un errato apprezzamento da parte della Corte territoriale circa i fatti posti a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, come è reso manifesto dai riferimento alla mancata comprensione da parte dei giudici del merito “delle risultanze istruttorie”.

Trattasi, anche per questo verso, di una inammissibile richiesta di rivisitazione della quaestio facti certamente preclusa in sede di legittimità.

5.- Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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