Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19058 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/09/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 14/09/2020), n.19058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29091-2014 proposto da:

S.G.E., nella qualità di titolare della Ditta TECNIC

PHON CENTER di S.G.E., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LIVORNO 6, presso lo studio dell’avvocato GUIDO DE SANTIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO CUSUMANO;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE E.N.A.S.A.R.C.O. già E.N.A.S.A.R.C.O. Ente Nazionale

Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI n. 59, presso lo studio dell’avvocato

MARIA SALAFIA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2879/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/05/2014 R.G.N. 2448/2012.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 31 maggio 2014, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di S.G.E. nei confronti della Fondazione ENASARCO volta all’accertamento negativo dell’obbligo contributivo in relazione alla posizione di taluni agenti; la Corte poi, in accoglimento dell’originaria domanda riconvenzionale della Fondazione ha condannato lo S. al pagamento di somme a titolo di contributi evasi, interessi e sanzioni;

2. la Corte territoriale ha ritenuto, “sulla base della documentazione acquisita, che i contratti in atti, qualificati come contratti di vendita porta a porta, dissimulino in realtà dei contratti di agenzia”;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso lo S. con 3 motivi; ha resistito con controricorso la Fondazione ENASARCO.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia: “Erronea qualificazione dei contratti di vendita porta a porta quali contratti di agenzia. Violazione ed erronea applicazione della L. n. 173 del 2005, artt. 1, 3 e 4 e della L. n. 114 del 1998, artt. 5 e 19, nonchè degli artt. 1742,1746 e 1747 c.c. e la L. n. 204 del 1985, artt. 2,5 e 9, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; con il secondo si deduce ancora: “Della erronea qualificazione dei contratti di vendita porta a porta quali contratti di agenzia. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

2. i motivi, esaminabili congiuntamente, non possono trovare accoglimento;

essi, infatti, nonostante formalmente invochino pretesi errores in iudicando, nella sostanza, invece, lungi dal denunciare una effettiva violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il che presupporrebbe una ricostruzione condivisa della vicenda storica quale operata dalla sentenza impugnata, oppongono una diversa ricostruzione della medesima vicenda storica, sulla base di una valutazione del materiale probatorio difforme da quella apprezzata dai giudici cui compete il dominio esclusivo del merito, così invocando un sindacato del tutto estraneo al giudizio di legittimità; in particolare si contesta l’interpretazione dei contratti stipulati con i venditori porta a porta quale offerta dalla Corte di Appello: tuttavia, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione di ogni atto negoziale è riservata all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto (Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), per cui le censure non possono risolversi, in contrasto con l’esegesi accolta dai giudici cui compete, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);

inoltre è noto che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorre o non ricorre per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata “male” applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (tra le molteplici, Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicchè il sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata perchè è quella che è stata operata dai giudici del merito; al contrario, laddove si critichi la ricostruzione della vicenda storica quale risultante dalla sentenza impugnata, si è fuori dall’ambito di operatività dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e la censura è attratta inevitabilmente nei confini del sindacabile esclusivamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione tempo per tempo vigente, vizio che appunto postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti;

3. il terzo mezzo denuncia: “violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per aver ritenuto provato il requisito della stabilità in relazione all’obbligo dei venditori di svolgere l’attività di promozione dei contratti e alla circostanza che tale attività non dipendesse soltanto dalla loro iniziativa in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

4. anche tale motivo è affetto dallo stesso vizio già evidenziato nei motivi che precedono; in particolare risultano inappropriati i richiami sia all’art. 2697 c.c., sia all’art. 115 c.p.c.;

per il primo aspetto la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella specie parte ricorrente critica l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa l’esistenza di un rapporto di agenzia, opponendo una diversa valutazione;

per l’altro aspetto, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento dell’art. 115, anche in relazione all’art. 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017);

5. conclusivamente il ricorso va rigettato; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%,

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

 

 

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