Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19058 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. II, 06/07/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 06/07/2021), n.19058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9741/2016 proposto da:

R.A., rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO DI NANNI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M., V.C.L.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA RUBICONE 27, presso lo studio dell’avvocato

MARIA TESSITORE, rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE

TEDESCHI, ALFONSO TEDESCHI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 583/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2020 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con sentenza del 10.2.2016, la Corte d’appello di Napoli dichiarò inammissibile l’appello proposto da R.A. nei confronti di R.M. e V.L.A. perchè tardivamente proposto oltre il termine di giorni sessanta dalla notifica della sentenza di primo grado, avvenuta attraverso il deposito in cancelleria R.D. n. 37 del 1934, ex art. 82.

2. Ricorre per cassazione R.A. sulla base di due motivi (con il secondo solleva questione di legittimità del R.D. n. 37 del 1934, art. 82).

2.1. Resistono con controricorso R.A.M. e V.C.L., che, in prossimità dell’udienza hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 170,326,141 e 133 c.p.c., e art. 327 c.p.c., comma 2, nonchè del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., oltre all’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la corte distrettuale ritenuto validamente effettuata la notifica della sentenza di primo grado, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, non presso il procuratore costituito ma presso la cancelleria del Tribunale, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, confondendo il luogo della notifica con il destinatario della medesima. Osserva il ricorrente che, una volta venuta meno la distinzione tra procuratore ed avvocato, prevista dal R.D. n. 37 del 1934, art. 4, l’art. 82 del medesimo decreto sarebbe stato implicitamente abrogato. Inoltre, la notifica sarebbe stata effettuata nelle mani del cancelliere e non del dirigente amministrativo, ragione per la quale sarebbe viziata da nullità. Il ricorrente deduce, infine, che, indipendentemente dalla data di introduzione del giudizio, la notifica poteva essere effettuata in via telematica.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. La sentenza del Tribunale di Napoli è stata depositata il 19.2.2014 e la notificazione della sentenza di primo grado è avvenuta in data 28.3.2014, mediante consegna a mani dell’impiegato addetto a ricevere le notificazioni.

1.3. All’epoca della notificazione non era ancora vigente il D.L. n. 90 del 2014, art. 16 sexies, entrato in vigore il 24.6.2014, che ha introdotto il c.d. “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato indica al Consiglio dell’Ordine di appartenenza. Conseguentemente, solo dall’entrata in vigore del D.L. n. 90 del 2014, non è più possibile procedere, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, salvo che non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cassazione civile sez. VI, 23/05/2019, n. 14140; Cassazione civile sez. II, 12/02/2021, n. 3685).

1.4. Antecedentemente a tale ultima modifica, l’art. 125 c.p.c., ratione temporis applicabile, come modificato dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), e dall’art. 25, comma 1, lett. a), quest’ultimo modificativo a sua volta del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, prescriveva l’obbligo per ogni difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

1.5. Detto intervento legislativo si coordinava con quello che aveva riguardato l’art. 136 c.p.c., laddove si prevede che tutte le comunicazioni di cancelleria devono essere effettuate alle parti a mezzo di posta elettronica certificata. Sulla base del testo dell’art. 125 c.p.c., così novellato, solo nel caso di indicazione dell’indirizzo PEC – che non deve essere peraltro limitata alle sole comunicazioni o avvisi di cancelleria – la notifica va effettuata presso il difensore. L’art. 125 c.p.c., non ha quindi modificato il regime di cui al R.D. n. 37 del 1934, art. 82, comma 2, con la conseguenza che nei confronti dell’avvocato esercente al di fuori del distretto di appartenenza permane, ai fini della notifica della sentenza, la domiciliazione per legge presso la cancelleria del giudice adito (Cassazione civile sez. III, 30/09/2019, n. 24218).

1.6. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 20845/2012 hanno risolto il contrasto giurisprudenziale che si era determinato dopo la novella dell’art. 125 c.p.c., introdotta dalla L. n. 148 del 2011, stabilendo che, nel mutato contesto normativo che prevede in generale l’obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, solo alla mancata osservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82, per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio.

1.7. In tal caso, va applicato il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, recante norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, sull’ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore prevede che gli avvocati – e, prima della soppressione dell’albo dei procuratori legali L. 24 febbraio 1997, n. 27, ex art. 3; secondo detta norma i procuratori – i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati – devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso.

1.8. La ratio della citata normativa è quella della prossimità: l’avvocato, in quanto iscritto all’albo del tribunale nella cui circoscrizione ricade la sede dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è instaurato il giudizio, deve essere “prossimo” a quest’ultima. In difetto di tale prossimità topografica, scatta un onere di elezione di domicilio che, ove disatteso, comporta la domiciliazione ex lege presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria (Cassazione civile Sez. Unite, 20/06/2012, n. 10143; Cass. Civ., Sez. VI, 14/9/2017, n, 21335).

1.9.Nel caso di specie, risulta dalla sentenza impugnata che il ricorrente non aveva indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata presso il quale ricevere le notificazioni, sicchè, ai fini della notifica della sentenza, la domiciliazione venne correttamente effettuata presso la cancelleria del giudice adito.

1.10. E’ pertanto corretta la decisione della corte di merito che ha ritenuto validamente effettuata la notifica della sentenza di primo grado presso la cancelleria del Tribunale di Torre Annunziata, R.D. n. 37 del 1934, ex art. 82, poichè il difensore del ricorrente, appellante nel giudizio di merito, non aveva indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza il proprio indirizzo PEC.

1.11. Non ha rilievo la circostanza che l’atto sia stato depositato nelle mani dell’impiegato e non del dirigente, in quanto nessuna norma di legge prevede tale obbligo, tanto più che la corte di merito ha accertato che l’impiegato era addetto alla ricezione egli atti.

1.12. Nè coglie nel segno l’affermazione del ricorrente in relazione all’inapplicabilità del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, una volta venuta meno la distinzione tra la figura professionale dell’avvocato e quella del procuratore.

1.13. Come correttamente osservato dalla corte d’appello, la ratio dell’art. 82, risiede non nella distinzione tra avvocati e procuratori ma nella necessità di elezione di domicilio nel circondario del giudice adito da parte che il difensore che eserciti il patrocinio extra districtum.

1.14. Nell’articolata pronuncia delle Sezioni Unite del 20/6/2012 n. 10143, si precisa che il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, pur essendo risalente nel tempo, è rimasto vigente anche dopo l’entrata in vigore del codice di procedura civile del 1940 e delle varie leggi di riforma che si sono succedute nel tempo. 1.15. Solo con l’introduzione del D.L. n. 90 del 2014, art. 16 sexies, entrato in vigore il 24/6/2014, il quale ha introdotto il c.d. “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato indica al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, non è più possibile procedere, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, salvo che non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cassazione civile sez. VI, 23/05/2019, n. 14140; Cassazione civile sez. II, 12/02/2021, n. 3685).

1.15. E’ pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, impropriamente sollevata con il secondo motivo di ricorso, con cui è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 4,24,35,41,111 Cost., per non avere la Corte d’appello ritenuto rilevante l’eccezione di illegittimità costituzionale del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, e per omessa motivazione su un punto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente rileva che il R.D. n. 34 del 1937, art. 82, era condizionato da un contesto sociale in cui l’esercizio della professione forense era soggetta a forti controlli e limitazioni territoriali secondo “zone di influenza” mentre tale distinzione sarebbe priva di significato in seguito all’eliminazione della distinzione tra procuratori e avvocati.

1.16. Come correttamente argomentato dalla corte di merito, il R.D. n. 34 del 1937, art. 82, nel riferirsi ai procuratori, non ha escluso l’applicazione della norma agli avvocati ma, al contrario, ha previsto che essa va interpretata nel senso che occorra comunque l’elezione di domicilio nel circondario del giudice adito in quanto la ratio della norma non è quella di disciplinare la concorrenza ma di agevolare il meccanismo notificatorio.

1.17. Va, in ogni caso segnalato che la Corte Costituzionale, con sentenza del 19/01/2007, n. 5 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, e dell’art. 330 c.p.c., in riferimento agli artt. 3,24 e 111 Cost., in quanto la prescrizione dell’onere di indicazione della residenza o dell’elezione di domicilio nel Comune sede del giudice adito rappresenta una scelta ragionevole, perchè funzionale a un più immediato e agevole espletamento delle formalità di notificazione, e la mancata elezione non impedisce il diritto di difesa, perchè l’avvocato ben può, con l’ordinaria diligenza, informarsi presso la cancelleria e ritirare l’atto.

1.18. Facendo corretta applicazione dei citati principi di diritto, la corte distrettuale ha correttamente dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto dal R. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli del 19/2/2014 perchè tardivamente notificata in data 28/3/2014, oltre il termine di trenta giorni dai deposito dell’atto in cancelleria.

1.19. Il ricorso va pertanto rigettato.

1.20. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

1.21. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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