Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19055 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/09/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 14/09/2020), n.19055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20010-2014 proposto da:

CARRIERO INFISSI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 138,

presso lo studio dell’avvocato MICHELANGELO DI FELICE, rappresentata

e difesa dall’avvocato ANGELO ROCCO BOCHICCHIO;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE E.N.A.S.A.R.C.O. già E.N.A.S.A.R.C.O. Ente Nazionale

Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI, 59, presso lo studio dell’avvocato

MARIA SALAFIA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10300/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/02/2014 R.G.N. 9678/2012.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 17 febbraio 2014, ha respinto l’appello principale proposto dalla Carriero Infissi Srl nei confronti della Fondazione ENASARCO avverso la pronuncia di primo grado con cui era stato respinto il ricorso in opposizione della società avverso il verbale di accertamento del 4 maggio 2010, con cui era stata contestata l’evasione contributiva con riferimento alla posizione dell’agente D.G.; in accoglimento dell’appello incidentale della Fondazione, la Corte ha condannato poi la Carriero Infissi Srl a pagare somme a titolo di contributi evasi, oltre sanzioni ed interessi;

2. la Corte territoriale ha ritenuto, conformemente al primo giudice, che fosse stata raggiunta la prova della sussistenza di un rapporto di agenzia tra la società appellante ed il D.; ha altresì considerato che “l’art. 1742 c.c., richiede la forma scritta ad probationem solo fra le parti, laddove la Fondazione Enasarco è invece terzo, che pertanto può provare l’effettiva natura del rapporto – in termini di agenzia – con qualunque mezzo di prova”;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Carriero Infissi Srl con 3 motivi; la Fondazione ENASARCO ha resistito con controricorso e, nel corso del giudizio, si è costituito un nuovo difensore con procura speciale; la società ha anche comunicato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia “nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 102,354 e 420 c.p.c., in relazione alla L. n. 12 del 1973, art. 7”, deducendo che il giudizio si sarebbe svolto senza il contraddittorio necessario con D.G., “relativamente al quale i contributi si ritenevano dovuti”;

2. la doglianza è priva di fondamento;

è consolidato l’orientamento secondo cui non sono litisconsorti necessari il lavoratore e il datore di lavoro, nelle controversie fra il secondo e l’Ente Previdenziale, aventi ad oggetto il versamento dei contributi, poichè, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi e in siffatte controversie l’accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano, di guisa che l’insorgere di una contestazione fra le parti circa la sussistenza del rapporto di lavoro non implica necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’uno o dell’altro soggetto di quello stesso rapporto, rimasto estraneo alla causa in corso, potendo la relativa questione essere risolta in via meramente incidentale, al limitato fine dell’accertamento dei presupposti suddetti, senza che tale soggetto subisca pregiudizio da una decisione “incidenter tantum”, inidonea a costituire giudicato nei suoi confronti (tra molte: Cass. n. 5353 del 2004; Cass. n. 6673 del 2003; Cass. n. 9974 del 2002);

parte ricorrente neanche si misura con tale orientamento, evidentemente applicabile anche nell’ambito di omissioni contributive contestate dall’ENASARCO, piuttosto richiamando impropriamente Cass. n. 1087 del 1993, che riguarda la diversa ipotesi di azione intentata dal preponente nei confronti del detto Ente per ottenere dal giudice la determinazione dal contributo dovuto a norma della L. 2 febbraio 1973, n. 12, art. 7, laddove proprio nella motivazione della sentenza questa Corte ha chiarito la diversità della fattispecie rispetto a quella rappresentata dalle controversie tra datore di lavoro ed ente previdenziale relative alle obbligazioni contributive;

in particolare, oggetto della causa nel precedente citato – come risulta dalla sua motivazione – era l’accertamento del massimale entro il quale doveva essere corrisposto il contributo spettante all’Enasarco in relazione al rapporto di agenzia intercorso tra una società e tre suoi agenti: tale massimale, infatti, a norma della L. n. 12 del 1973, art. 7, comma 1 e il D.P.R. n. 277 del 1983, è di Lire 24.000.000 ove l’agente sia impegnato ad esercitare la sua attività per un solo preponente, mentre è di Lire 10.000.000 per ciascun preponente negli altri casi; entro tali massimali, il contributo stesso è dovuto, in ragione del 5% a carico dell’agente e del 5% a carico del preponente, per tutte le somme a qualsiasi titolo dovute da quest’ultimo al primo in dipendenza del rapporto di agenzia; pertanto, il petitum introdotto con la domanda della società in detto precedente era, quindi, in via principale la determinazione del suddetto massimale, che era unico, sia per il preponente che per l’agente, per cui tale determinazione costituiva dunque la questione principale della causa, che non poteva essere risolta incidenter tantum; determinare il massimale significava, in sostanza, determinare il quantum del contributo, e tale determinazione non poteva che essere unica tanto per il preponente, che per l’ente e per l’agente e, di conseguenza, non poteva non avvenire nei confronti anche di quest’ultimo e ciò non soltanto per la già rilevata unicità della misura del contributo tenuto anche conto della ripartizione interna di esso tra preponente e agente -, ma anche perchè il contributo era dovuto per l’intero dal preponente anche per la quota a carico dell’agente;

quanto alla deduzione contenuta nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., circa l’oggetto della domanda riconvenzionale formulata dalla Fondazione ENASARCO, essa è inammissibile perchè contenuta in un atto che non può introdurre nel giudizio di cassazione nuovi profili di censura non adeguatamente specificati in ricorso;

3. per connessione deve essere esaminato il terzo motivo con cui si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 1742 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, sostenendo che, dall’applicazione del principio dal quale sarebbe dovuto derivare l’accoglimento del primo motivo, conseguirebbe l’erroneità dell’assunto della Corte territoriale per il quale la Fondazione ENASARCO, quale terzo, non era tenuta a prova per iscritto il rapporto di agenzia;

4. il rigetto del primo mezzo di impugnazione rende inammissibile il terzo, che è stato esplicitamente prospettato sul presupposto che il primo motivo fosse fondato;

5. con la seconda censura, invece, parte ricorrente denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di giudizio” a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avuto riguardo alla valutazione di documenti e capitoli di prova;

6. il motivo è inammissibile;

esso non considera che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non può essere invocato, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, rispetto ad un appello promosso nella specie il 10 dicembre 2012 dopo la data sopra indicata (richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c., in base al quale il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014);

7. conclusivamente il ricorso va rigettato, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

 

 

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