Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19054 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/07/2017, (ud. 15/05/2017, dep.31/07/2017),  n. 19054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11373-2016 proposto da:

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, – (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., – C.F. (OMISSIS), in persona del

Curatore Fallimentare, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PONTEFICI 3, presso lo studio dell’avvocato VALENTINO CAPECE

MINUTOLO DEL SASSO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1037/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/05/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

il Ministero dello sviluppo economico ricorre per cassazione avverso la sentenza con la quale la corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta nei riguardi del lodo sottoscritto in data 8-10-2008 dal collegio arbitrale designato a definire la controversia insorta tra il Ministero suddetto e il fallimento di (OMISSIS) s.p.a., riguardante la decadenza dai benefici di cui alla L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 32, di conversione, con modificazioni, del D.L. 19 marzo 1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981;

la curatela del fallimento resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

non va dato corso all’istanza di rinvio formulata da entrambe le parti, dovendo il ricorso esser deciso nel senso che segue;

la corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile il gravame in quanto affidato ad asserite violazioni di norme di diritto;

ha affermato che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 829 c.p.c. dal D.Lgs. n. 40 del 2006, gli errores in iudicando possono essere fatti valere, quale causa di nullità del lodo, solo laddove tale possibilità risulti espressamente prevista dalla legge ovvero contemplata dalle parti nella clausola compromissoria o in altri atti anteriori all’instaurazione del procedimento arbitrale; condizioni invece non ricorrenti nel caso concreto;

con l’unico motivo di ricorso il Ministero censura tale ratio decidendi per violazione del citato art. 829 c.p.c., in quanto la convenzione di arbitrato era stata stipulata anteriormente all’entrata in vigore della modifica normativa richiamata dalla corte distrettuale, e in quanto le convenzioni concluse prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 avrebbero dovuto essere regolate dalla legge previgente, che disponeva l’impugnabilità del lodo per violazione della legge sostanziale a meno che le parti avessero diversamente stabilito;

il ricorso è manifestamente fondato;

le Sezioni unite di questa Corte hanno infatti chiarito che, in tema di arbitrato, l’art. 829 c.p.c., comma 3, come riformulato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 24 si applica sì, in base alla disposizione transitoria di cui all’art. 27, a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore della novella, ma, per stabilire se sia ammissibile l’impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge – cui l’art. 829 rinvia – “va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato”, sicchè, “in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l’impugnazione del lodo, così disponendo l’art. 829 c.p.c., comma 2, nel testo previgente, salvo che le parti stesse avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile” (Cass. Sez. U n. 9284-16);

identico principio è stato affermato con riferimento all’arbitrato societario (Cass. Sez. U n. 9285-16);

il senso dell’enunciato principio – evidentemente non colto dalla difesa del controricorrente – è che, ai fini specifici, rileva la legge che disciplina la convenzione di arbitrato per stabilire quale sia stata la volontà delle parti in ordine ai limiti di impugnabilità del lodo; e tale è la legge vigente nel momento in cui la convenzione di arbitrato viene stipulata, perchè solo questa legge può ascrivere al silenzio delle parti – che in sè costituisce comportamento neutro – un significato, invece, normativamente predeterminato;

nel caso di specie è pacifico, tenuto conto delle difese svolte dalle parti, che la convenzione di arbitrato era stata stipulata in data anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, il che imponeva di ritenere che fosse stata regolata dal previgente art. 829 c.p.c., comma 2;

secondo tale norma l’impugnazione per nullità, derivante dall’inosservanza di regole di diritto, era altresì ammessa salvo che gli arbitri non fossero stati autorizzati dalle parti a decidere secondo equità ovvero che le parti medesime avessero dichiarato il lodo non impugnabile;

dalla sentenza risulta che la clausola compromissoria supponeva un arbitrato secondo diritto e non contemplava affatto l’inoppugnabilità del lodo;

consegue che, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’appello, l’impugnazione del lodo era ammissibile anche per errores in iudicando;

tanto comporta che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello, in diversa composizione, affinchè provveda a esaminare il merito della controversia;

la corte territoriale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria, su relazione del cons. Terrusi (est.), il 31 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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