Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19051 del 28/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/09/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 28/09/2016), n.19051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza 17603/2015 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 26,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIA LUCCHESI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FILIPPO TORTORICI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.E.;

– intimati –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. ALBERTO

CARDINO che chiede che codesta Suprema Corte voglia dichiarare la

competenza del Tribunale di Palermo, assumendo i provvedimenti di

cui all’art. 49 c.p.c., comma 2;

avverso il provvedimento n. R.G. 1419/2015 del TRIBUNALE di PALERMO,

depositato il 21/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato Filippo Tortorici difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. O.D. ha proposto istanza di regolamento di competenza contro B.E. avverso l’ordinanza, recante la data di pronuncia del 18 giugno 2015 (ed asseritamente depositata e comunicata secondo il ricorrente il 25 successivo), con la quale il Tribunale di Palermo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha declinato la propria competenza a favore di quella del Giudice di pace “territorialmente competente” (sic), sulla controversia da esso ricorrente introdotta con citazione in opposizione al precetto, intimato dalla B. ai sensi dell’art. 477 c.p.c., impersonalmente e collettivamente agli eredi di O.F. presso la casa d riposo nella quale egli era deceduto.

p.2. Al ricorso, notificato l’8 luglio 2015, non v’è stata resistenza dell’intimata.

p.3. Prestandosi il ricorso alla trattazione con il rito di cui all’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione all’avvocato del ricorrente ed è stata fissata l’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento dell’istanza di regolamento di competenza, rilevando come, del resto, sostenuto dal ricorrente, che il Tribunale ha declinato erroneamente la competenza, giacchè, avendo la controversia natura di opposizione agli atti esecutivi, sussisteva la sua competenza per materia.

p.2. La postulazione del ricorrente e le conclusioni del Pubblico Ministero sono condivisibili.

La controversia introdotta dal ricorrente, avendo egli, pur senza qualificarsi espressamene come erede del de cuius, ma qualificandosi tale implicitamente, che la notifica del precetto agli eredi era stata irrituale perchè non preceduta da quella del titolo esecutivo, aveva certamente ad oggetto una controversia che ineriva il quomodo della pretesa esecutiva e, quindi, integrava opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., alla stregua del comma 1 di tale norma.

Ora, il suddetto comma 1, quando dice che l’opposizione ex art. 617, prima dell’inizio dell’esecuzione si propone al giudice indicato nell’art. 480 c.p.c., comma 3, intende indicare un criterio di competenza territoriale riferendosi sempre al giudice dell’esecuzione, che è sempre competente per materia sia sulle opposizioni ex art. 617, preesecutive sia sulle opposizioni ad esecuzione già iniziata. Infatti, l’art. 480, comma 3, quando si riferisce all’elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice competente per l’esecuzione e, quindi, in mancanza individua la competenza per le opposizioni a precetto nel giudice del luogo di notifica, allude sempre e soltanto al giudice dell’esecuzione.

In proposito, si ricorda che è stato osservato da Cass. n. 6667 del 2007 (non massimata dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo e correttamene evocata dal Pubblico Ministero) quanto segue (che qui si intende ribadire, atteso che la declinatoria di competenza che si censura evidentemente è il sintomo di una mancata percezione delle regole operanti in subiecta materia): “La Corte, con la sentenza 21 novembre 2001 n. 14725, ha già enunciato il principio di diritto secondo il quale le opposizioni agli atti esecutivi, anche quando riguardano il titolo esecutivo ed il precetto e sono proposte prima dell’inizio dell’esecuzione, rientrano nella competenza per materia del tribunale. Le ragioni sono in sintesi le seguenti. Prima della soppressione dell’ufficio del conciliatore e della istituzione del giudice di pace, la competenza a conoscere delle opposizioni agli atti esecutivi, anche di quelle relative al titolo esecutivo ed al precetto proposte prima dell’inizio del processo esecutivo (art. 617 c.p.c., comma 1), erano sottratte alla competenza del conciliatore e spettavano alla competenza del pretore o del tribunale, in quanto giudici delle esecuzioni che avrebbero potuto essere intraprese, e perciò erano ripartite tra tali giudici in base alle disposizioni dettate dall’art. 16 c.p.c.. Tanto si desumeva dalla disposizione contenuta nell’art. 480 c.p.c., comma 3, dettata in tema di competenza per territorio e questo perchè vi si faceva riferimento al giudice dell’esecuzione. La giurisprudenza aveva elaborato vari criteri per applicare tale disposizione, nei casi in cui nè il titolo esecutivo nè il precetto consentivano di individuare il tipo di esecuzione minacciata e la ubicazione dei beni che ne sarebbero stati oggetto. La soppressione dell’ufficio del conciliatore non ha portato modifiche alla disciplina che si desumeva dall’art. 480 c.p.c., comma 3 e la successiva soppressione dell’ufficio del pretore (attuata con il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51), si è accompagnata alla concentrazione presso il tribunale della competenza per l’esecuzione forzata (art. 9 c.p.c.). Questo comporta che alla norma dettata dall’art. 480 c.p.c., comma 3 rimasta inalterata, deve darsi la stessa interpretazione che vi si dava in precedenza.

Perciò, la competenza sulle opposizioni agli atti esecutivi, anche proposte prima dell’inizio dei processi di esecuzione forzata, spetta al tribunale”.

Dev’essere, dunque, dichiarato la competenza del Tribunale di Palermo sulla base del seguente principio di diritto: “A seguito della soppressione dell’ufficio del pretore, il tribunale è competente per materia sull’opposizione agli atti esecutivi, sia se proposta prima sia se proposta dopo l’esecuzione”.

p.3. Le spese del giudizio di regolamento di competenza seguono la soccombenza (anche considerando che l’intimata aveva eccepito essa stessa l’incompetenza infondatamente) e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Palermo. Fissa per la riassunzione il termine di cui all’art. 50 c.p.c.. Condanna l’intimata alla rifusione al ricorrente delle spese del giudizio di regolamento di competenza, liquidate in Euro milleduecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge ed oltre alla restituzione del contributo unificato se corrisposto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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