Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1905 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.25/01/2017),  n. 1905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30655-2011 proposto da:

M.R.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DUILIO, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE

LETIZIA, rappresentata e difesa dall’avvocato CARMELA DE FRANCISCIS,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA SVILUPPO S.P.A., P.I. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

BANCA SVILUPPO S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 1, presso lo studio dell’avvocato

FABRIZIO PAVAROTTI, che la rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.R.C. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 283/2011 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 23/06/2011 R.G.N. 781/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato DE FRANCISCIS CARMELA;

udito l’Avvocato PAVAROTTI FABRIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso principale, assorbito ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del 23 giugno 2011 la Corte di Appello di Potenza ha respinto l’appello proposto da M.R. nei confronti della Banca Sviluppo Spa avverso la sentenza del locale Tribunale che le aveva dichiarato improponibile il ricorso azionato a mente dell’art. 2103 c.c..

La Corte territoriale, pur ritenendo – difformemente dal primo giudice – che l’azione non fosse preclusa da un precedente giudicato per cessazione della materia del contendere, ha considerato la domanda della lavoratrice infondata nel merito. Premesso che parte attrice, inquadrata come impiegata di prima categoria con funzioni di capo reparto, agiva per ottenere il superiore inquadramento nel livello quadro super in relazione al periodo 1 luglio 1997 – 21 maggio 2000, ha ritenuto, sulla scorta delle declaratorie contrattuali, che “nessuna delle attività svolte come descritte (nell’atto introduttivo del giudizio), ove pure provate, avrebbero comportato l’inquadramento nel superiore livello, laddove il passaggio dalla categoria impiegati, sia pure con compiti di responsabilità quale è il capo reparto, alla categoria di quadro, è segnato non da un aumento di responsabilità nei compiti svolti, ma da un mutamento del ruolo all’interno dell’azienda, poichè il quadro non si deve limitare ad eseguire compiti, sia pure di alto livello, ma deve individuare gli obiettivi produttivi e le strategie per raggiungerli”.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.R. con quattro motivi. Banca Sviluppo Spa ha resistito con controricorso contenente impugnazione incidentale articolata su quattro motivi; ha comunicato altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Preliminarmente deve essere affermata la tempestività del controricorso, contenente impugnazione incidentale condizionata, sebbene presentato per la notificazione il 7 febbraio 2012, giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 370 c.p.c., atteso che il Ministro della Giustizia, con decreto 8 febbraio 2012, in conseguenza della chiusura di tutti gli uffici giudiziari di Roma Capitale il giorno 6 febbraio 2012, ha prorogato di quindici giorni i termini di decadenza per il compimento di atti presso detti uffici.

4.- I motivi del ricorso principale possono essere come di seguito sintetizzati.

Con il primo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” lamentando che la Corte di Appello abbia omesso qualsiasi attività istruttoria nonostante la specifica articolazione nel ricorso di prova testimoniale.

Con il secondo motivo si denuncia “omessa ed insufficiente motivazione della sentenza su fatto controverso e decisivo per il giudizio” dolendosi che la Corte di Potenza abbia asserito che la prova testimoniale richiesta dalla lavoratrice non era stata articolata con riferimento alle circostanze dello svolgimento di attività funzionale alla individuazione delle linee di sviluppo e di perseguimento degli obiettivi aziendali.

Con il terzo mezzo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 19 CCNL per i quadri, gli impiegati e gli ausiliari delle banche di credito cooperativo casse rurali e artigiane del 20 febbraio 1997 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” per non essersi attenuta la Corte territoriale nella individuazione del quadro al criterio descrittivo da tali articoli enunciato e rappresentato dalla valutazione delle mansioni svolte dal funzionario, considerando invece un generico ruolo di raccordo tra alta dirigenza e personale con ruolo specifico.

Con il quarto motivo si denuncia “omessa o quantomeno insufficiente motivazione della sentenza su fatto controverso e decisivo per il giudizio” perchè i giudici di appello sarebbero giunti “alle proprie generiche conclusioni senza esplicitare l’iter logico giuridico seguito e contraddittoriamente riconoscendo che – se la prova testimoniale richiesta fosse stata espletata – il mezzo istruttorio avrebbe confermato che M.R.C. compiva una serie di delicate operazioni contabili ed esecutive anche con la responsabilità di codici e chiavi di accesso”.

5.- Il ricorso – oltre ad essere inammissibilmente formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, con una tecnica di “esposizione sommaria dei fatti di causa” realizzata mediante la pedissequa riproduzione degli atti processuali per complessive 108 pagine su 120 complessive, già censurata numerose volte da questa Corte (Cass. SS. UU. n. 5698 del 2012; Cass. n. 2281 del 2010; Cass. n. 6279 del 2011; Cass. n. 1905 del 2012; Cass. n. 26277 del 2013; Cass. n. 18020 del 2013) – non merita comunque accoglimento rispetto ad alcuno dei motivi proposti.

Invero il primo, il secondo ed il quarto motivo attengono alla quaestio fatti, lamentandosi nella sostanza la mancata ammissione della prova testimoniale. In proposito occorre ribadire il principio espresso da questa Corte secondo cui il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (tra tante: Cass. n. 11457 del 2007; conformi: Cass. n. 4369 del 2009; Cass. n. 5377 del 2011). Nella specie alcuno dei capitoli di prova testimoniale non ammessi dalla Corte di Appello si riferisce a fatti dotati di tale carattere di intrinseca decisività.

Inoltre neanche si censura in modo adeguato la ratio decidendi della sentenza gravata per la quale la Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione esente da censure, che detta prova, anche ove ammessa, non avrebbe condotto all’accoglimento del ricorso perchè non erano state articolate circostanze di fatto caratterizzanti il superiore inquadramento rivendicato: anche in questo caso si tratta di valutazione circa la rilevanza della prova che, come è noto, appartiene al sovrano apprezzamento del giudice del merito.

Il terzo motivo, infine, denuncia una violazione o falsa applicazione del contratto collettivo nazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In tali casi, come le Sezioni Unite di questa Corte insegnano, l’onere di deposito sancito, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve avere ad oggetto l’integrale testo del contratto od accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale (Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010). Tale onere è soddisfatto, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, mediante il deposito di quest’ultimo, specificandosi, altresì, nel ricorso l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia rinvenibile (Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass., SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013).

Orbene, nella specie l’istante non ha specificato nel motivo di ricorso in esame, come prescritto dall’insegnamento di questa Corte innanzi ricordato, l’avvenuta produzione integrale del CCNL richiamato e la sede in cui tale documento era rinvenibile.

6.- Conclusivamente il ricorso principale deve essere respinto con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente principale al pagamento delle spese di lite liquidate in Euro 3.600,00, di cui Euro 100, per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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