Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19048 del 28/09/2016

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 28/09/2016), n.19048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24336/2012 proposto da:

P.S., (OMISSIS), P.V. (OMISSIS),

M.M. (OMISSIS), in proprio e quali eredi del Sig. P.T.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI LINCEI 30, presso lo

studio dell’avvocato GIORGIO PAOLO DE NEGRI, che li rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ SPA, in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO

SPADAFORA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso

lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

T.M., F.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2621/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato Giorgio Paolo De Negri difensore dei ricorrenti che

si riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Enrica Fasola (delega avvocato Tommaso Spina

Giordano) difensore della controricorrente Milano Ass.ni che sì

riporta al controricorso e chiede il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Antonio Manganiello (delega avvocato Giorgio

Spadafora) difensore della controricorrente Allianz Spa che si

riporta al controricorso e alla memoria e chiede il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. M.M., P.S. e P.V. hanno proposto ricorso per cassazione, in proprio e quali eredi di P.T., contro la Milano Assicurazioni S.p.a. (già Nuova Maa S.p.a), la Ras Ass. S.p.a., T.M. e F.R., avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma, n. 2621 del 15 maggio 2012, la quale ha confermato integralmente la sentenza n. 452 del 2006, resa dal Tribunale di Velletri, Sezione Distaccata di Albano Laziale in data 27 Luglio 2006.

p.2. Tale pronuncia definiva il giudizio instaurato dagli odierni ricorrenti e dal de cuius, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente stradale che aveva interessato P.S. (minorenne al momento dell’incidente e figlio di P.T. e M.M.), allorquando, mentre conduceva un ciclomotore di proprietà di P.V., era venuto a collisione con l’autovettura Mercedes di proprietà e condotta dal sig. F.R. e, dopo aver perso il controllo del mezzo, era stato travolto dall’autovettura di proprietà e condotta dal Sig. T.M., riportando gravi lesioni al volto e al corpo per la trattazione delle quali veniva ricoverato con prognosi riservata e sottoposto ad intervento chirurgico. Gli attori convenivano in giudizio i due conducenti e le loro società assicuratrici.

p.2.1. Il Tribunale di Velletri, ritenuto non provato l’an debeatur, rigettava la domanda risarcitoria, reputando che le lesioni riportate fossero riconducibili esclusivamente alla condotta imprudente del P. e ritenendo i convenuti totalmente esenti da qualsiasi colpa nella causazione dell’evento lesivo.

p.3. Al ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, hano resistito, con separati controricorsi, la Allianz S.p.a., qualificandosi come già Ras Ass. S.p.a., e la Milano Ass. S.p.a..

Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.

p.4. Sono state depositate memorie da tutte le parti costituite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata sotto l’intestazione “contraddittorietà della motivazione in riferimento all’attendibilità delle prove testimoniali, senza evocare espressamente il paradigma dell’art. 360 c.p.c., ma con oggettiva riconducibilità del motivo al n. 5 di quella norma.

La censura è rivolta alla Corte capitolina là dove essa, per un verso avrebbe confermato la valutazione del provvedimento di primo grado, nella parte in cui aveva reputato la non attendibilità dei testi di parte attrice, con la motivazione che essi non avevano rilasciato le proprie generalità nè alcuna dichiarazione nell’immediatezza del fatto, e, per altro verso, avrebbe ritenuto attendibile altro teste indotto da parte convenuta, Sig. L., ancorchè, come emergeva del sinistro redatto dai carabinieri, la sua deposizione – l’unica in esso inserita – risultasse rilasciata dopo tre giorni dal sinistro.

In particolate, la Corte d’Appello, dopo aver dato atto che i testi ritenuti inattendibili avevano dichiarato di avere assistito al sinistro e di esseri allontani, si è così espressa: “…l’esigenza di riferire nell’immediatezza del fatto all’autorità intervenuta sul luogo del sinistro stradale (vigili urbani, polizia stradale, carabinieri ecc.) la dinamica di esso è del tutto naturale: appartiene alla percezione di chiunque che fornire un apporto alla descrizione del sinistro nell’immediatezza del fatto contribuisce alla ricostruzione veritiera dell’accaduto. Ed ognuno ha perciò modo di rappresentarsi che il testimoniare ciò che si è visto in occasione di un sinistro stradale alla presenza della pubblica autorità di lì a poco intervenuta costituisca, se non un dovere giuridico, almeno un dovere civico di solidarietà gravante su chiunque. Ciò impone, come regola generale, di dubitare dell’attendibilità di quei testimoni, a maggior ragione se non emotivamente coinvolti nel fatto – e così in condizioni di mantenere quel minimo di freddezza necessaria per rappresentarsi l’esigenza di attendere l’arrivo dell’autorità – che assumano di aver assistito al sinistro e di essersi successivamente allontanati come se niente fosse accaduto”.

p.1.1. Il primo motivo è inammissibile, in quanto non rispetta il requisito di cui all’art. 366, n. 6.

Secondo consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, questa norma, che costituisce il c.d. precipitato normativo del c.d. principio dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione, implica quanto segue: “Il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile” (così già Cass. 4 settembre 2008, n. 22303; quindi, ex multis, Cass. sez. un. nn. 28547 del 2008 e 7161 del 2010).

Ora i ricorrenti fondano il motivo sull’evocazione del verbale dei carabinieri e delle prove testimonianze senza rispettare il ricordato principio di diritto, in quanto si omette di riprodurre il contenuto del verbale sia direttamente sia indirettamente, cioè riassumendolo (ed indicando la parte in cui l’indiretta riproduzione troverebbe corrispondenza), si incorre nelle stesse omissioni quanto alle prove testimoniali, ci si astiene dall’indicare se e dove il verbale dei c.c. e i processi verbali di assunzione delle prove testimoniali sarebbero esaminabili, ove prodotti in questo giudizio di legittimità (ai diversi effetti di cui al n. 4 dell’art. 369, c.p.c., comma 2. Si rileva che nemmeno, come ammette Cass. sez. un. n. 22726 del 2011, per i processi verbali si è detto di voler fare riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio del primo grado in ipotesi acquisito al giudizio di appello.

p.1.1.2. Peraltro, in aggiunta alla segnalata ragione di inammissibilità si rileva che l’illustrazione non si preoccupa nemmeno di censurare la motivazione sull’attendibilità che si è sopra riprodotta e che in parte essa stessa riproduce, sicchè il motivo è inammissibile anche perchè omette di svolgere la relativa critica.

p.2. Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., da applicare al caso concreto, qualora la deposizione del teste L. fosse stata ritenuta inattendibile”.

p.2.1. Il motivo suppone dichiaratamente dall’accoglimento del primo e, quindi, una volta che esso è stato dichiarato inammissibile resta assorbito dalla sua sorte.

p.3. Con il terzo motivo si deduce “omessa pronuncia sulla richiesta di istanze istruttorie”.

Esse avrebbero avuto ad oggetto una CTU tecnico modale sulla dinamica dell’incidente, una CTU medico legale per la valutazione dei danni subiti dal P., nonchè gli interrogatori formali dei conducenti dei veicoli coinvolti, F. e T.. Il ricorrente afferma, in particolare, che “la CTU tecnico modale, vista l’incertezza delle risultanze probatorie, sarebbe stata oltremodo utile per ricostruire la vicenda”.

p.3.1. Il motivo presenta gradati profili di inammissibilità.

Il primo è sempre riconducibile dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che non si fornisce nè sotto l’aspetto de contenuto nè sotto quello della sede di formulazione l’indicazione specifica delle richieste istruttorie cui no si sarebbe dato corso.

Il secondo, atteso che si sostiene del tutto genericamente in chiusura della breve esposizione che la Corte territoriale non si sarebbe fatta carico delle dette istanze, è rappresentato dall’omessa precisazione del se, come e dove la Corte territoriale fosse stata investita della richiesta di provvedere sulle istanze stesse con l’atto di appello: si tratta sempre di profilo riconducibile dell’art. 366 c.p.c., al n. 6, ma ancora prima evidenziante la carenza nel motivo della struttura necessaria ad integrare anche astrattamente una censura nei riguardi della sentenza impugnata, atteso che, allorquando si lamenti che il giudice d’appello non si sia fatto carico di un’istanza istruttoria disattesa o non ammessa dal primo giudice è necessario dimostrare che esso riguardo al comportamento di questi si fosse proposta impugnazione con appello.

p.4. Con il quarto, sesto e settimo motivo – che possono essere trattati congiuntamente, perchè afferiscono alla ricostruzione fattuale della dinamica della vicenda, così come definita nei precedenti gradi di giudizio – si deducono vizi motivazionali, rispettivamente afferenti la insufficiente ed errata motivazione sulle contraddizioni del teste L., sui danni riportati da una delle due autovetture coinvolte dal sinistro e sulla condotta dell’intimato T..

p.4.1. Tutti e tre i motivi sono inammissibili, in quanto anch’essi non soddisfano il criterio dell’indicazione specifica di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.

Anche in questo caso, infatti, i ricorrenti richiamano le risultanze probatorie e precisamente nel quarto motivo le prove testimoniali, nel sesto e nel settimo il verbale, senza nuovamente fornire l’indicazione specifica prescritta da detta norma.

In particolare, non si sa se e dove dovrebbero esaminarsi i verbali di assunzione di cui si riportano alcuni contenuti e sui quali si argomenta. E non si sa se e dove sarebbe esaminabile il verbale redatto dai c.c..

Si deve, in ogni caso, precisare che le censure sarebbero state comunque infondate, in quanto il giudice di merito congruamente ed esaurientemente motiva circa tutti gli elementi ritenuti al contrario dal ricorrente contraddittoriamente o erroneamente motivati.

p.5. Con il quinto motivo si prospetta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 154 C.d.S., da applicare al caso concreto in caso di accertamento della manovra di svolta a sinistra del F.”.

Vi si censura un’affermazione che la Corte territoriale, dopo avere escluso che il F. dovesse svoltare a sinistra (manovra consentita dalla segnaletica stradale), ha, enunciando un’altra ratio decidendi, affermato che, se anche fosse risultato che quella svolta era in atto, una responsabilità del medesimo si sarebbe dovuta escludere, in quanto il P. avrebbe dovuto tenere un’andatura tale da consentirgli di frenare in tempo ed in ogni caso l’urto era avvenuto “mentre il P. sopraggiungeva nella medesima direzione sul senso di marcia opposta, nonostante la presenza della linea continua”.

Queste due rationes decidendi sono ignorate dal ricorso e, pertanto, si sono consolidate, con la conseguenza che il loro consolidamento rende inutile l’esame del motivo, giacchè, se anche quest’ultimo trovasse accoglimento il dispositivo della sentenza impugnata non porrebbe ricevere conseguenze, in quanto resterebbe sonetto da dette due rationes, delle quali i ricorrenti si sono disinteressati.

p.6 Con l’ottavo e ultimo motivo si deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., sulla responsabilità del T.”.

Il motivo – con cui si lamenta che non sia stata ritenuta una responsabilità del T. – si fonda sul contenuto del già citato verbale, del quel, però, anche qui si omette di fornire l’indicazione di cui dell’art. 366 c.p.c., al n. 6.

Da qui discende l’inammissibilità del motivo.

p.7. L’inammissibilità di tutti i motivi determina quella del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 5 del 2014.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alle resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate a favore di ognuna in Euro settemilaquattrocento, di cui Euro duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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