Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19048 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/09/2020, (ud. 10/06/2020, dep. 14/09/2020), n.19048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35468-2018 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUALTIERO

SERAFINO 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VITTUCCI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2638/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

M.V. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro l’Agenzia delle Entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe che ha rigettato l’appello proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha disposto la revisione parziale del classamento. La CTR ha ritenuto infondato l’appello dichiarando che le procedure di revisione sono state correttamente espletate rilevando, pertanto, la correttezza dell’accertamento.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

La ricorrente lamenta, con il primo ed unico motivo, la nullità della sentenza per violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336, della L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 58 e 154, del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 9 nonchè eccesso di potere, grave contraddittorietà e carenza di motivazione, tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5. Il ricorrente sostiene che, sia la sentenza di primo grado sia quella di secondo grado, hanno dichiarato solo la correttezza dell’operato dell’Ufficio, senza esaminare nè il ricorso nè l’appello.

Il motivo è fondato.

Il ricorrente, nel richiamare la sentenza della Corte Costituzionale già menzionata dalla CTR, sostiene che le ragioni che giustificano il provvedimento accertativo del riclassa mento devono essere indicate in “termini precisi”.

Ora, giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte si è andata consolidando nel senso che, qualora si proceda alla revisione parziale del classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, l’amministrazione deve specificare in modo chiaro le ragioni della modifica nell’avviso di accertamento.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la motivazione deve possedere il requisito del rigore dovendo essere, nella specie, completa, specifica e razionale (Cass. n. 22671/2019, proprio con riferimento ad un atto di classamento relativo al Comune di Roma).

E’ stato, infatti, affermato che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi. Nella prima l’amministrazione – su cui grava sempre l’onere di dedurre e provare la “causa petendi” giustificativa dell’accertamento – ha l’onere di accertare e, preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa. Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare (cfr. Cass. cit. n. 22671/2019).

Non può, pertanto, ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati (cfr. Cass. n. 11577 del 2019; n. 361 del 2019; n. 10403 del 2019; n. 16368 del 2018; n. 22900 del 2017; n. 3156 del 2015).

Ne consegue che l’atto di accertamento debba indicare le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non già facendo richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura. Soltanto in questo modo il contribuente può ritenersi posto nella condizione di conoscere gli elementi concreti idonei a specificare quei criteri di massima anche al fine, eventualmente, di contestare – sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui al comma 335.

Sul punto si è precisato che “in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonchè ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento (Cass. n. 31829 del 2018).

Orbene, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali espressi da questa Corte in tema di classificazione catastale.

La CTR si è infatti limitata ad affermare che “le relative procedure sono state correttamente espletate e trattandosi di un riclassamento standardizzato (…) la normativa di riferimento prevede che lo scostamento significativo non può essere inferiore a più del 35%. La microzona nella quale si collocano gli immobili in esame presenta caratteristiche sia in relazione al dato urbanistico-storico-ambientale-socio economico, per quanto attiene ai servizi, sia con riferimento alle infrastrutture di particolare significato e alto valore. Il dato trova adeguata motivazione nell’avviso di accertamento notificato ai ricorrenti, con riferimento sia alla microzona, sia in relazione all’unità immobiliare oggetto del ricorso. Va pertanto ribadita la peculiarità della procedura indotta dalla necessità di un riallineamento, per microzone, dei valori catastali e della rendita, caratterizzata da un riclassamento standardizzato, con conseguente correttezza dell’accertamento”.

Si tratta, all’evidenza, di una motivazione che non rispetta i canoni interpretativi esposto sopra in tema di revisione del classamento catastale.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo ed unico motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e potendo la causa essere decisa senza ulteriori accertamenti di fatto, il ricorso introduttivo deve essere accolto e l’atto impugnato va annullato.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio, tenuto conto del recente formarsi della giurisprudenza di questa Corte sul contenzioso oggetto di esame.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo annullando l’atto impugnato.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2020.

Depositato in cancelleria il 14 settembre 2020

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