Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19046 del 31/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 31/07/2017, (ud. 19/05/2017, dep.31/07/2017), n. 19046
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15750-2016 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato PAOLA MONALDI;
– ricorrente –
contro
M.F., in proprio ed in qualità di erede di
C.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ETTORE ROMAGNOLI, 23,
presso lo studio dell’avvocato MARCELLO DE VITO, rappresentato e
difeso dall’avvocato ESTER VOCE;
– controricorrente –
e contro
M.R., + ALTRI OMESSI
– intimati –
avverso la sentenza n. 1994/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 03/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI
LOMBARDO.
Fatto
RILEVATO
che:
– M.G. ha proposto due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte territoriale confermò la pronuncia di primo grado, che, in accoglimento della domanda proposta da C.I., ebbe a dichiarare che costei era divenuta proprietaria, in virtù di usucapione, di un immobile ad uso abitativo sito in (OMISSIS);
– M.F., in proprio e quale erede di C.I. (nel frattempo deceduta), ha resistito con controricorso;
– gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– il primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento agli artt. 112 e 292 c.p.c., per avere i giudici di merito pronunciato ultra petita e per avere altresì dichiarato inammissibile la domanda di usucapione proposta dall’odierno ricorrente ex art. 292 c.p.c.) non può trovare accoglimento, risultando, con riferimento al primo profilo, manifestamente infondato, non sussistendo la dedotta ultrapetizione, in quanto i giudici di merito si sono limitati ad interpretare la domanda della C. pervenendo logicamente a ritenere che essa avesse ad oggetto l’immobile posto al civico n. (OMISSIS) ove l’attrice aveva risieduto col marito (a prescindere dalla esattezza dei dati catastali indicati) e, con riferimento al secondo profilo (domanda riconvenzionale proposta dal M.G.), inammissibile, in quanto la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata laddove questa ha fatto riferimento alla necessità di applicare l’art. 269 c.p.c. (profilo questo – costituente ratio decidendi autonoma – non censurato nè considerato dal ricorrente);
– il secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla disponibilità e alla valutazione delle prove vertenti sul vantato possesso ultraventennale della C.) è inammissibile, in quanto si risolve in una censura di merito relativa all’accertamento in fatto relativo alla sussistenza del possesso uti dominus esercitato dalla C. e alla valutazione delle prove acquisite, accertamento e valutazione delle prove che sono insindacabili in sede di legittimità, non risultando peraltro la motivazione della sentenza impugnata (con la quale i giudici di merito hanno richiamato le deposizioni testimoniali assunte e le ammissioni delle parti) nè apparente nè manifestamente illogica (cfr. Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014) e dovendosi considerare che spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. U, n. 5802 del 1998);
– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 (quattromilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 19 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017