Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19041 del 03/09/2010

Cassazione civile sez. I, 03/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 03/09/2010), n.19041

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 123/2005 proposto da:

UNICREDITO GESTIONE CREDITI S.P.A. – BANCA PER LA GESTIONE DEI

CREDITI (c.f. (OMISSIS)), già Mediovenezie Banca Spa, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso l’avvocato GHIA Lucio, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SALETTI ACHILLE,

giusta procura speciale per Notaio Dott. ZENO CICOGNA di VERONA –

Rep. 543213 del 21.12.04;

– ricorrente –

contro

REGIONE DEL VENETO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente

della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso l’avvocato PETRONIO Ugo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MORRA’ ROMANO, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

AZIENDA VENETO AGRICOLTURA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1681/2003 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/06/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato LUCIO GHIA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato UGO PETRONIO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1996 la Mediovenezie Banca S.p.A. chiedeva al Tribunale di Venezia di dichiarare che l’ESAV – Ente di Sviluppo Agricolo Veneto, quale fideiussore della soc coop a r.l. Co.Re.Zoo, era tenuto al pagamento delle somme dalla debitrice principale dovute per interessi, accessori e spese, anche se eccedenti l’importo del debito per capitale fissato in L. 5.200.062.395, in tesi non costituendo questo il limite massimo della garanzia dal convenuto prestata in relazione ad un contratto di mutuo agrario di consolidamento, stipulato il (OMISSIS) per la somma capitale di L. 17.528.300.205.

Nel giudizio si costituiva l’ESAV contestando la pretesa dell’attrice ed interveniva la Regione Veneto aderendo alle tesi dell’ente convenuto.

Con sentenza del 20.12.1998-17.03.1999 l’adito Tribunale respingeva la domanda introduttiva.

Con sentenza del 3.13.11.2003, la Corte di appello di Venezia respingeva il gravame della Mediovenezie Banca S.p.A., in contraddittorio della Regione Veneto e dell’Azienda Veneto Agricoltura, già ESAV. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro:

che, ai sensi della L.R. Veneto n. 67 del 1994, art. 1, l’Azienda Veneto Agricoltura era priva di legittimazione passiva, dal momento che nel 1997, non era subentrata al soppresso ESAV nel rapporto fideiussorio in questione, trasferito alla Regione Veneto;

che la controversia fra l’istituto Mediovenezie Banca e la Regione Veneto verteva esclusivamente sull’interpretazione del testo della fideiussione, di cui alla lettera del 25.01.1988, di tenore oggettivamente equivoco;

che ininfluente appariva il richiamo dell’appellante all’art. 1942 c.c., secondo cui nell’obbligazione fideiussoria è norma (salvo patto contrario) che gli accessori seguano il debito principale, posto che nel caso di specie esisteva proprio un patto contrario;

che con la lettera fideiussoria 25.01.1988 l’ESAV aveva dichiarato di costituirsi fideiussore del Co.Re.Zoo per le ragioni di debito dello stesso in dipendenza del mutuo agrario dell’ammontare di L. 17.528.300.205, stipulato in data (OMISSIS), oltre agli interessi convenzionali, moratori ed ogni altro compenso contrattualmente convenuto, provvigioni, spese sostenute e da sostenersi, anche per eventuali esecuzioni, ivi compresi gli oneri fiscali, il tutto sino alla quota massima di L. 5.200.062.395 della perdita eventualmente subita”, sicchè sino a qui non vi era dubbio che quest’ultimo importo costituisse il limite massimo ed invalicabile della garanzia, comprensivo di tutte le voci;

che, tuttavia, poche righe dopo si leggeva che l’ESAV si obbligava a soddisfare l’istituto di credito nel limite di importo in linea capitale di L. 5.200.062.395 di quanto Voi doveste risultare ancora creditori per capitale, oltre a interessi, accessori e spese, frase che faceva sorgere il dubbio, ma che non apportando deroga al precedente passo, doveva essere intesa nel senso che la somma massima di L. 5.200.062.395 avrebbe potuto essere imputata dall’istituto ancora in sofferenza, sia a titolo di capitale, che di interessi che di altri accessori;

che sebbene l’ESAV avesse garantito a più istituti non una quota di capitale ma una quota di responsabilità limitata all’importo complessivo di L. 8.900.000.000. il termine capitale non poteva eliminare la precedente indicazione inerente al tetto massimo non superabile, perchè non era stata espressa alcuna volontà derogatrice, sicchè doveva necessariamente significare qualcosa di diverso, tanto più che il primo inequivoco capoverso era l’unico passaggio del testo teso a fissare quale fosse la garanzia concessa;

che, quindi, necessariamente, nel secondo inciso, il termine capitale utilizzato la prima volta stava ad indicare la somma complessivamente garantita dal fideiussore, il termine capitale utilizzato la seconda volta stava ad indicare che la somma massima di L. 5.200.062.395 avrebbe potuto essere imputata dall’istituto ancora in sofferenza, sia a titolo di capitale, che di interessi, che di altri accessori;

che a questa conclusione doveva anche giungersi in base ai criteri oggettivi d’interpretazione, ed in particolare considerando che l’ESAV era un ente pubblico, e in quanto tale ogni assunzione d’impegno di spesa doveva necessariamente essere contenuta entro i limiti degli stanziamenti di bilancio, sì che non poteva assumere obbligazioni indeterminate e potenzialmente illimitate;

che irrilevante era, infine, il richiamo dell’appellante al contratto di mutuo, a cui l’ESAV non aveva partecipato e rispetto al quale quindi era terzo estraneo.

Avverso questa sentenza l’Unicredito Gestione Crediti Società per Azioni – Banca per la gestione dei crediti (già Mediovenezie Banca S.p.A.) ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della Regione Veneto e dell’Azienda Veneto Agricoltura. La Regione Veneto ha resistito con controricorso. L’Azienda Veneto Agricoltura non ha svolto attività difensiva. L’Unicredito e la Regione Veneto hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso l’Unicredito Gestione Crediti denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1942 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non avere la Corte territoriale tenuto conto delle norme specifiche che regolano l’ambito di applicazione della fidejussione, e comunque per non avere adeguatamente motivato sul punto”.

2. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1369 e 1942 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non avere la Corte territoriale tenuto conto delle complessive pattuizioni contrattuali nel valutare la portata della fidejussione, e comunque per non avere adeguatamente motivato sul punto”.

Con entrambi i motivi, che essendo connessi consentono esame unitario, la ricorrente censura l’interpretazione a sè sfavorevole dell’accordo negoziale, sostenendo essenzialmente che:

a) non è stata considerata la regola fondamentale e prioritaria di cui all’art. 1942 c.c., la quale, salvo patto contrario, estende la fideiussione a tutti gli accessori del debito principale, nonchè alle spese, posto anche che;

– non era rinvenibile nel testo alcuno specifico patto contrario relativo agli interessi e agli accessori;

– che comunque non è stato indicato in quale delle due frasi avrebbe dovuto essere rinvenuto tale patto contrario, e ciò in violazione dell’obbligo di motivazione;

– che il patto contrario non avrebbe potuto essere ricondotto alla prima delle due frasi in quanto smentita dalla seconda;

– che il ragionamento dei giudici di merito era affetto da inversione logica e petizione di principio;

b) sono stati violati i canoni che presiedono all’interpretazione dei contratti e segnatamente violata la regola secondo cui le clausole del contratto s’interpretano le une per mezzo delle altre (art. 1363 c.c.) e non rispettata la lettera delle pattuizioni contrattuali, posto anche che:

– entrambe le previsioni erano volte a definire l’obbligazione del garante e mancava ogni elemento formale idoneo ad attribuire prevalenza alla prima piuttosto che all’altra, che ne costituiva svolgimento e conseguenza;

– che la seconda previsione era più chiara e meno ambigua dato pure che il termine quota mal si prestava ad esprimere un limite di garanzia, non riferendosi ad un limite d’importo ma alla parte di un tutto;

– che il diverso senso attribuito al termine capitale evidenziava il carattere apodittico della soluzione accolta, con stravolgimento delle espressioni letterali e soprattutto del termine “oltre” che separava il capitale dagli interessi accessori e spese;

– che non convincente era l’utilizzo dei criteri d’interpretazione oggettiva, con richiamo di una circostanza di pertinenza della sfera giuridica di una delle parti, a scapito del contraente estraneo ed ignaro di essa e svilimento, invece, del contratto di mutuo fonte dell’obbligazione garantita.

Le due censure non hanno pregio, sostanzialmente risolvendosi in infondate critiche e nell’inammissibile prospettazione di una diversa e favorevole interpretazione degli stipulati patti.

Come è incontroverso, l’ESAV ha prestato la fideiussione in argomento per una parte soltanto del debito contratto per la somma capitale di L. 17.528.300.205 oltre accessori, dalla debitrice principale soc coop a r 1 Co.Re.Zoo e segnatamente limitando, ai sensi dell’art. 1941 c.c., comma 2, la sua garanzia alla somma di L. 5,200.062.395. Si trattava dunque di accertare in via ermeneutica se l’indicazione convenzionale di tale minore importo avesse assunto solo funzione determinativa della parte di debito garantita o anche valenza d’importo massimo garantito, in tale ultimo caso risolvendosi in patto contrario all’estensione legale della garanzia a tutti gli accessori del debito, secondo la disciplina legale non imperativa di cui all’art. 1942 c.c., altrimenti applicabile (art. 1374 c.c.).

In aderenza al dettato normativo ed ai rubricati criteri ermeneutici, considerando anche il tenore letterale e l’espressa consequenzialità anche testuale delle valorizzate pattuizioni, i giudici di merito, con iter argomentativo ampio, logico e puntuale, e, dunque, immune dai dedotti vizi, hanno ineccepibilmente aderito alla seconda opzione, in tale senso plausibilmente e congiuntamente interpretando le clausole in questione ed i termini adottati nel contesto, senza nemmeno tralasciare il richiamo, ai sensi dell’art. 1369 c.c., al principio della necessità che i suddetti accordi venissero letti in coerenza con l’ordinamento statale e con gli istituti legali su cui venivano ad incidere, con il conseguente rifiuto di opzioni interpretative dirette a contraddirne le relative discipline ed a porsi in contrasto con norme inderogabili volte a tutelare interessi indisponibili.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna della società ricorrente Unicredito Gestione Crediti, soccombente, al pagamento in favore della controricorrente Regione Veneto, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Unicredito Gestione Crediti Società per Azioni a rimborsare alla Regione Veneto le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2010

 

 

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