Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19040 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. II, 14/09/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 14/09/2020), n.19040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20366-2019 proposto da:

X.C., elettivamente domiciliata in Torino, Corso Brunelleschi

n. 129, presso lo studio dell’avv.to VALENTINA SASSANO che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

nonchè contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 23/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Il Tribunale di Milano, con decreto pubblicato il 23 maggio 2019, respingeva il ricorso proposto da X.C., cittadina cinese della provincia di Guandzou, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessata di riconoscimento dello status di rifugiata, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. Il Tribunale, per quel che qui interessa, procedeva alla fissazione dell’udienza di comparizione delle parti ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a), in quanto non era disponibile la videoregistrazione. Con riguardo all’istanza di audizione del richiedente, il collegio riteneva sulla scorta della documentazione depositata agli atti e alla luce degli elementi già acquisiti che la stessa non fosse indispensabile, non essendo necessario richiedere alcun chiarimento alla richiedente.

Il Tribunale rigettava nel merito il ricorso per mancanza di prova idonea a far ritenere sussistente il pericolo di persecuzione della ricorrente, il cui racconto doveva ritenersi inattendibile. Non sussistevano pertanto i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, nel sussistevano elementi per accogliere la domanda di protezione sussidiaria non essendo ravvisabile il rischio di subire un danno grave in caso di rimpatrio il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14.

La richiedente poneva a fondamento della domanda di protezione la sua condizione di cittadina cinese aderente al culto denominato Almighty Gold ed esposta in quanto tale alla persecuzione religiosa da parte del partito comunista fondato sull’ateismo. Il Tribunale non dubitava delle origini dichiarate dalla richiedente che tuttavia riteneva non credibile quanto al racconto della sua persecuzione religiosa, essendo del tutto incongruenti ed illogiche le circostanze narrate.

Sicchè, tutte le circostanze risultanti dagli atti, compresa la documentazione prodotta indicavano una scarsa credibilità e una contraddittorietà intrinseca che impedivano il riconoscimento dei presupposti della protezione internazionale umanitaria, quali atti persecutori, come definiti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7.

Quanto alla protezione sussidiaria la ricorrente non rischiava di subire una condanna a morte o l’esecuzione di una condanna già emessa o torture o altre forme di trattamento inumano e degradante nè di correre un pericolo per la sua incolumità fisica a causa di violenze indiscriminate in situazione di conflitto armato interno e internazionale. In Cina non vi era un conflitto armato generalizzato e non era invece sufficiente l’esistenza di generiche situazioni di instabilità.

Infine, quanto alla domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, e di rilascio del permesso di soggiorno il D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, l’inattendibilità del richiedente non consentiva di riconoscere neanche tale forma di protezione, essendo necessaria l’individuazione di motivi umanitari per procedere alla comparazione tra le condizioni soggettive che avevano spinto la richiedente alla partenza e la sua situazione attuale.

3. X.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di un solo motivo di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

A parere del ricorrente la norma citata garantisce l’audizione giudiziaria obbligatoria con videoregistrazione non essendo sufficiente la lettura del verbale con la fissazione dell’udienza di comparizione.

In ogni caso il Tribunale avrebbe comunque dovuto fissare l’udienza per l’audizione della ricorrente non essendo disponibile la suddetta videoregistrazione ed essendo indispensabile che l’autorità ascolti personalmente il richiedente per accettarne sia la credibilità sia la coerenza intrinseca ed estrinseca del racconto e per valutare l’opportunità di assumere d’ufficio mezzi di prova.

1.1 L’unico motivo di ricorso è infondato.

Nel giudizio d’impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero (Sez. 1, Sent. n. 5973 del 2019).

Come correttamente osservato dal giudice di prima istanza, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, si limita a prevedere che nel caso di mancata acquisizione della videoregistrazione dell’audizione in sede amministrativa, il giudice deve fissare, come in concreto è avvenuto, l’udienza. Nè rileva che il Tribunale non abbia ricevuto dalla Commissione copia della videoregistrazione e del verbale della sua trascrizione. L’istante neppure assume che tale videoregistrazione abbia avuto luogo.

Il ricorrente da un lato non afferma di essere stato presente all’udienza e dall’altro non spiega per quale ragione, avendo riguardo agli invocati parametri costituzionali, un colloquio non videoregistrato, ma comunque oggetto di verbalizzazione, imponga al tribunale di rinnovare l’audizione dell’interessato. Nè si vede come la lesione del diritto di difesa del richiedente asilo avanti all’organo giurisdizionale possa in definitiva dipendere dalla modalità di registrazione dell’audizione di quel soggetto. E’ da evidenziare, piuttosto, come il tema della rinnovazione dell’interrogatorio avanti al giudice del merito vada affrontato avendo riguardo alla normativa Euro-unitaria, alla luce della quale va interpretata quella nazionale che ne costituisce recepimento. Deve peraltro escludersi che in base a tale referente normativo il tribunale sia sempre tenuto a procedere all’audizione del richiedente. Secondo quanto precisato da Corte giust. UE 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko, “la necessità che il giudice investito del ricorso ex art. 46 della direttiva 2013/32 proceda all’audizione del richiedente deve essere valutata alla luce del suo obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva, ai fini della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti e degli interessi del richiedente. Tale giudice può decidere di non procedere all’audizione del richiedente nell’ambito del ricorso dinanzi ad esso pendente solo nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale con il richiedente in occasione del procedimento di primo grado”, perchè in tal caso ciò si giustifica in funzione dell’interesse a una sollecita definizione del giudizio, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo. Laddove invece il giudice – prosegue la Corte – “consideri che sia necessaria un’audizione del richiedente onde poter procedere al prescritto esame completo ed ex nunc, siffatta audizione, disposta da detto giudice, costituisce una formalità cui esso non può rinunciare”. La Corte di giustizia ha quindi definito la questione pregiudiziale stabilendo che “La direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, e in particolare i suoi artt. 12, 14, 31 e 46, letti alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, deve essere interpretata nel senso che non osta a che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata, respinga detto ricorso senza procedere all’audizione del richiedente qualora le circostanze di fatto non lascino alcun dubbio sulla fondatezza di tale decisione, a condizione che, da una parte, in occasione della procedura di primo grado sia stata data facoltà al richiedente di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale, conformemente all’art. 14 di detta direttiva, e che il verbale o la trascrizione di tale colloquio, qualora quest’ultimo sia avvenuto, sia stato reso disponibile unitamente al fascicolo, in conformità dell’art. 17, paragrafo 2, della direttiva medesima, e, dall’altra parte, che il giudice adito con il ricorso possa disporre tale audizione ove lo ritenga necessario ai fini dell’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva”.

2. Il ricorso è rigettato.

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2 Sezione civile, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

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