Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1904 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 1904 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BENINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 15176-2012 proposto da:
COMUNE DI PORDENONE (P.I. 00081570939), in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 6, presso l’avvocato

Data pubblicazione: 29/01/2014

CARAVITA BENIAMINO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARPILLERO MARCO, giusta
2013

procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2006

contro

A.D.A.S. S.P.A. (C.F./P.I. 00198030934), in persona

1

del

legale

rappresentante

pro

tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PAISIELLO
55, presso l’avvocato SCOCA FRANCO GAETANO, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;

nonchè sul ricorso successivo:

A.D.A.S. S.P.A. (C.F./P.I. 00198030934), in persona
del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PAISIELLO
55, presso l’avvocato SCOCA FRANCO GAETANO, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale autonomo;
– controricorso e ricorso incidentale contro

COMUNE DI PORDENONE (P.I. 00081570939), in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 6, presso l’avvocato
CARAVITA BENIAMINO, che lo rappresenta e difende

– controricorrente –

unitamente all’avvocato MARPILLERO MARCO, giusta
procura a margine del controricorso al ricorso
incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di
TRIESTE, depositata il 23/03/2012/ ^.8PAR,(,)

2

udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/12/2013 dal Consigliere
Dott. STEFANO BENINI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato MARPILLERO M.
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GIGLI
ALESSANDRO, con delega, che si riporta,
accoglimento del ricorso incidentale, rigetto del
principale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale: primo e
quarto motivo, assorbiti gli altri e il ricorso
incidentale.

principale, rigetto dell’incidentale;

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ordinanza depositata il 23.3.2012, oggetto della
presente impugnazione, la Corte d’Appello di Trieste,
pronunciando su distinte opposizioni alla stima
amministrativa dell’indennità di esproprio proposte dal

Comune di Pordenone e da A.d.a.s. s.p.a., determinava
l’indennità di esproprio in euro 3.613.620,00,
relativamente a terreni e capannone di proprietà
A.d.a.s., assoggettati a procedura espropriativa da parte
dell’amministrazione comunale per la costruzione della
sede del Comando provinciale dei Carabinieri.
Il provvedimento impugnato è stato reso all’esito di
procedimento sommario, nel quale la Corte d’appello ha
ritenuto superfluo nominare c.t.u., dichiarandosi in
possesso delle necessarie informazioni. Il giudice ha
tenuto conto della collocazione del compendio
espropriato, della complessiva estensione di mq. 12.420,
in zona destinata a servizi ed attrezzature tecnologiche
(ST) dal P.R.G. di Pordenone, ed ha ritenuto il carattere
edificatorio del terreno, applicando l’indice fondiario
di 0,60/mq, con conseguente cubatura di mc. 1,80/mq. La
valutazione è stata compiuta ricorrendo al metodo
sintetico-comparativo, traendosi indicazioni dalle
compravendite, intervenute tra il 2004 e il 2011 di
terreni edificabili posti nelle vicinanze, così
approdandosi al valore unitario di euro 145/mc, e da due
4

compravendite di capannoni della stessa zona, stipulate
nel 2004, con attribuzione al capannone espropriato del
valore di euro 372.000,00.
2. Ricorre per cassazione il Comune di Pordenone
affidandosi a cinque motivi, al cui accoglimento si

oppone con controricorso l’A.d.a.s. s.p.a., che a sua
volta propone ricorso incidentale fondato su due motivi.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Deve preliminarmente disporsi la riunione dei

procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., avendo essi
ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
2.

Con il primo motivo di ricorso, il Comune di

Pordenone, denunciando violazione e falsa applicazione di
norme in relazione alla determinazione dell’indennità di
espropriazione ex art. 32 d.p.r. 8.6.2001 n. 327 secondo
il criterio sintetico-comparativo, nonché in relazione
all’art.

63,

comma 5,

1.r.

Friuli Venezia Giulia

23.2.2007 n. 5, censura l’ordinanza impugnata per aver
condotto la valutazione dei terreni, come già la
relazione

definitiva

di

stima

amministrativa,

esclusivamente in comparazione con aree a vocazione
residenziale, ritenendo sufficiente il riscontro della
vocazione edificatoria del cespite espropriato, ossia la
sua “edificabilità di fatto”, indipendentemente da ogni
valutazione della realtà materiale, come la concreta
5

destinazione d’uso dei fabbricati realizzabili sul
terreno. La destinazione dell’area a Comando provinciale
dei

Carabinieri

sostanziale
zona

per

del

è
2008

servizi

prevista
che
ed

ha

da

una

localizzato

attrezzature

variante
l’opera

non
nella

tecnologiche,

quest’ultima configurata da variante al P.R.G. del Comune
di Pordenone del 2000, che costituisce vincolo
conformativo nel quadro della generale disciplina del
territorio. Il che evidenzia l’erroneità della stima
condotta in comparazione con aree a destinazione
residenziale piuttosto che con aree omogenee, collocate
all’interno di zone destinate a servizi.
Con il secondo motivo di ricorso, il Comune di Pordenone,
denunciando violazione e falsa applicazione di norme in
relazione alla utilizzazione del fatto notorio
disciplinato dall’art. 115, secondo comma, c.p.c.,
censura l’ordinanza impugnata per aver scartato, quale
atto di comparazione valutativa, il prezzo di acquisto
dello stesso immobile, intervenuto nel 2004, in
considerazione del notorio incremento di valore degli
immobili, registratosi negli anni successivi, quantomeno
fino al 2008. L’amministrazione ricorrente assume
l’improprio utilizzo della nozione di notorio, che
secondo la giurisprudenza va intesa in senso rigoroso,
come conoscenza comune della collettività dotata di
cultura media, e non come conoscenza del singolo giudice,
6

attingibile, ad esempio, in conseguenza della disamina di
analoghe controversie. Il notorio non è utilizzabile ai
fini dell’individuazione del valore degli immobili, in
particolare non in funzione del prezzo di scambio dei
beni, ma semmai come indice della capacità economica del

titolare.
Con il terzo motivo l’amministrazione ricorrente,
denunciando difetto di motivazione in ordine
all’acquisizione a mezzo di c.t.u. di elementi per la
comparazione delle zone ST, violazione e falsa
applicazione dell’art. 21 d.p.r. 8.6.2001 n. 327, difetto
e illogicità della motivazione anche in riferimento
all’art. 702-ter c.p.c., censura l’ordinanza impugnata,
subordinatamente all’accoglimento dei primi due motivi,
per aver disatteso esplicita richiesta del Comune di
c.t.u., seguendo illegittimamente la sollecitazione di
controparte ad una definizione del procedimento sommario
di cognizione senza attività istruttoria, in spregio alla
tipicità del giudizio di opposizione alla stima, in cui
l’ausiliario del giudice è chiamato prima ancora di
offrire elementi di valutazione, all’acquisizione di
fonti di convincimento anche al di là dell’attività
istruttoria delle parti. Nella specie l’indagine deve
essere particolarmente selettiva, perché riguardante la
ristretta cerchia dei gestori di servizi pubblici, quali
fornitori di quelle utilità per le quali lo strumento
7

urbanistico ha previsto la specifica zonizzazione. Va
aggiunto che la stima amministrativa, cui il giudice
appare aver tratto convincimento, sottoscritta con il
dissenso del tecnico designato dal Comune di Pordenone,
non sfugge al pari della sentenza al vizio di mancata

individuazione di parametri omogenei di comparazione.
Parimenti illogico il ragionamento della sentenza, che
scarta il prezzo di acquisto dell’immobile a causa
dell’incremento dei prezzi di mercato dal 2004 al 2008,
ma ammette una ridiscesa dello stesso negli anni
successivi.
Con il quarto motivo l’amministrazione ricorrente,
denunciando violazione e falsa applicazione di norme in
relazione alla determinazione dell’indennità di
espropriazione ex art. 32 d.p.r. 8.6.2001 n. 327 secondo
il vincolo non espropriativo della variante n. 38 del
P.R.G. di Pordenone, difetto di motivazione in ordine
alla determinazione della cubatura assentibile, con
riferimento all’art. 64 n.t.a. del P.R.G. di Pordenone,
censura l’ordinanza impugnata, nella parte in cui desume
dall’indice di utilizzazione fondiaria di 0,60 un indice
di cubatura di 1,8 ricorrendo ad un’ipotetica altezza che
le n.t.a. non prevedono in alcun modo, mentre l’indagine
comparativa deve reperire aree omogenee per mq. anziché
per mc.

8

Con il quinto motivo l’amministrazione ricorrente,
denunciando violazione e falsa applicazione di norme in
relazione alla determinazione dell’indennità di
espropriazione ex art. 32 d.p.r. 8.6.2001 n. 327 secondo
il metodo sintetico-comparativo e difetto di motivazione,

censura la decisione impugnata, nella parte in cui ha
scartato quale elemento di comparazione un terreno
destinato a viabilità e per questo penalizzato nel prezzo
di vendita e non ha tenuto conto che il valore espresso
nella relazione era il risultato di una media di quattro
contratti, che inducevano a configurare uno sfruttamento
dell’area pari a euro 102/mc. anziché 145/mc.
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo la
A.d.a.s. s.r.1., denunciando violazione e falsa
applicazione di norme in relazione all’art. 37, comma 2,
d.p.r. 8.6.2001 n. 327, ed errata motivazione su fatto
controverso e decisivo, censura la decisione impugnata
per non aver riconosciuto l’indennità aggiuntiva del 10%,
giacché quella offerta in via amministrativa è risultata
inferiore agli 8/10 di quella determinata in via
giudiziaria (tale dovendosi intendere l’espressione
“determinata in via definitiva”).
Con il secondo motivo la A.d.a.s. s.r.1., denunciando
violazione e falsa applicazione di norme in relazione
all’art. 1224 c.c., ed errata motivazione su fatto
controverso e decisivo, censura la decisione impugnata
9

per aver riconosciuto i soli interessi dalla domanda
giudiziale piuttosto che dalla data dell’espropriazione,
e non anche la rivalutazione monetaria, spettante in via
presuntiva a qualunque creditore, e in particolare alla
ricorrente, siccome impresa commerciale avente ad oggetto

sociale la compravendita di beni immobili.
3. Il primo motivo è fondato.
Va premesso che la questione estimativa dei beni
espropriati è ancora aperta per i terreni, avendo
l’amministrazione ricorrente espressamente accettato la
stima del giudice di merito relativamente al capannone.
Il criterio di indennizzo dei suoli espropriati è tuttora
basato sulla dicotomia edificabile-non edificabile, posta
dall’art. 5-bis d.l. 11.7.1992 n. 333, conv. in 1.
8.8.1992 n. 359, e ripresa dagli artt. 37 e 40 d.p.r.
8.6.2001 n. 327, applicabili all’espropriazione della cui
indennità si discute nella presente causa, essendo
intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, per
pacifica

ammissione

delle

parti,

nel

2009,

successivamente all’entrata in vigore dello stesso t.u.
espropriazioni

(secondo

la

norma

di

diritto

intertemporale posta dall’art. 57 d.p.r. 327/01).
L’intervenuta

dichiarazione

d’incostituzionalità

dell’art. 5 bis e in via consequenziale l’art. 37, commi

1 e 2, d.p.r. 327/01, nella parte in cui stabilisce un
criterio di calcolo dell’indennità di esproprio che non è
10

in ragionevole legame con il valore di mercato
dell’immobile espropriato, da un lato (Corte cost.
24.10.2007, n. 348) e dell’art. 16 1. 22.10.1971 n. 865,
dall’altro (Corte cost. 10.6.2011, n. 181), non toglie,
nella vigenza dell’art. 5-bis, comma 3, d.l. 333/59, come

dell’art. 37, comma 3, d.p.r. 327/01, che il valore
venale da attribuire al proprietario espropriato, quale
indennizzo costituzionalmente garantito, debba essere
ancorato alle caratteristiche oggettive secondo il
fondamentale parametro dell’edificabilità legale (dunque
secondo la disciplina del territorio), e solo in presenza
di tale requisito, anche della valutazione integrativa
che ne dà il mercato secondo il parametro
dell’edificabilità di fatto (Cass. 23.4.2001, n. 172/SU;
16.9.2002, n. 13473; 9.6.2004, n. 10889; 3.3.2006, n.
4703; 30.8.2007, n. 18314; 29.7.2009, n. 17672). E non
può sostenersi che la questione dell’edificabilità
avrebbe perso rilievo a seguito delle recenti pronunce
d’incostituzionalità, dato che, se anche l’area restasse
soggetta ai criteri indennitari dettati per le zone
agricole, non per questo il riferimento al mercato
potrebbe valere ad attribuire ad un’area la prerogativa
dell’edificabilità (con la conseguente valutazione
economica) che la disciplina legale le nega.
Nella presente causa entrambe le parti danno atto del
carattere

edificabile

dell’area

espropriata.

In
11

particolare il Comune di Pordenone, ricorrente in via
principale, discettando sul concetto di “edificabilità”,
afferma testualmente (e ripete in memoria) che “non
intende negarla in via assoluta”. Il punto è di
accertarne la specifica modalità di esplicazione, attesa

la particolarità della destinazione “servizi
tecnologici”, in cui “i soggetti titolari delle reti di
servizi pubblici” aspirano “alla realizzazione degli
uffici di pertinenza, oltre che dei rispettivi impianti
tecnologici”.
L’attribuzione agli effetti indennitari della prerogativa
di edificabilità non significa che tutti i terreni
compresi nell’ambito del piano debbano avere eguale
valore di mercato, poiché l’effettiva potenzialità
edificatoria va da un minimo (tendente a zero) ad un
massimo, con una gamma di situazioni intermedie su cui
incide in misura determinante l’edificabilità effettiva,
quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e
concretamente destinato a fini edificatori (Cass.
22.11.2010, n. 23584).
Il vizio che si annida nel giudizio della Corte d’appello
è di ritenere che “ai fini della quantificazione
dell’indennità di espropriazione, è la vocazione
edificatoria del cespite espropriato (e l’indice di
superficie fondiaria che lo interessa), ossia la sua
“edificabilità di diritto”, che è un canone
12

autosufficiente,

cioè

indipendente

da

ogni

altra

valutazione della realtà materiale, come ad esempio la
concreta destinazione d’uso dei fabbricati realizzabili
sul terreno oggetto della vicenda espropriativa”.
In realtà, pur dovendosi affermare, in base alle

considerazioni sopra riportate, il primato
dell’edificabilità legale, con la necessità di riscontro
della attitudine allo sfruttamento edilizio alla stregua
della disciplina urbanistica, l’edificabilità di fatto è
criterio integrativo necessario alla quantificazione
delle potenzialità di utilizzo del suolo (Cass.
11.2.2005, n. 2871; 31.10.2007, n. 22961) al momento in
cui si compie la vicenda ablativa (Cass. 14.2.2006, n.
3146).
Ove il giudice decida di avvalersi del sistema sinteticocomparativo, com’è in sua discrezionalità, il principio
fondamentale è quello che la selezione delle aree da
adottare ai fini della valutazione, debba avvenire
nell’ambito di immobili “omogenei”, ovvero aventi, in
primo luogo, la stessa destinazione urbanistica (Cass.
16.3.2012, n. 4210; 26.3.2012, n. 4783), e il cui atto di
trasferimento appartenga ad epoche rispetto alle quali
non vi siano state apprezzabili variazioni del mercato
immobiliare. Ne consegue che non può applicarsi agli
immobili urbanisticamente destinati ad uso pubblico, il
prezzo dei suoli per cui sia prevista la creazione di
13

insediamenti residenziali. Il criterio della prossimità,
che la Corte d’appello dichiara di applicare per trovarsi
i terreni espropriati in un più ampio quartiere destinato
ad edilizia residenziale, è urbanisticamente
giustificabile in ipotesi diverse, qualora, ad esempio,

non potendosi configurare una situazione urbanistica
definita dell’area espropriata (per mancanza di
pianificazione o per decadenza del vincolo),
l’edificabilità di fatto si ponga come unico criterio
applicabile, ovvero nel caso in cui la destinazione a
utilizzazione collettiva sia funzionale a porzioni
circoscritte del territorio comunale – e la previsione di
opera pubblica si suol dire oggetto di previsione
“localizzativa” o “puntiforme” – per la valutazione del
bene deve essere inserita nel contesto territoriale i cui
bisogni il previsto servizio è destinato a soddisfare, e
perciò riferita alla potenzialità edificatoria delle aree
limitrofe, al cui servizio la destinazione pubblicistica
è concepita, tenendo conto degli spazi da assegnare ad
attrezzature collettive (Cass. 2.4.2007, n. 8218).
Nell’ipotesi in cui la destinazione a servizi pubblici
trascenda la funzionalizzazione circoscritta ad una
porzione limitata del territorio comunale, come nella
fattispecie, in cui la sede del Comando provinciale dei
Carabinieri presidia ad un comprensorio territoriale ben
più ampio, la specificità della connotazione urbanistica
14

deve indurre, nella ricerca di elementi di comparazione
omogenei, ad estendere lo spettro di osservazione al di
là dei confini zonali premiando la specificità della
destinazione.
Sicché la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Trieste, che si atterrà al

.

seguente principio di diritto: “Ai fini della
determinazione dell’indennità di espropriazione di aree,
destinate a servizi, di cui sia ritenuta la legale
edificabilità, il valore dei beni deve essere accertato
tenendo conto della condizione giuridica urbanistica
all’epoca del decreto ablativo, e in particolare va
tenuto conto, nell’applicazione del sistema sinteticocomparativo, della specifica natura del servizio, alla
ricerca di parametri di comparazione omogenei”.
4. Il secondo motivo è fondato.
Il giudice di merito ha scartato, quale elemento da
adottare

in

comparazione,

il

d’acquisto

prezzo

dell’immobile stesso ad opera della parte espropriata, in
epoca lontana da quella dell’espropriazione, ben potendo
l’andamento

del

mercato

immobiliare,

e

la

sua

fluttuazione nel tempo, costituire fatto notorio che
guidi la ricostruzione dei fatti da parte del giudice.
Pur essendo vero che il mercato immobiliare risente di
variabili macroeconomiche diverse dalla fluttuazione
della moneta nel tempo, anche se a questa parzialmente
15

legate, e di condizioni microeconomiche dettate dallo
sviluppo edilizio di una determinata zona, che sono
completamente avulse dal valore della moneta, dal che può
ben derivare l’inammissibilità dell’accertamento del
valore di un fondo attraverso la comparazione con il

prezzo di immobili, in un periodo diverso dalla data
dell’esproprio (che finisce per incidere sull’omogeneità,
quale presupposto imprescindibile per la comparazione),
non può ascriversi al notorio la variazione in un ben
determinato periodo (nella specie dal 2004 al 2008), che
richiede accertamenti circostanziati, anche attraverso
pubblicazioni di dati attuariali.
5. Il terzo motivo è fondato.
La Corte d’appello, in applicazione dell’art. 29 d.lgs.
1.9.2011 n. 150, accerta l’indennità di esproprio
adottando il rito sommario di cui all’art. 702 bis c.p.c.

e si basa sostanzialmente sugli elementi valutativi
risultanti dalla stima amministrativa definitiva.
La sentenza è censurata per vizio di motivazione, avendo
il giudice disatteso la richiesta della parte di disporre
consulenza tecnica valutativa, dichiarandosi “in possesso
delle necessarie informazioni”; per di più richiamandosi
ad una stima amministrativa non condivisa dal componente
del Collegio peritale designato dal Comune espropriante.
Va osservato,

con riferimento al rito sommario,

prescritto dalla legge per tale tipo di controversie, che
16

la norma processuale, pur incanalando l’attività dei
soggetti del giudizio in una sequenza tendenzialmente
atta a snellire i tempi, non impone una decisione allo
stato degli atti, particolarmente nella materia
estimativa, connotata da alto indice di difficoltà

tecnica.
L’art. 3 d.lgs. 150/11, per le cause da trattare a rito
sommario dalla Corte d’appello in unico grado, conferma
l’inapplicabilità dei commi 2 e 3 dell’art. 702-ter,
escludendo che il giudice, ove ravvisi la necessità di
un’istruttoria non sommaria, possa convertire il processo
nel rito ordinario. D’altro canto, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 29 dello stesso
d.lgs. 150/11, nella parte in cui sottopone a rito
sommario non convertibile le controversie sull’indennità,
non aventi prevalenti caratteri di semplificazione della
trattazione o dell’istruzione della causa, è stata
dichiarata inammissibile, vigendo nella disciplina degli
istituti processuali il principio della discrezionalità e
insindacabilità delle scelte operate dal legislatore
(Corte cost. 12.7.2013, n. 190).
Orbene, la non irragionevolezza della scelta quale limite
alla discrezionalità legislativa, consiglia l’adozione,
pur nella particolarità del rito, dell’attività
istruttoria appropriata al tipo di controversie, e alle
difficoltà estimative che essa presenta. E riguardo alla
17

consulenza tecnica, il principio secondo il quale il
provvedimento che la disponga, o meno, rientrando nel
potere discrezionale del giudice di merito, è
incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con
quello secondo il quale il giudice stesso deve sempre

motivare adeguatamente la decisione adottata, non potendo
rifiutare con argomentazioni di stile e prive di reale
consistenza il ricorso ad essa (Cass. 16.4.2008, n.
10007). Di fronte alla difficoltà dell’indagine
estimativa, in cui la peculiarità della valutazione da
compiere presuppone il reperimento di dati di
comparazione non agevolmente reperibili, i fatti utili
alla formulazione del giudizio appaiono cosi strettamente
collegati con l’indagine tecnica da rendere necessaria
per la loro acquisizione l’opera del consulente, che di
propria iniziativa, ove la documentazione al riguardo
fornita dalle parti sia incompleta od insufficiente, può
provvedere alla ricerca ed all’acquisizione degli
elementi di comparazione, data la necessaria valutazione
tecnica delle caratteristiche dei beni presi in
considerazione (Cass. 15.5.1978, n. 2354).
6. L’accoglimento dei primi motivi assorbe l’esame del
quarto e quinto motivo: la nuova indagine, in primo luogo
percipiente, cui è chiamato il giudice di rinvio nel
necessario reperimento di termini di confronto omogenei,
offrirà un panorama valutativo del tutto nuovo, idoneo a
18

rapportare proporzionalmente il valore di quelli alla
superficie

del

terreno

da

valutare,

secondo

l’applicazione più piana del metodo sinteticocomparativo, o, diversamente, operare la mediazione dei
valori edificatori di un’area omogenea con l’indice di

il ricorso incidentale, i cui due motivi dipendono dal
risultato della valutazione estimativa.
7. La sentenza è cassata, con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Trieste, cui è demandata la
liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo, il
secondo ed il terzo motivo del ricorso principale;
dichiara assorbiti il quarto e il quinto motivo, nonché
il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per
le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione
della Corte d’appello di Trieste.
Così deciso in Roma il 12.12.2013.

fabbricabilità dell’area edificabile. E’ anche assorbito

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