Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19039 del 27/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 27/09/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 27/09/2016), n.19039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17164/2015 proposto da:

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso lo studio dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che la rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONGREGAZIONE (OMISSIS), in persona della legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLE CINQUE

GIORNATE 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MERLINI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3232/37/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 08/04/2014, depositata il 15/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2016 dal Consigliere Relatore Don. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Con sentenza n. 3232/37/2014, depositata il 15 maggio 2014, non notificata, la CTR del Lazio ha accolto l’appello proposto dalla Congregazione delle (OMISSIS) (di seguito Congregazione) nei confronti del Comune di Roma Capitale, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Roma, che aveva invece respinto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento ICI per l’anno 2003, con il quale il Comune di Roma aveva contestato l’omesso versamento del tributo riguardo ad unità immobiliari di proprietà dell’Istituto religioso adibite ad attività didattica di scuola materna ed elementare ed a casa per ferie.

La sentenza della CTR del Lazio ha ritenuto, infatti, sussistenti i presupposti per usufruire della richiesta esenzione dal tributo, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), sul presupposto che l’esercizio dell’attività didattica rispondesse essenzialmente ad esigenze sociali e di presenza sul territorio, mentre per l’attività ricettiva “le rette sociali praticate risultavano sicuramente più basse rispetto ai prezzi di mercato”. Avverso detta pronuncia il Comune di Roma Capitale ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, cui resiste con controricorso la Congregazione.

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la pronuncia impugnata riconosciuto l’esenzione dal tributo, sebbene dalla stessa pronuncia si evincesse che non risultasse rispettata la condizione inerente al cd. requisito oggettivo, non essendo stato dimostrato che le attività didattiche e ricettive ivi esercitate fossero svolte esclusivamente con modalità non commerciali.

Il motivo è manifestamente fondato, essendo in linea con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte.

Giova premettere che nella fattispecie in esame l’accertamento è relativo all’anno 2003, sicchè viene in rilievo il testo originario del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), a mente del quale sono esenti dall’imposta “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87” (ora art. 73), “comma 1, lett. c) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificatimi, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, presidenziali; sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 227, art. 16, lett. a), tali essendo, definite come attività di religione o di culto, quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana. Non viene dunque, nella fattispecie, in rilievo, l’applicabilità delle modifiche, riconosciute dalla giurisprudenza di questa Corte come aventi carattere innovativo (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 16 giugno 2010, n. 14530 e Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14795) di cui, dapprima, al D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis, quale introdotto dalle Legge di conversione a 248/2005, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e poi dal D.L. n. 223 del 2006, art. 39, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2006, che, sostituendo il citato art. 7, comma 2 bis, ha stabilito che l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale.

Ciò premesso, nella fattispecie, “l’esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che le attività in oggetto, ricettiva come la casa per ferie: Cass. sez. 5, 8 marzo 2004, n. 4645, ovvero didattica (come la scuola materna ed elementare: cfr. Cass. set 5, 26 ottobre 2005, n. 20776) fossero svolte con modalità non commerciali”.

Tali conclusioni sono state ribadite dalla successiva giurisprudenza di questa Corte (tra cui, in particolare, le stesse Cass. sez. 5 n. 14225 e 14226 dell’8 luglio 2015, con specifico riferimento ad attività di gestione di scuola paritaria svolta da Istituto religioso, nel contesto di un’ampia disamina inerente anche alle ulteriori sopravvenienze normative in tema di esenzione IMU; Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5041, in relazione a struttura ricettiva non alberghiera, come appunto la casa per ferie).

Sicchè, come statuito dalle menzionate pronunce, il fatto, ammesso pure dalla stessa sentenza impugnata, del pagamento di un corrispettivo, per la fruizione dell’attività didattica, è rivelatore dell’esercizio dell’attività con modalità commerciali, non assumendo rilievo ai fini dell’esenzione che gli introiti delle rette fossero destinati a coprire i costi del personale laico occupato nella scuola a fianco di quello religioso. Discorso analogo vale per le cosiddette rette sociali pacificamente riscosse per l’ospitalità nella casa per ferie, non essendo sufficiente ad escludere l’esercizio dell’attività con modalità non commerciali il fatto che (eventualmente) le stesse fossero più basse rispetto ai prezzi di mercato.

A tale indirizzo va in questa sede attribuita continuità, non apparendo le considerazioni svolte dalla difesa di parte controricorrente, come ancora sviluppate nella memoria depositata in atti, idonee a determinarne il mutamento.

Il ricorso va pertanto accolto per manifesta fondatezza e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per nuovo esame a diversa sezione della C IR del Lazio, sulla base del principio di diritto, come innanzi riportato in corsivo, sulle condizioni per il riconoscimento dell’applicabilità o meno dell’esenzione.

Il giudice di rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, a diversa sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2016

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