Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19037 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. II, 14/09/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 14/09/2020), n.19037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20181-2019 proposto da:

T.S., rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIA TASSINARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1170/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere GORJAN SERGIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.S. – cittadino della Costa d’Avorio – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Bologna avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bologna sez. dist. di Forlì – Cesena che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver abbandonato il suo Paese per sfuggire alle temute ritorsioni da parte dei parenti delle vittime causate da un incendio sviluppatosi nell’officina di fabbro, di proprietà del suo defunto padre, cagionato da suoi dipendenti in sua precaria assenza.

Il Giudice felsineo ebbe a rigettare la sua opposizione ed il S. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Bologna,che,resistendo il Ministero degli Interni, rigettò l’impugnazione osservando come le segnalate criticità circa la statuizione di non credibilità del suo racconto circa le ragioni del suo allontanamento dalla Costa d’Avorio, adottata dal Tribunale, rimangono superate in dipendenza delle ragioni stesse riferite dal richiedente asilo,le quali non consentono di ritenere configurata alcuna delle ipotesi per le quali è possibile applicare uno degli istituti della protezione internazionale.

Inoltre la Corte felsinea rilevava come non ricorre alcuna ragione di specifica vulnerabilità in capo al S. ed il suo rimpatrio non avrebbe inciso significativamente sulle sue condizioni di vita, operata la comparazione con la sua situazione in Patria.

Il S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte felsinea articolato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni,ritualmente evocato,ha depositato mera nota di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da T.S. è privo di pregio e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 3 e 5, in tema di onere probatorio attenuato e parametri di valutazione della credibilità del richiedente asilo, nonchè difetto di motivazione, travisamento dei fatti ed omesso esame di fatti decisivi.

Il ricorrente osserva come erroneamente la Corte felsinea abbia ritenuto non credibile il suo racconto circa le ragioni che l’indussero ad abbandonare il suo Paese malamente applicando i criteri dettati all’uopo dalla legge, per giunta senza nemmeno attivare la facoltà officiosa di assumere informazioni al fine di chiarire i punti controversi del suo racconto.

La censura mossa non pare confrontarsi effettivamente con la motivazione illustrata dalla Corte felsinea,in quanto detti Giudici hanno confermato la conclusione del primo Giudice in punto credibilità del racconto reso dal S., illustrando le ragioni per ritenere la contraddizione segnalata con l’atto di gravame superata.

Difatti la Corte territoriale ha puntualmente rilevato come la minaccia, paventata dal richiedente asilo quale ragione dell’espatrio, proveniva da agente privato in un situazione socio-politica statuale che non palesava ragioni di ritenere inefficiente la protezione degli apparati di sicurezza dello Stato e come lo stesso ricorrente avesse riferito di non esser a conoscenza di un procedimento penale suo carico, nonostante l’intervento di Polizia e pompieri per sedare l’incendio. Dunque i Giudici d’appello hanno superato la questione afferente la credibilità del racconto rilevando come la ragione fondante – a tenor delle dichiarazioni del S. – la richiesta di protezione internazionale non rientrasse in alcuna delle ipotesi disciplinate dalla relativa normativa.

A fronte di detta specifica ed esaustiva motivazione offerta dalla Corte di merito, il ricorrente si limita ad affermazioni apodittiche di non conformità ai criteri legali di valutazione della credibilità, nonchè alla denunzia di non attivazione della facoltà officiosa istruttoria ed al richiamo di provvedimenti giudiziali afferenti altri richiedenti asilo.

Detti ultimi due elementi non sono rilevanti nella presente causa e perchè, come dianzi rilevato, la Corte territoriale ha messo in risalto come le ragioni addotte dal richiedente asilo a giustificazione della sua partenza non rientrano, nemmeno in astratto,nell’ipotesi disciplinate dagli istituti di protezione internazionale, sicchè alcun rilievo assume l’attivazione del potere istruttorio officioso, e perchè le posizioni di altri richiedenti asilo,ex lege, devono esser esaminate in relazione alla specificità del relativo caso, sicchè alcuna regola generale può trarsi.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente lamenta violazione della norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), poichè il Collegio felsineo ha escluso il ricorrere di situazione socio-politica interna della Costa d’Avorio caratterizzata da violenza diffusa e così rigettata la sua istanza di riconoscimento della protezione sussidiaria, nonchè ritenuto non sussistente una grave situazione carceraria lesiva della dignità umana.

L’argomento critico svolto dal ricorrente si compendia nella mera contrapposizione di propria ricostruzione fattuale e giuridica dei dati di fatto acquisiti in atti rispetto alla puntuale argomentazione esposta dal Collegio felsineo sul punto.

Difatti la Corte territoriale ha partitamente esaminato la questione della possibile accusa penale nei confronti del richiedente asilo – nel quale caso avrebbe assunto rilievo la questione della situazione carceraria in Costa d’Avorio – ed escluso, con puntuale richiamo allo stesso racconto reso dal S., che vi sia in essere una procedimento penale a carico dello stesso.

Dunque la questione critica oggi prospettata non assume alcun rilievo in quanto meramente ipotetica.

Quanto alla situazione interna socio-politica della Costa d’Avorio, la Corte felsinea ha esaminato partitamente la questione e sulla scorta di informazioni assunte da fonti indicate – Organismi internazionali operanti nel settore – ha escluso che nella zona del Paese di provenienza del richiedente asilo sia in atto situazione qualificabile di violenza diffusa ed indiscriminata secondo l’insegnamento della Corte Europea.

Al riguardo il ricorrente si limita a contestare detta conclusione sulla scorta di sua elaborazione di alcuni dei dati presenti nei rapporti degli Organismi internazionali utilizzati dalla Corte di merito, così contrapponendo propria valutazione alla statuizione adottata dai Giudici di merito, sicchè la denunzia di un vizio di violazione di legge non può concorrere.

Con la terza doglianza il ricorrente deduce violazione della disposizione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, in quanto il Collegio felsineo ha escluso il ricorrere delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria senza valutare la possibile lesione dei diritti fondamentali del S. derivanti dalla situazione di violenza diffusa esistente nel suo Paese.

L’argomentazione critica svolta dal ricorrente appare svincolata rispetto all’argomentazione puntualmente esposta al riguardo dal Collegio emiliano.

Difatti la critica evoca nuovamente l’asserto di una situazione socio-politica esistente in Costa d’Avorio qualificabile siccome di violenza diffusa,questione già esaminata in relazione alla precedente ragione di impugnazione e fondatamente con puntuale motivatamente esclusa dalla Corte di merito.

Circa la ricorrenza di specifica ragione di vulnerabilità – esclusa dalla Corte territoriale -, in ricorso la questione viene trattata in modo astratto senza una caratterizzazione specifica in relazione alla personale posizione del richiedente asilo, limitandosi la difesa ad evocare arresti di legittimità, che dettano regole per la valutazione della questione, senza però confrontarsi in concreto con l’argomentazione svolta nella motivazione della sentenza impugnata per rilevare la difformità del decisum rispetto alla regola di diritto enunciata negl’arresti citati da questa Suprema Corte.

Al rigetto dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata rituale resistenza dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di Consiglio, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

 

 

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