Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19034 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/07/2017, (ud. 05/04/2017, dep.31/07/2017),  n. 19034

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18092/2015 proposto da:

G.M. C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

WIND TELECOMUNICAZIONI S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 987/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/07/2014 R.G.N. 345/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato RICCARDO BOLOGNESI;

udito l’Avvocato CAMILLA NANNETTI per delega verbale Avvocato ARTURO

MARESCA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Monza gli odierni ricorrenti unitamente ad altri lavoratori, tutti dipendenti di WIND TELECOMUNICAZIONI spa (in prosieguo: WIND) spa, addetti al servizio di call center di (OMISSIS) e, nell’ambito di esso, al settore “corporate”, diretto ai clienti non residenziali (distinto dal settore “consumer”, per i clienti residenziali), impugnavano la cessione del ramo di azienda costituito dal predetto callcenter, effettuata in data 28.2.2007 tra la società WIND spa, cedente e la società OMNIA SERVICE CENTER (in prosieguo OMNIA) spa, in qualità di cessionaria, chiedendo accertarsi la invalidità ed inefficacia della cessione del contratto di lavoro per inesistenza dei presupposti di cui all’art. 2112 c.c..

Esponevano che nel gennaio 2007, in vista della cessione, veniva adottato un nuovo modello organizzativo, che sottraeva, senza alcuna motivazione tecnica, al sito di (OMISSIS), nell’ambito del settore “corporate”, la clientela TOP, che veniva affidata agli altri due siti del call center di WIND, ubicati in (OMISSIS) e (OMISSIS).

Lamentavano che il contratto di cessione di ramo di azienda non indicava la consistenza del ramo ceduto e che non erano stati ceduti tutti i sistemi operativi necessari allo svolgimento del servizio sicchè si era realizzato unicamente un trasferimento dei contratti di lavoro.

Esponevano che contestualmente alla cessione le due società contraenti avevano stipulato un contratto di appalto di servizi, in forza del quale dopo la cessione essi avevano continuato a svolgere le attività di front line (e soltanto talune tra quelle di back office) ricevendo le direttive a livello tecnico operativo nonchè la formazione da personale WIND. Il sito era rimasto collegato al server centrale di WIND perchè la strumentazione di rete ceduta era idonea solo ad accedere al predetto server e la società cessionaria non era riuscita a collegare i(sito al proprio sistema informatico.

Il giudizio veniva interrotto per il fallimento di (OMISSIS) spa (già OMNIA) e riassunto nei confronti del curatore.

Il Tribunale, per quanto rileva in causa, respingeva la domanda degli odierni ricorrenti (sentenza nr. 604/2010) mentre la accoglieva rispetto ad altri lavoratori, addetti nel settore “corporate” alla clientela cd. TOP.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 31 luglio 2013-17 luglio 2014 (nr. 987/2013) rigettava l’appello dagli odierni ricorrenti.

La Corte territoriale preliminarmente respingeva il motivo di appello con il quale si censurava l’utilizzo da parte del giudice del primo grado, in violazione del principio del contraddittorio, deì verbali delle prove di altro procedimento (RG 976/07) ed in particolare, delle dichiarazioni rese in quella sede dai testi A., responsabile del call center di (OMISSIS) ed AN..

Osservava che i verbali istruttori erano stati acquisti ritualmente e nel rispetto del principio di economia processuale.

La allegazione della diversità delle risultanze istruttorie dirette rispetto a quelle acquisite nell’ambito del diverso giudizio, così come del rilievo preponderante attribuito a queste ultime, era generica.

Infondata era la censura di violazione del contraddittorio, non solo per la sostanziale identità delle allegazioni ma soprattutto perchè il teste A. era stato sentito in causa, ricevendo lettura delle dichiarazioni rese nell’altro giudizio e confermandole.

Da ultimo, la difesa dei lavoratori aveva acconsentito alla acquisizione dei verbali delle prove e solo per il teste A. aveva proposto una opposizione generica.

Nel merito era infondato il motivo di appello con il quale si assumeva la mancata integrazione di una fattispecie di cessione di azienda ex art. 2112 c.c..

Per effetto delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32, l’art. 2112 c.c., non richiedeva più il requisito della preesistenza del ramo di azienda ceduto, che poteva pertanto essere identificato anche al momento del trasferimento.

Non venivano in rilievo rispetto al motivo di appello le questioni del contenuto della attività ceduta e della autonomia gestionale- che il Tribunale aveva accertato esistente nonostante alcune funzioni fossero centralizzate – ma la diversa questione del mancato passaggio alla cessionaria dei cd. sistemi applicativi, che era stata ritenuta non ostativa alla configurabilità della cessione di azienda per il fatto che gli stessi erano stati concessi in uso, dietro corrispettivo, così da garantire la stabilità della attività economica ceduta almeno per la durata dell’appalto di servizi concluso.

La Corte di Giustizia aveva ritenuto non necessario alla configurabilità del trasferimento di azienda un passaggio di proprietà degli elementi materiali indispensabili per l’esercizio della attività economica, bastando la loro messa a disposizione dal cedente al cessionario.

Le conclusioni raggiunte trovavano riscontro nella sentenza della Corte di Giustizia del 6 marzo 2014, in causa C 458/12.

Gli odierni ricorrenti hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, articolato in quattro motivi, illustrati con memoria.

Ha resistito con controricorso la società WIND spa.

Il fallimento della (OMISSIS) spa è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i lavoratori ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., degli artt. 24 e 111Cost., dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c..

Hanno censurato la statuizione resa sulla utilizzazione delle dichiarazioni testimoniali dei signori A. ed AN., acquisite in altro procedimento (nr. 976/07).

Hanno assunto che le circostanze emergenti nel diverso procedimento erano state determinanti della statuizione di autonomia del ramo ceduto e che erroneamente il giudice dell’appello aveva ritenuto, invece, che non fossero state decisive, posto che era stato provato in causa, per documenti e per testi, che la vicenda non configurava un trasferimento di azienda.

2. Con il secondo motivo i lavoratori ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Con il motivo vengono riproposte le censure, svolte nel primo motivo, in ordine alla rilevanza prevalente attribuita dal giudice del merito ai verbali delle prove acquisite in un diverso procedimento.

I due motivi, che possono essere congiuntamente trattati in quanto sovrapponibili, sono infondati e per molti versi inammissibili.

Restano del tutto inconferenti ai contenuti della censura le norme dell’art. 101 c.p.c., comma 2 – (che non regola la acquisizione delle prove ma stabilisce la necessità del contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio) – dell’art. 115 c.p.c. – (la cui violazione è configurabile nei soli casi di utilizzazione di prove estranee agli atti di causa) – e dell’art. 2697 c.c. (regola di giudizio rilevante nella sola ipotesi in cui, in mancanza di prova, la soccombenza venga attribuita alla parte onerata della prova).

Infondata, invece, è la deduzione della violazione degli artt. 24 e 111 Cost..

Deve darsi continuità in questa sede al consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis: Cassazione civile sez. 3^ 20 gennaio 2015 n. 840; sez. 3^, 26 giugno 2015, n. 13229; Cassazione civile, sez. 1^, 07/05/2014, n. 9843; Cassazione civile, sez. 3^, 14/05/2013, n. 11555; Cassazione civile, sez. lav., 05/12/2008, n. 28855) secondo cui il giudice del merito può legittimamente tenere conto, ai fini della decisione, delle prove acquisite in un altro processo, a condizione che la relativa documentazione venga ritualmente acquisita al giudizio al fine di farne oggetto di valutazione critica delle parti e stimolare la valutazione giudiziale su di esse.

A tale considerazione decisiva si aggiunge il rilievo che, secondo quanto si legge in sentenza, il teste per il quale si lamenta la acquisizione del verbale formato in altro procedimento (teste A.), veniva sentito anche nell’attuale giudizio, nel quale confermava, previa lettura, le dichiarazioni del suddetto verbale.

Il motivo nel resto contesta l’apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice del merito in punto di autonomia del ramo di azienda ceduto senza dedurre un preciso e pertinente vizio di legittimità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

La censura svolta con il secondo motivo è palesemente inammissibile, giacchè assume un vizio della motivazione della sentenza senza neppure allegare un fatto storico decisivo ed oggetto di discussione tra le parti che non sarebbe stato esaminato dal giudice del merito.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., e dell’art. 1406 c.c..

Hanno dedotto che la fattispecie del trasferimento di azienda ricorre soltanto qualora il complesso dei beni ceduti sia dotato di autonomia organizzativa ed economica finalizzata allo svolgimento di una attività imprenditoriale e sia preesistente al trasferimento.

Tale autonomia nella fattispecie di causa era esclusa:

– dal collegamento tra il servizio di call center e le funzioni centrali di WIND;

– dalla mancanza di strumenti tecnico informatici che rendessero il sito ceduto idoneo a rendere il servizio di call center per qualunque cliente;

– dalla mancanza di ragioni tecnico organizzative della sottrazione al ramo della clientela TOP, riassegnata agli altri due siti di call center;

– dalla assenza all’interno del sito ceduto di figure con responsabilità di gestione e coordinamento.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c..

Con il motivo si contesta la statuizione di autonomia funzionale del ramo ceduto.

I ricorrenti assumono che tale autonomia non era configurabile per il mancato trasferimento degli elementi strumentali costituiti dalle infrastrutture informatiche e dai programmi applicativi di WIND spa, la cui centralità per il servizio di call center era stata acquisita come circostanza pacifica.

Tale carenza non era neutralizzata dalla concessione in uso degli stessi strumenti attraverso un contratto a latere, in quanto l’autonomia funzionale del ramo doveva essere verificata all’interno del trasferimento.

Il preteso ramo di azienda non costituiva una entità economica autonoma nè prima nè dopo la cessione perchè il servizio continuava a dipendere dalla organizzazione di WIND.

Il terzo ed il quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

Deve in questa sede darsi continuità all’orientamento già espresso da questa Corte sulla vicenda oggetto di causa in riferimento a diverse posizioni lavorative (Cass. sez. lav., 19.1.2017 nr 1316).

Si è ivi premesso che la cessione del ramo di azienda presuppone una realtà produttiva funzionalmente autonoma e che tale autonomia deve preesistere al trasferimento (ex aliis: Cass. n. 21697 del 13.10.2009; n. 21481 del 9.10.2009; n. 20422 del 3.10.2012), richiamandosi sul punto la giurisprudenza della Corte di Giustizia (Corte di Giustizia, sentenza 6.3.2014,in causa C- 458/12, Amatori ed altri, punti 34 e 35).

In particolare si è affermato, dando seguito al principio già espresso da questa sezione nell’arresto del 25 febbraio 2016 nr. 10542, che l’autonomia funzionale del ramo ceduto implica la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti.

In ordine alla vicenda di causa va evidenziato anche in questa sede che, per quanto risulta nella sentenza impugnata, i beni materiali effettivamente ceduti sono stati gli arredi, n. 304 personal computers, cuffie, telefoni, stampanti, apparati di rete e “apparati sale”, quindi l’hardware in uso al call center di (OMISSIS).

Con il contratto di appalto di servizi (di durata quinquennale), sottoscritto unitamente a quello di cessione, la WIND spa affidava alla cessionaria OMNIA spa la fornitura dei servizi cdd. di “customer care” per la propria clientela corporate – non top e consumer (piccole aziende e privati), in particolare i servizi di call center e quelli di back office.

Inoltre, con il Long Term Agreement (LTA), fu sottoscritto un contratto avente ad oggetto l’uso, in corrispettivo di un canone, per la durata di cinque anni di beni, funzionali all’esercizio dell’attività del ramo di azienda, la cui titolarità rimaneva in capo a Wind, tra i quali gli applicativi (denominati SIEBEL, CARIFY, REMEDY e SAP) e tutte le infrastrutture informatiche.

Nel precedente arresto di questa Corte, alle cui motivazioni si rinvia, si è posto l’accento sulla mancata cessione dei programmi e dei sistemi informatici che venivano utilizzati dai dipendenti prima dello scorporo nonchè sulla riattivazione del rapporto per alcuni dipendenti da parte del giudice del merito, sul presupposto della non appartenenza al ramo ceduto.

Sulla base degli elementi sopra indicati, incontroversi e pacificamente riportati nella gravata sentenza, si è ritenuta la falsa applicazione da parte del giudice del merito del disposto di cui all’art. 2112 c.c., evidenziandosi tanto la mancanza dell’autonomia ed autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita – dimostrata dalla continua interazione necessaria per la realizzazione dell’attività ceduta, con i programmi informatici necessari all’espletamento del servizio di call center rimasti in proprietà esclusiva dell’impresa cedente – che la creazione del ramo di azienda in occasione ed in vista del trasferimento.

La gravata sentenza deve essere, pertanto, cassata in accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Milano in diversa composizione, affinchè provveda ad un nuovo inquadramento dei fatti avendo riguardo ai principi di diritto sopra esposti.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

PQM

 

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso; rigetta il primo ed il secondo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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