Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1903 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. I, 28/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 28/01/2010), n.1903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10726/2004 proposto da:

C.D.C.G. (c.f. (OMISSIS)),

C.D.C.F. (c.f. (OMISSIS)),

CA.DI.CA.GU. (c.f. (OMISSIS)), C.D.

C.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso l’avvocato ALIFANO

NICOLA, rappresentati e difesi dagli avvocati CARMINA Marcello,

MENALLO FRANCESCO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CARINI (P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 63,

presso l’avvocato PROIETTI FABRIZIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PITRUZZELLA Giovanni, giusta procura in calce al

ricorso introduttivo (non rinvenuta);

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI PALERMO – ASI (P.I.

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VI GARIGLIANO 11, presso

l’avvocato MAIONE NICOLA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LIGUORI GIOVANNI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

contro

IMPRESA DI VINCENZO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 231/2003 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/03/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 10 marzo 2003, la Corte d’appello di Palermo, decidendo sulla domanda proposta dai signori G., F., Gu.

e C.d.C.C. contro il Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Palermo e altri, dopo aver rigettato le domande proposte nei confronti del Comune di Carini e dell’Impresa Di Vincenzo s.p.a., determinò le indennità di espropriazione (Euro 283.229,85) e di occupazione temporanea (Euro 57.887,26) dovuta agli attori, per l’espropriazione di un terreno in (OMISSIS). La corte, premessa la natura edificabile del terreno, ubicato in zona industriale secondo il piano regolatore vigente all’epoca, ritenne non condivisibile la stima del terreno fatta dal consulente tecnico d’ufficio, che dimezzò, e applicò poi la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, senza applicare la riduzione del 40% a causa dell’irrisorietà della somma offerta agli espropriati. La corte negò l’indennizzo per il deprezzamento del fondo residuo, che escluse in fatto.

Per la cassazione della sentenza, notificata il 2 aprile 2004, ricorrono i signori C.d.C., con atto notificato il 24 aprile 2004, affidato a due mezzi.

Resiste il consorzio con atto notificato il 25 maggio 2004. Resiste altresì il Comune di Carini con atto notificato in data 3 giugno 2008

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il controricorso del Comune di Carini, nei confronti del quale la domanda attrice era stata rigettata dalla corte d’appello, con pronuncia non impugnata sul punto dal ricorso notificato, è inammissibile, non essendovi nel ricorso alcuna domanda rivolta contro il comune medesimo.

Il primo motivo del ricorso denuncia il vizio della motivazione con la quale il giudice di merito, nel determinare il valore venale dell’immobile espropriato, da porre a base del calcolo dell’indennità dovuta, a norma della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, ha dimezzato il valore indicato dal ctu.

Al riguardo è da osservare che il giudice di merito, dopo aver determinato il valore venale dell’area espropriata, riducendo quello indicato dal consulente con un giudizio motivato ed esente da censure esaminabili nel presente giudizio di legittimità, ha fatto applicazione della normativa vigente al momento della decisione, che imponeva, ai fini della determinazione del danno risarcibile a seguito della cosiddetta occupazione espropriativa, il criterio del calcolo di base della semisomma del valore venale e di quello catastale del bene. La norma in questione (D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359) è stata successivamente dichiarata incostituzionale con sentenza n. 348 del 2007 della corte delle leggi, e sostituita con una nuova disciplina, introdotta dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. a, che ha novellato il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 1, in forza della quale l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Il successivo comma 90, della medesima L. n. 244 del 2007, art. 2, dispone che il nuovo criterio si applica a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile. In conseguenza di ciò, nella fattispecie l’indennità di espropriazione deve essere determinata in misura pari al valore venale del bene. Ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata, con l’assorbimento di tutte le altre censure.

Con il secondo motivo si censura la violazione o falsa applicazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, artt. 2, 4 e 5, nella quale la corte territoriale sarebbe incorsa nell’affermare la minore edificabilità di un’area industriale rispetto a un’area destinata a edilizia residenziale extraurbana a mezzo di lottizzazione.

Il giudice di merito, procedendo con il metodo sintetico comparativo, non ha ricostruito in modo analitico il valore unitario dei fabbricati industriale della zona, onde detrarne i costi di costruzione e pervenire così al valore venale dell’area edificabile, sicchè la denunciata violazione di legge non ha nell’impugnata sentenza alcun riscontro, e ciò rende il mezzo inammissibile.

In conclusione la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle osservazioni svolte con riguardo al primo motivo. La causa, inoltre, può essere decisa anche nel merito, non occorrendo a tal fine ulteriori indagini di fatto, utilizzando le stime espresse dalla corte d’appello, con l’adeguamento dei risultati al nuovo quadro normativo. Tenuto conto di quanto precede, l’indennità di espropriazione deve essere determinata in L. 1.081.950.000, pari a Euro 558.780,54. Fatta la relativa proporzione, l’indennità di occupazione deve essere determinata in Euro 114.205,00; e la differenza da versare presso la Cassa depositi e prestiti dovrà essere calcolata utilizzando questi dati. Sulle somme da versare devono poi essere calcolati gli accessori indicati nell’impugnata sentenza (interessi legali: dalla data dell’espropriazione per l’indennità di espropriazione, e dalla scadenza di ciascun’annualità successiva alla prima di occupazione per l’indennità di occupazione).

Le spese del giudizio sono a carico della parte soccombente, e sono liquidate, sia per il giudizio davanti alla corte d’appello e sia per quello presente come in dispositivo.

Devono essere interamente compensate le spese tra i ricorrenti e il Comune di Carini, non essendovi controversia di merito.

PQM

La corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata, e provvedendo nel merito condanna il Consorzio ASI di Palermo nel medesimi termini di cui al dispositivo della sentenza impugnata, sostituendo alla somma capitale dovuta a titolo di espropriazione di Euro 283.229,85 quella di Euro 558.780,54, e a quella dovuta per occupazione temporanea di Euro 57.887,26 quella di Euro 114.205,00;

condanna il Consorzio al pagamento delle spese del giudizio davanti alla Corte d’appello, liquidate in Euro 8.400,00, di cui Euro 3.000,00 per diritti e Euro 5.000,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese di consulenza anticipate, e oltre alle spese generali e agli accessori come per legge; e del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 6.700,00, di cui Euro 6.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge. Compensa le spese dei due gradi di giudizio tra il ricorrente e il Comune di Carini.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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